1 parte: prologo
2 parte: Le abitazioni, i mobili e le differenze tra case povere e ricche
3 parte: Abbigliamento
4 parte: L’alimentazione
5 parte: Il tempo
6 parte: Nascita e matrimonio
7 parte: La morte
8 parte: La famiglia e le donne
9 parte: Serve, illegittimi, donne e concubine
10 parte: Firenze la città
11 parte: Le strade e la vita in esse
12 parte: L’Arno i suoi ponti e la statua di Marte
13 parte: Istituzioni e finanze
14 parte: La giustizia
15 parte: Esercito e polizia
16 parte: Aumento della popolazione
17 parte: Borghesia, popolo, poveri, mendicanti, ladri e viziosi
18 parte: Le feste e i giochi d’azzardo
19 parte: La giornata lavorativa
Secondo alcune fonti Firenze passa dai 15.000 abitanti della fine del XII secolo ai 50.000 degli inizi del XIII, fino ad arrivare a 75.000 nel 1260 e agli 85.000 nel 1280. 100.000 sono le anime all’inizio del XIV secolo.
Firenze diventa la città più popolata sopra a Siena, Pisa, Lucca e Prato, consideriamo che Milano e Genova contavano rispettivamente 65.000 e 60.000 mila persone. Solo Venezia arrivava a 100.000 anime.
Ovviamente questo incremento demografico è dovuto all’immigrazione proveniente dalle campagne. Una manovalanza non qualificata si aggiunge a quella degli artigiani e dei commercianti della città, ma attenzione, perché tra loro ci sono anche degli intellettuali.
È innegabile che questo afflusso migliori la città, ma Dante nel suo Inferno e nel suo Paradiso se ne rammarica aspramente: disprezza la gente venuta dalle campagne, perché ritiene che i nuovi arrivati siano responsabili della decadenza della città.
Questo aumento della demografia però è anche dovuto ad un periodo di mancanza di pestilenze e al miglioramento generale delle condizioni di vita, oltre che evidentemente anche una buona prolificità delle famiglie fiorentine nonostante sia contrastata da un alto tasso di mortalità infantile.
Ovviamente nei periodi di guerra, di carestia e di epidemia tutto cambia.
L’afflusso di persone e la buona natalità non farà che incrementare la distinzione tra le varie classi sociali. Dante però ricorda che all’epoca del suo trisavolo invece vi era una forte omogeneità sociale. Ricchi e poveri vivevano sobriamente in armonia adottando costumi e usi assai simili tra loro.
In realtà Dante sembra un nostalgico dei tempi andati, o cerca di dare una risposta alle attuali divergenze e agli scontri tra famiglie di cui è testimone nella sua Firenze. La Firenze di Dante è in oltre testimone del decadimento della vecchia aristocrazia terriera a favore della borghesia composta da affaristi industriali.
Con gli ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, tutti i vecchi privilegi dell’aristocrazia vengono annullati, tanto da imporre a questo ceto di essere punito in caso di reato alla stregua di un popolano.
Abbiamo visto nelle puntate precedenti che invece la giustizia faceva una forte distinzione tenendo conto del ceto, dando delle punizioni commisurate alla classe a cui il colpevole apparteneva.
Dante ricorda nel suo Paradiso (e anche il Villani), che fra gli appartenenti all’aristocraziaia nel 1338 vi erano circa 1.500 capifamiglia con a seguito circa 5.000-6.000 ‘parenti’, su una popolazione di circa 100.000 cittadini. Tra i Visdomini e i Tosinghi per esempio si contano per ogni nome circa 35 famiglie che comprendono oltre lontani parenti anche i servi.
Uno degli aristocratici che perse il suo potere nella città fu proprio Corso Donati. Grazie anche alle leggi di Giano della Bella, coinvolto negli scontri tra Neri e Bianchi era stato esiliato da Firenze. Riuscì a tornare grazie a Papa Bonifacio VIII con l’appoggio del principe francese Carlo di Valois prendendo di nuovo il potere nel 1301.
Corso Donati tornò quindi a Firenze alla testa dei Neri e sparse il terrore tra i Bianchi, ma nonostante la sua violenza e la sua vendicatività, trovò pane per i suoi denti. Fu quindi contrastato e il suo potere cessò nel 1308. I suoi ex alleati divennero i suoi più acerrimi nemici. Costretto a fuggire alla persecuzione, pare si suicidò lasciandosi morire cadendo da cavallo.
Dante non può non ricordarlo nel suo Purgatorio.