1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: l’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
Molte sono le iconografie che rappresentano la morte perché la morte era presente nella vita quotidiana di ogni uomo del medioevo: pandemie, carestie, guerre. Spesso teschio e danze macabre adornavano le chiese, come a ricordare la caducità della vita.
L’usanza di battezzare I bambini appena nati nasce soprattutto per questo, molti infatti erano i bambini morti appena venuti al mondo come ricorda Dante sia nel Purgatorio che nell’Inferno quando parla di questi innocenti, ma a morire spesso erano anche le madri a causa del parto.
E se non erano le guerre o gli stenti, ricordiamoci della grande pestilenza del 1348 che sterminò quasi un terzo della popolazione dell’epoca.
Bisognava quindi essere sempre pronti per il fatale passo, cercando di espiare le proprie colpe.
Una delle colpe più diffuse a Firenze era l’usura, peraltro severamente condannata dalla chiesa, questo perché secondo la chiesa l’usuraio faceva commercio del tempo rispetto al suo debitore e il tempo appartiene solo a Dio. Ma gli usurai erano anche in ambito ecclesiastico, alcuni temendo la morte si impegnavano a restituire alle proprie vittime quanto estorto quando erano sul letto di morte, ma spesso cancellavano quel testamento quando si sentivano meglio. Altri lasciavano l’incombenza di riparare del proprio peccato ai propri parenti, lasciavano somme da restituire agli usurati o donazioni, per assicurarsi un tranquillo trapasso.
Dante racconta nell’inferno come essi venissero puniti morsi da pulci, mosche e tafani. Non a caso nell’inferno solo uno tra tutti gli usurai presenti non è un Fiorentino! Spesso questi usurai lasciavano degli ingenti somme a chiese, conventi e ordini religiosi nella speranza di riscattare la propria vita.
A morte avvenuta i testamenti non sono uguali per tutti: i figli maschi ereditano beni mobili e immobili, le figlie solo la loro dote, o un piccolo lascito, la vedova ha diritto solo a quello che le lascerà il marito, ma può riprendersi la sua dote.
Solitamente il morto veniva lavato con acqua calda, poi lo si imbalsama usando mirra, aloe e piante aromatiche, altre volte la salma veniva bollita per permetterne il trasporto in una città lontana. Come oggi il corpo sistemato veniva vestito e posto in un’arca di legno adornata di tessuti, poi veniva vegliato da parenti ed amici.
A Firenze, così come nel nostro sud più recente, esistevano delle persone retribuite ingaggiate per piangere e lamentarsi della morte della persona scomparsa. Il colore del lutto era il nero, obbligatorio per la vedova, i parenti potevano vestirsi di scuro o anche di rosso.
Anche il funerale dava modo di ostentare la propria agiatezza, vi si spendevano intere fortune; 5000 furono i fiorini d’oro spesi per le esequie del giovane Lorenzo Acciaiuoli nel 1353.
Ma queste cerimonie erano anche occasione per efferate vendette che avvenivano durante la confusione della cerimonia.
Ovviamente per i poveri la sepoltura avveniva nel camposanto, mentre per i ricchi c’era la tomba di famiglia in una chiesa. Si può vedere ancora oggi a Santa Maria Novella e a Santa Croce sia all’esterno sulle fiancate, che all’interno della chiesa dei luoghi di sepoltura. Persino sotto gli scalini, sotto l’altare, o sul sagrato, questo per essere calpestati dai fedeli in segno di umiltà.
Le chiese citate divennero luoghi preferiti per la sepoltura delle grandi famiglie, anche il battistero fu usato a questo scopo. Se da una parte si nascondeva lo sfoggio della propria ricchezza, dall’altra si credeva che le continue preghiere recitate in chiesa servissero per il riposo eterno nel sepolto, garantito anche dalla presenza costante di preti e monaci.
Dante ricorda che chi si era suicidato non aveva diritto ad essere sepolto in terra santa e pone nell’inferno all’interno di alberi sanguinanti questi sfortunati.
Liberamente tratto da “A Firenze ai tempi di Dante di A. Antonetti”