I nomi curiosi ed originali di alcune delle piccole vie della vecchia Firenze traevano principalmente origine dalle insegne di osterie, albergucci e celle per la vendita di vino che di norma si trovavano nei luoghi più appartati e popolari.
Ed è così che potevamo trovare:
Chiasso della Coroncina, dove c’era un’osteria che era un luogo di ritrovo molto conosciuto, trovandosi nella zona del centro prospiciente il Mercato. Era posizionato tra Via degli Speziali e Piazza dei Tre Re. La sera, dall’osteria, si sprigionava il profumo di carne che arrostiva sulle braci del camino, e tutto il vicolo ne era pervaso. Gli avventori erano invogliati da quel profumo ad avvicinarsi all’Osteria, dove tra l’altro potevano godere anche di un buon bicchiere di vino. All’Osteria della Coroncina tuttavia non soltanto si passava del tempo in allegria: vi accaddero anche fatti tragici, che vennero tramandati ai posteri dal Bisdosso. Nel 1646 vi venne ucciso un oste proveniente da Poppi e nel 1664 un lanaiolo soprannominato Dragoncino venne ammazzato da un altro lanaiolo, detto il Paca. Niente ci viene spiegato dei motivi che portarono a questo omicidio. Sia il Chiasso che l’Osteria scomparvero nella sciagurata operazione di risanamento del centro storico. Da Guido Carocci, nel suo “Mercato Vecchio di Firenze” abbiamo però una testimonianza scritta che ci descrive brevemente il Chiasso della Coroncina: “Fra Via degli Speziali e Piazza dei Tre Re trovasi questo vicolo che in un punto si allarga formando come una piccola piazzetta dove fu un giorno, una delle più note osterie di Firenze. L’insegna di cotesta osteria dette il nome al vicolo che passava in tempi antichissimi fra le case degli Elisei. Quest’osteria appartenne in parte alla famiglia Bonaccorsi Pinadori che aveva vicine le sue case già degli Elisei ed ai Pesci. Vicino all’Osteria erano in questa località vari magazzini per uso dell’Arte della Lana”. L’insegna dell’osteria mostrava una ghirlanda, ovvero una coroncina.
Vicolo della Malvagia, in cui esisteva una conosciuta osteria o cella di vino. Il nome era una corruzione della parola “Malvasia”, poichè in quella osteria venivano vendute e somministrate grandi quantità di quel dolce ed ambrato vino, per cui sia il vicolo che l’osteria ne presero il nome. Il Vicolo della Malvagia era già scomparso all’epoca del risanamento, probabilmente però non da molto tempo perchè ancora se ne trova la memoria in alcuni scritti dell’epoca. Questo vicolo sboccava in Piazza San Giovanni dalla Volta dei Pecori, partendo da Piazza degli Adimari. Era abitato da molti degli avventori dell’osteria ed anche a proposito dell’Osteria della Malvagia, si ricorda un episodio che all’epoca fece scalpore. Nel 1737, dopo la fine della dinastia medicea dalla vita politica toscana, assieme ai Lorena giunsero a Firenze molti soldati teutonici al loro seguito. Due di questi, una sera, dopo avere abbondantemente mangiato, ma soprattutto bevuto, all’osteria della Malvagia, ormai ubriachi, si rifiutarono di pagare il conto e quando l’oste cominciò a fare le sue rimostranze, non contenti, cominciarono ad alzare le mani, facendo volare gli sgabelli per aria e, cadendo sugli scaffali, vennero rotti una settantina di fiaschi di vino.
L’oste, furibondo, si rivolse direttamente al capo delle autorità competenti, scavalcando tutti i funzionari di rango inferiore, esponendo in modo garbato ma risoluto le sue ragioni. Venne immediatamente approntato quello che oggi si chiama “confronto all’americana”, l’oste venne portato in caserma per il riconoscimento dei colpevoli e, una volta individuati, gli venne chiesto di tornare il giorno seguente per assistere alla loro punizione. Il giorno seguente, in Piazza Santo Spirito, trecento soldati erano disposti ordinatamente su due file. Ad ognuno di loro venne data una verga ricavata da un ramo di salice e il primo dei due colpevoli venne fatto passare tra le due file di soldati schierati, ammanettato e denudato. Ognuno dei soldati lo colpì per sedici volte con una frustata, per un totale di quasi cinquemila frustate… Il secondo soldato ebbe una sorte migliore perchè durante il passaggio, ad un certo punto crollò a terra e l’oste, mosso a compassione, chiese che la punizione avesse termine in quel momento.
Sempre da Guido Carocci, abbiamo una descrizione del vicolo della Malvagia: “Non dalla famiglia Della Malvasia come ha creduto taluno; ma dalla malvasia squisita che si vendeva in una notissima osteria assai antica, ebbe nome questo vicolo che dalla Piazza di S. Giovanni entrava nella interna piazzetta degli Adimari o di S. Cristofano e sboccava poi in Via dell’Arcivescovado. Corrispondevano su questo vicolo diverse botteghe di cialdonai colà esistenti da gran tempo nelle case appartenenti all’Arcivescovado. Una di queste botteghe esiste tuttora destinata a cotesto uso sulla Piazza del Duomo. Si può dire che in quella località si fabbricano i cialdoni da più di quattro secoli!”