2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: L’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia
15 parte: Esercito e polizia
16 parte: Aumento della popolazione
17 parte: Borghesia, popolo, poveri, mendicanti, ladri e viziosi
18 parte: Le feste e i giochi d’azzardo
19 parte: La giornata lavorativa
20 parte: Le arti
21 parte: Commercio, industrie e banche
22 parte: I salari
23 Il clero
24 Le chiese, i conventi, gli ordini
25 Ordini e confraternite
26 Il culto, la predicazione, le processioni e il pellegrinaggio
27 La religione e la superstizione
28 Gli ebrei
29 Gli eretici
30 La scuola
31 L’università
Teatro
Il teatro nel medioevo non era esattamente come lo intendiamo oggi. Intanto non aveva una sede stabile, questa arriverà solo nel XVI secolo. La rappresentazione teatrale si svolgeva solitamente in un edificio pubblico, religioso, o nella strada.
Ogni orpello che appartenesse al teatro e che serviva per dare vita alla manifestazione, veniva sempre rimosso alla fine di ogni spettacolo.
In Francia il teatro era rappresentato in chiesa, ma non sappiamo se venisse montato un palco. Di certo i luoghi deputati, erano ricchi di scenografie, spesso di pregevole fattura, ma sono postume al periodo di Dante.
Nel 1304 sappiamo dal Villani, che sull’Arno si svolse uno di questi spettacoli. Il fiume si riempì di barche e vennero accesi numerosi fuochi per ricreare l’inferno. Tutto intorno uomini truccati da demoni e altri che facevano la parte dei martirizzati, si rincorrevano tra alte grida e urla.
Parliamo di quel famoso spettacolo che finì con il tragico crollo del ponte della Carraia e che portò alla morte di numerosi spettatori. Non si trattava però di una performance teatrale con azione e dialoghi, bensì di una semplice rappresentazione delle pene dell’inferno.
Qualcosa di simile al teatro fu rappresentato nel XIV secolo, nella liturgia religiosa, quando venivano raccontati i quattro Vangeli, più chierici si dividevano le parti da leggere e questo dava vita ad una forma di recitazione. In origine era uno solo il chierico che dava vita a queste pagine, mutando il timbro della propria voce dava vita ad ogni personaggio che interpretava, il tutto era accompagnato da gesti che oggi definiremmo teatrali.
La sacra rappresentazione è però proposta agli inizi del XV secolo, cosicché Dante e i suoi contemporanei assistettero semplicemente a dei drammi liturgici, simili a quelli che si svolgevano nel resto d’Europa e che già si rappresentavano nel XII secolo, con i chierici che come “attori”, “recitavano”.
Dapprima lo spettacolo era ospitato nella chiesa, in seguito sul suo sagrato, poi coinvolgendo anche attori laici.
I due teatri, quello laico (che si rivolse più al volgo) e quello religioso, convissero nonostante i divieti del papato. Innocenzo III nel 1207 e poi il sinodo di Utrecht del 1293, ostacolarono lo sviluppo di questa’arte, non apprezzando che dei laici si esibissero all’interno di chiese in spettacoli non coerenti con la sacralità del luogo.
Dante dunque assistette ad alcune esibizioni con attori che, in un luogo deputato, si esibivano accompagnati da una musica di sottofondo. Era la genesi dell’ “Ars fiorentina”. Vicino agli spettacoli religiosi, fiorirono quelli laici assai apprezzati dal popolo. Assai graditi erano anche giocolieri, istrioni, cantanti e poeti che spesso raccontavano le gesta cavalleresche del passato.
Musica e canto
La musica è importante, come scrive Tommaso d’Aquino e occupa il primo posto tra le sette arti liberali, celebra le funzioni ed enfatizza le opere di Dio. Ma anche la musica profana ha un posto importante, tra i laici è studiata nelle università e si unisce al canto e alla danza.
“Chi compie azioni riprovevoli non conosce la musica” profetizza Rabano Mauro, mentre Guido d’Arezzo, l’inventore del pentagramma nell’ XI secolo, giudica che: “Chi fa musica senza averla studiata è una bestia…”
La musica ha un valore purificatore che, secondo i teorici contemporanei di Dante, rende l’uomo meno duro e malvagio predisponendolo alle cose celesti. La musica è vista come un mezzo per lodare il Creatore.
In ogni chiesa di Firenze c’era infatti un organo se non addirittura due, come a Santa Maria Novella, a Santa Croce e alla Santissima Annunziata, lo strumento era già nato nel XII secolo. Questo sottolinea l’importanza della musica in ambito religioso.
Ragazzi e giovani cantavano e ballavano durante le feste, intonando canzoni popolari danzando e divertendosi. Spesso queste danze erano interpretate con l’uso di movenze che richiamavano molto l’erotismo e la sensualità.
Un altro felice connubio era quello tra la musica e la poesia. La sua melodia accompagnava i testi scritti dai poeti. Idea che nasce nell’ambito provenzale, per poi diffondersi ed essere esportata in tutta Europa.
Non ci scordiamo che anche Dante dedica una “canzone” alla sua Beatrice, ricca per altro di doppi sensi e che compare nel suo Purgatorio. Dante nei suoi scritti ci nomina gli strumenti da lui conosciuti come: arpa, cannamella, cetra, chitarra, corno, liuto, tuba, crotta, ribeca, viella, trombe, flauto, sambuca, oboe..
Insomma Dante dimostra un indubbia conoscenza dell’ ambito musicale che sfoggia nelle sue pagine come nel Convivio e nel De Vulgari Eloquentia. Dimostra poi una buona familiarità anche con i numerosi cantori dell’epoca, citandoli per nome nei suoi scritti.
La musica nella sua opera, come nella sua vita, sarà sempre unita alla sua poesia. Nell’ Inferno di Dante com’è ovvio, la musica non è presente, lo è però nel Purgatorio e nel Paradiso, dove diventa un elemento essenziale.
A proposito di cosa successe a Firenze a primavera nell’anno 1304.
Un certo pitttore Buffalmacco, realmente esistito, fiorentino di nascita che viveva direi quasi esclusivamente per fare scherzi alla gente, ne pensò una proprio bella. (A Firenze ci sono degli affreschi di sua mano in alcune chiese di Firenze, ma è soprattutto noto per aver affrescato l’interno del cimitero monumentale di Pisa). Mesi prima di dar luogo allo scherzo fece in modo di far sapere al maggior numero di persone che il tal giorno, alle 11 di sera sarebbe avvenuto a Firenze uno spettacolo sull’Arno inimmaginabile, avrebbero visto la “morte secca” viaggiare sul fiume.
I fiorentini, con il passaparola si ammassarono quel giorno e a quell’ora sul Ponte alla Carraia in maniera notevole per vedere questa “morte secca”(uno spettacolo con attori e un pò di fuochi organizzati da lui), ma per vedere meglio, non c’era certo l’illuminazione di oggi, si sporsero e si accalcarono troppo sulle spallette del ponte e questo purtroppo rovinò in acqua portanto giù gli ignari spettatori e anche coloro che erano sulla barca.
Fu una tragedia immane dove persero la vita centinaia di persone che la “morte secca” la videro proprio bene e da vicino.
Il Vasari nelle sue Vite non parla specificatamente di questo episodio, scrive soltanto che morì poverissimo perchè tutto il denaro guadagnato lo aveva speso per fare scherzi alla gente.
Anche Boccaccio nel Decamerone cita Buffalmacco in 4 0 5 novelle facendo fare a Calandrino (personaggio anche lui realmente esistito, pittore) delle figuracce paradossali perchè troppo ingenuo.
Comunque che io sappia i ponti di Firenze sono: o stati portati via dalle varie alluvioni che nel corso dei secoli ci sono state a Firenze o fatti saltare dai nazisti, una cosa del genere non è mai più capitata.