Sulle pendici della collina di Montughi un’elegante villa con parco: siamo su via Vittorio Emanuele II poco prima di via Trieste e dopo via Stibbert, nome dell’omonimo museo con un parco che confina con quello della cosiddetta villa Fabbricotti la cui sistemazione “romantica”, in entrambi, si deve all’architetto Poggi.
La storia di villa Fabbricotti la racconta nel suo libro “I dintorni di Firenze” (1875) Guido Carocci che nell’edizione del 1906 scriveva che “fin dal xiv secolo fu della famiglia Boninsegni che aveva le sue case in Firenze sulla piazza vecchia di S. Maria Novella e che le possedette fino all’anno 1525. Il 24 maggio di quell’anno da Alessandra e Gostanza di Lionardo Boninsegni la comprava Girolamo di Zanobi Del Maestro Luca, d’una famiglia che ebbe cappella in S. Trinità presso la quale sorgevano le sue case. Poco dopo, nel 1530, egli la rivendeva ad Alessandro Strozzi e da quell’epoca fino al XIX secolo restò in possesso del ramo di quell’illustre famiglia che si disse dello Strozzino.
Nel 1823 fu venduta alla famiglia inglese Wight, poi fu dei Marchesi Zambecari, quindi del celebre tenore Mario Tiberini e finalmente dei Conti Fabbricotti”.
Dopo i vari passaggi padronali che il Carocci indica, fu acquistata nel 1864 da Giuseppe Fabbricotti, proprietario di alcune cave di marmo a Carrara. A lui si devono la trasformazione completa dell’originario Casino di caccia degli Strozzi in villa prestigiosa con parco romantico, secondo le tendenze dell’epoca.
L’architetto Vincenzo Micheli cui furono affidati i lavori la dotò di una torre merlata che sovrastava l’intera struttura e una terrazza con un loggiato sottostante in stile brunelleschiano che si affacciava sul giardino degradante con terrazze e balconate. Il salone al piano terreno dove aveva soggiornato poco prima di morire (1825)la sorella amatissima di Napoleone, la leggiadra Paolina, fu affrescato da Annibale Gatti che la ritrasse in uno dei medaglioni che ne decoravano il soffitto.
Al grande parco, oggi pubblico, e alla villa si accedeva da via Vittorio Emanuele II su cui si apriva l’imponente ingresso con cancellata: la villa dominava dall’alto il declivio a terrazze e al centro dell’ultima in basso una fontana. Lecci, pini domestici, cipressi, acanti e palme circondavano la villa mentre il giardino si sviluppava in asse con il loggiato su due terrazzamenti collegati da scalinate laterali. E un grande Cedro del Libano dominava con la sua mole lo spiazzo ad ovest accanto alla villa. Il bel Cedro, cui gli esperti avevano dato circa 140 anni, oggi non giganteggia più, a sua memoria rimane un fusto imponente.
E’ nel parco, dall’impianto romantico all’inglese dove natura e architettura armonizzano tra loro, tempietti, fontane, sculture in marmo e terracotta, oggi in parte perdute o rovinate.
Sarà certamente piaciuto, nella sua allora originaria struttura, alla regina Vittoria d’Inghilterra che nel 1894 fu ospite della villa