1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: L’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia
15 parte: Esercito e polizia
16 parte: Aumento della popolazione
17 parte: Borghesia, popolo, poveri, mendicanti, ladri e viziosi
18 parte: Le feste e i giochi d’azzardo
19 parte: La giornata lavorativa
20 parte: Le arti
21 parte: Commercio, industrie e banche
22 parte: I salari
23 Il clero
24 Le chiese, i conventi, gli ordini
25 Ordini e confraternite
26 Il culto, la predicazione, le processioni e il pellegrinaggio
27 La religione e la superstizione
28 Gli ebrei
29 Gli eretici
30 La scuola
31 L’università
Il culto, la predicazione, le processioni e il pellegrinaggio.
Sembrerebbe che i fiorentini non fossero particolarmente ligi alla frequentazione della messa domenicale anche se la presenza fosse ritenuta un impegno obbligatorio. Le donne invece come abbiamo già visto, partecipavano praticamente a tutte le messe mattutine durante tutta la settimana, forse si impegnavano a farlo anche per i mariti.
Qualcuno appartenente al ceto più abbiente, con un po’ di danaro, arrivava a pagarsi la messa per sé stesso o per i suoi morti.
Difficilmente però i fiorentini mancavano alle grandi feste religiose, occasioni a cui partecipavano a migliaia, come per esempio la traslazione di San Zanobi nel 1301, festa che durò una decina di giorni.
Già dal XI secolo era obbligatorio assistere alla messa completa e a comunicarsi in occasione della Pasqua, come il Concilio Lateranense del 1215 prevedeva. Il rischio era di essere esclusi dalla grande famiglia della chiesa e giunta la morte di venire seppelliti in terra sconsacrata.
Ma gli uomini fiorentini, lasciavano queste incombenze alle donne e ai figli, continuando ad apparire saltuariamente la domenica in chiesa. Partecipavano però sicuramente a ricorrenze come: la Pasqua, il Natale, la festa di San Giovanni, l’arrivo di un importante prelato o di un nuovo vescovo e a tutte le più importanti feste religiose.
Mai sarebbero poi mancati, a tutte quelle cerimonie in cui il sacro si incontrava con il profano o al festeggiamento di una vittoria in guerra o a ricorrenze di esse.
I fedeli rispettano l’astinenza dalla carne il venerdì e il digiuno di Quaresima che durava ben 40 giorni in cui, almeno teoricamente, erano tenuti a pregare.
Durante la settimana santa il venerdì, sia il clero, che i fedeli, si inginocchiavano e baciavano un crocifisso deposto su un tappeto davanti all’altare Maggiore. Il sabato veniva acceso un cero a Santa Maria Sopra Porta e portato con una grande processione al Battistero. Poi finita la benedizione, il cero veniva trasportato e deposto a Santa Reparata.
La predicazione:
Un tempo era una pratica riservata al vescovo il quale prendeva solitamente la parola in occasione di particolari feste sacre. Dopo il 1250 la predicazione diventa piuttosto frequente e abituale, affidata ai domenicani e ai francescani.
Molti di questi predicatori erano però assai vanitosi, amavano parlare in pubblico per essere ammirati e per sfoggiare la loro padronanza oratoria.
Tra i predicatori i domenicani erano i più preparati grazie ai loro studi, si attenevano a rigide regole di composizione seguendo degli schemi prefissati. I francescani invece parlavano più liberamente e più semplicemente per meglio essere compresi dal popolo, facendo largo uso di atteggiamenti e di vocaboli ilari e buffoneschi.
Tra i più conosciuti ed ascoltati vi è fra’ Remigio Girolami, professore e priore di Santa Maria Novella, un allievo oltre che amico di San Tommaso d’Aquino che Dante critica per il tenore delle sue discussioni, spesso troppo forbite e per la palese ricerca di adulazione da parte degli uomini politici.
Alla morte di Remigio avvenuta ad 84 anni nel 1319 succederà Giordano di Rivalto, già attivo a Firenze tra il 1303 e il 1309. Anche lui personaggio molto erudito che conosceva l’ebraico, il greco e il latino. Sempre schierato contro il lusso e la frivolezza ed attento ad esaltare la dignità dei poveri. Dante difficilmente ebbe occasione di ascoltarlo perché in esilio.
Erano seguite da tutto il popolo, che ritrovava la sua fervente fede grazie alla partecipazione e allo spettacolo che ne seguiva. Tra le più importanti la già citata traslazione di San Zanobi e quella che accompagnò il frammento dell’abito di Cristo, le ossa di San Giacomo e quelle di Sant’Alessio.
Spesso queste processioni erano accompagnate da musica e dalle corporazioni che avevano come protettore il santo festeggiato.
Da ricordare la processione di Sant’Agata, ma soprattutto quella di San Giovanni a cui oltre alla città, partecipava anche tutta la popolazione del contado.
Le feste più sentite e partecipate, raggiungevano un numero impressionante, erano circa un centinaio all’anno!
Altro passaggio importante della devozione era il pellegrinaggio.
Solitamente i luoghi preposti erano San Pietro a Roma, in cui vi era la tomba del santo, San Giacomo di Compostela in Spagna e altri luoghi ritenuti sacri. Il pellegrino solitamente aveva un abbigliamento inconfondibile: un lungo mantello, un cappuccio, un cappello rotondo a falde larghe, un bastone, una bisaccia. Sul mantello se era diretto a Compostela esponeva una conchiglia, una croce se andava verso Gerusalemme.
Prendeva invece il nome di ‘palmiere’, quello che tornava con le palme dalla Terra Santa, o di ‘romeo’ se andava a Roma. ‘Peregrino’ o ‘pellegrino’ se andava a Compostela.
Nel 1300 Bonifacio VIII indisse un anno giubilare, centinaia di migliaia di pellegrini di ogni nazionalità si diressero a Roma. Tra di loro lo stesso Dante, che descrive nei suoi scritti la gran folla accalcata sul ponte di Castel Sant’Angelo per raggiungere San Pietro.
Altro luogo deputato al pellegrinaggio era Assisi, dov’era la tomba di San Francesco.
I meno avventurosi, o quelli con meno mezzi di sostentamento, si recavano semplicemente a San Gallo, o a Santa Maria Primerana, luoghi sicuramente più vicini.