1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: l’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia

La famiglia e le donne

La famiglia protegge, unisce e offre sostentamento, ma allo stesso tempo reprime e pone ostacoli, la disciplina che domina la famiglia è ferrea e il pater familia è colui che ha l’autorità su tutta la famiglia, è l’apice della piramide.

La potestà paterna è anche un termine giuridico, sicuramente nel medioevo ha un potere più limitato rispetto a quella romana, quando addirittura il pater familia aveva diritto di vita e di morte sui figli. Il capo incontrastato è il padre e tutti gli devono ubbidienza: la moglie, i servitori, i figli, siano essi bastardi che legittimi e le concubine.

Sceglie lo sposo per la figlia, le alleanze e le convenienze economiche, vigila sulla famiglia, sceglie il lavoro per i propri figli che solitamente seguono la carriera del padre. Essendo Firenze una città commerciale, spesso i capi famiglia sono assenti per lavoro e in paesi lontani. Dante addirittura menziona queste assenze nel suo Paradiso.

L’ educazione era affidata alla madre almeno fino all’adolescenza circa ai 14 anni. I giovani vivevano in un vero e proprio gineceo, tutelato da nonne, madre e zie. Il ragazzo poi lascia la casa per andare a scuola, ma se è agiato è il precettore che va a casa sua.

L’emancipazione è intorno ai 14 anni e comincia con l’ apprendistato di un’arte o di un mestiere, comincia la sua educazione sessuale con le ragazze del vicinato o le serve. A 18 anni avviene l’emancipazione legale se il padre è morto, se è vivo a 25 anni, comunque a 18 anni il padre può decidere di non mantene più il figlio economicamente. Quando muore il capo famiglia tutto passa ai figli maschi, che diventano spesso particolarmente dispotici con il resto della famiglia, forse per la frustrazione delle angherie subite con il padre.

È il caso di Santa Chiara d’Assisi, quando i fratelli dopo la morte del padre, irrompono nel convento per portarla via anche se invano, o l’esempio di Piccarda, ricordata da Dante nel Paradiso, rapita dal fratello Corso Donati che l’aveva maritata contro la sua volontà, o la sfortunata Lisabetta di Messina del Boccaccio, alla quale i fratelli uccidono l’amato e lei ne morirà per il dolore.

Tommaso d’Aquino è uno dei responsabili di questa misoginia, egli infatti pone la donna in stato d’inferiorità identificandola semplicemente: “come cosa necessaria all’uomo.” Per San Gerolamo invece la donna è: “la porta dell’ Inferno”.

Nonostante la chiesa abbia concesso forti poteri ad alcune badesse alla stregua dei vescovi, la donna continuava a non essere però ammessa all’altare.

La nascita di un figlio era sempre un grande festeggiamento, cosa che non accadeva con la nascita di una femmina. La donna era semplicemente relegata alla casa e la sua funzione era quella di procreare, possibilmente dei maschi. Paolo da Certaldo raccomanda agli uomini di tornare a casa più volte al giorno per poter controllare che le donne stiano lavorando e non facciano nulla di male o discutibile.

La donna dell’epoca deve essere timida e riservata, doveva avere una sudditanza totale nei confronti dell’uomo e questo vale per ogni donna, povera o ricca. Se appartiene ad una famiglia ricca può sperare di avere il permesso di imparare a leggere e a scrivere.

Stranamente Dante o per pudicizia o perché forse ritiene la cosa normale, non pone nessuna donna che abbia colto il fiore proibito del sesso nel suo Purgatorio o nel suo Inferno. Sappiamo infatti che molte di loro riuscivano con astuzia ad avere la loro parte, soprattutto quelle sposate. Nonostante fossero costrette a vivere nella casa dei suoceri e ben sorvegliate dal parentame, riuscivano ad avere ugualmente le loro avventure.

Nelle 300 novelle di Franco Sacchetti un uomo bastona la sua donna prima di consumare con lei il matrimonio, questo per punirla dei peccati che sicuramente deve aver compiuto prima di sposarsi. La stessa può essere ripudiata se ha avuto rapporti prima del matrimonio, soprattutto se con i parenti del marito, ovviamente da sposata a dispetto dell’uomo le è proibito di avere rapporti extraconiugali, ritenuta cosa gravissima e severamente punita.

Nel Decamerone una donna rischia addirittura di essere bruciata viva.

A Firenze l’adulterio è punito con una multa o la prigione se non si è in grado di pagare l’ammenda, ma l’abbandono del tetto coniugale non ha ripercussioni, così le cronache riportano di mariti abbandonati, che girano per Firenze e fanno annunciare da un banditore pubblico il desiderio di veder tornare a casa la propria moglie ribelle, la quale però spesso sceglie di trovare protezione presso un giudice civile e tramite lui farsi restituire la propria dote.

Se il marito non è in grado di restituirla perché ha dissipato i suoi beni, pagherà con un ipoteca sui suoi beni.

Ma la donna può avere una minima emancipazione, oltre ai lavori domestici può esercitare dei mestieri prettamente femminili che in parte la rendono autonoma, quale la pettinatura, i massaggi e l’impiego nell’industria laniera e manifatturiera.

Liberamente tratto da “A Firenze ai tempi di Dante di A. Antonetti”

Riccardo Massaro
Viaggio indietro nel tempo nella Firenze di Dante, 8 parte
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