1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: L’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia
15 parte: Esercito e polizia
16 parte: Aumento della popolazione
17 parte: Borghesia, popolo, poveri, mendicanti, ladri e viziosi
18 parte: Le feste e i giochi d’azzardo
19 parte: La giornata lavorativa
20 parte: Le arti
21 parte: Commercio, industrie e banche
22 parte: I salari
23 Il clero
24 Le chiese, i conventi, gli ordini
25 Ordini e confraternite
26 Il culto, la predicazione, le processioni e il pellegrinaggio
27 La religione e la superstizione
28 Gli ebrei
29 Gli eretici
30 La scuola
31 L’università
Gli eretici
Se si ascolta fra’ Giordano, a Firenze nel 1304, non c’erano o quantomeno non si mostravano in pubblico.
Ai tempi di Dante non ci sono più i Catari che erano invece presenti a metà del 1200, quando nella città veniva ospitato addirittura un vescovo della chiesa catara.
Nel 1244 troviamo come podestà di Firenze un cittadino bergamasco che proteggeva gli eretici, nonostante vigesse un editto del 1216 che vietava l’elezione di chi fosse sospettato di eresia. Questi erano appoggiati dalle famiglie della grossa borghesia e della nobiltà ghibellina nonostante l’inquisizione.
Nella metà del XIII secolo morirono sul rogo i Patarini di Firenze assieme ad alcuni ghibellini sospettati di essere Catari per l’intervento di Pietro da Verona. Va sottolineato che spesso il catarismo e il ghibellinismo erano confusi e accomunati. Un esempio noto è quello della persecuzione e la condanna postuma del famoso capo ghibellino Farinata degli Uberti, morto nel 1264 e che Dante colloca nell’Inferno con gli epicurei nonostante il vate lo ritenga un uomo magnanimo e degno.
Proprio Pietro da Verona sarà determinante nell’eliminazione degli eretici. È poco probabile che i Catari siano spariti da Firenze, visto che nel 1321 viene arrestato a Figline un vescovo Cataro definito Patarino, probabilmente l’ultimo ricordato dell’Europa Occidentale. Nel 1340 però un inquisitore fiorentino denuncia che la città è un rifugio per un gran numero di Patarini.
Ma nella Firenze di Dante il catarismo è solo una delle forme di eresia esistenti, infatti ve ne sono altre. Una di queste è la setta degli apostolici, o fratelli della vita apostolica, giunta dal nord Italia, da Parma, venne fondata da Gerardo Segarelli nel 1260 il quale predicava la povertà assoluta come quella di Cristo e degli apostoli. Privi di casa e vestiti di stracci, mendicavano per vivere e si muovevano da una città all’altra predicando. Furono perseguitati da papa Bonifacio VIII, finché nel 1300 Segarelli e i suoi finirono sul rogo.
Dopo di lui verrà Dolcino Torniello da Novara, persona semplice ad amabile che in poco tempo radunerà intorno a sé 4.000 addetti, tra costoro numerosi fiorentini tra cui anche preti, cavalieri e ricchi personaggi. Anche loro furono perseguitati e condannati al rogo nel 1307. Dante ricorda Dolcino come capo militare, lo colloca nell’Inferno nel cerchio degli scismatici, perché lo ritiene un ribelle della gerarchia ecclesiastica. Dante distingue lo scisma dall’eresia, ritiene grave mettere in pericolo l’unità della chiesa, approva dunque la lotta contro l’eresia.
Nei canti dell’Inferno la sua posizione è piuttosto chiara, colloca infatti in questo posto Federico II, Farinata, il Cardinale Ubaldini e il Cavalcanti. Va sottolineato che se Dante dimostra di apprezzare le teorie di Epicuro, aborrisce all’idea della morte dell’anima in cui il filosofo crede.
Come già detto in precedenza l’inquisizione era affidata a Firenze ai francescani di Santa Croce. Due di loro in abito grigio percorrevano armati le strade assistiti da un notaio. Grazie alla tortura strappavano confessioni infliggendo pene di vario genere, dalla semplice ammenda alla condanna al rogo. Ricordiamo che anche Dante nel 1302 fu condannato al rogo. L’Inquisizione era temuta da tutti, soprattutto dagli aristocratici. Le parole ‘ghibellino’ ed ‘eretico’ erano spesso sinonimi nel linguaggio politico dei guelfi fiorentini.
I beni sequestrati agli eretici condannati andavano: per un terzo all’inquisizione, un altro terzo al comune e il terzo rimanente al papato. Fu proprio grazie a questi sequestri che fu costruita e terminata Santa Croce e la sua cinta muraria.
Viaggio indietro nel tempo nella Firenze di Dante, parte 29
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