Quando nel XIX secolo la capitale si trasferì da Torino a Firenze, la nostra città venne caratterizzata da un importante sviluppo. Le mura con la loro cinta daziaria furono oggetto di interminabili discussioni, tra chi avrebbe voluto mantenere l’identità cittadina e chi invece trovava nelle mura una sorta di ostacolo allo sviluppo economico e alle relazioni umane. E proprio di conseguenza a questa diatriba, vennero approntato numerosi progetti per realizzare nuovi tratti di mura e nuovi varchi nelle mura già esistenti.
Oltre a questo, nella zona di Porta al Prato si stava realizzando la costruzione della stazione Leopolda, per la prima linea ferroviaria toscana, che da Porta al Prato seguiva il Fosso Macinante e procedeva in direzione di Livorno, fiancheggiando l’Arno e attraversando i borghi di Peretola, Quaracchi e Brozzi.
Il tracciato delle mura urbane non venne a disturbare la realizzazione della Stazione Leopolda, poiché questa era situata in un’area esterna alle mura, in prossimità di Porta al Prato, in virtù di un editto Granducale che stabiliva che, per evitare complicazioni nelle operazioni di dazio, la stazione fosse ubicata esternamente alla cinta muraria.
Esterna, ma non distante: si pensava già allo sviluppo del traffico ferroviario e la zona di Porta al Prato, già interessata dal traffico di carri e carrozze provenienti dalla strada Regia Pratese e dall’Oltrarno, attraversando il nuovo ponte sospeso S. Leopoldo, si rivelava essere uno snodo nevralgico. C’era soltanto da trovare il sistema di poter separare il movimento di merci dal passaggio di gente che si dirigeva verso le Cascine per una passeggiata.
Dopo aver visionato almeno tre progetti di trasformazione di Porta al Prato, la soluzione al problema venne trovata nel 1848, con l’apertura di un nuovo ingresso in città, in corrispondenza di Via della Scala, che nell’ultimo tratto prendeva il nome di “Pantano di Ripoli”: la Porta Nuova.
La porta aveva una doppia arcata, una per l’entrata ed una per l’uscita, col prospetto esterno in pietra forte, ed il popolo ovviamente la ribattezzò, iniziando a chiamarla al plurale, “Le Porte Nuove”.
Al di là delle mura, all’epoca vi erano soltanto campi, sui quali ben presto si aprì una strada proprio in direzione del Pantano di Ripoli che prese il nome di Via delle Porte Nuove, proprio a testimonianza di questa porta di cui rimane soltanto un blando ricordo.