Via dei Calzaiuoli, quella bella strada ricca di negozi, meta indiscussa di passeggiate nei pomeriggi del fine settimana, il collegamento tra piazza del Duomo e piazza Signoria, non è sempre stata così. Non è figlia dello scriteriato risanamento del centro operato a fine Ottocento, ma ha una storia che si perde nei secoli, si può risalire fino al 1200.
Il suo nome non è sempre stato via Calzaiuoli, in origine la via era divisa in vari segmenti, ed ogni tratto aveva il suo nome specifico. Si potevano così trovare Via Larga di San Michele in Orto, Via del Canto al Diamante, Via dei Buonaguisi, Via dei Caciaioli, Via dei Farsettai, Via dei Bandierai, Via dei Calzaiuoli (nel tratto tra Orsanmichele e il Corso), Via dei Pittori (o Corso di San Bartolo), Via dei Fiascai e Corso degli Adimari. Una frammentazione notevole, se si considera la lunghezza di soli 400 metri dell’odierna via!
Era una strada piuttosto stretta, che solo nel primo tratto, tra via della Condotta e piazza della Signoria, era stata allargata già nel 1383; la larghezza attuale del resto della strada si deve ad un intervento ottocentesco.
Era la via che collegava naturalmente il potere religioso a quello politico, dal Duomo a Palazzo Vecchio. In questa via avevano le loro botteghe artisti del calibro di Donatello e Michelozzo.
I nomi dei segmenti della via non lasciano spazio alla fantasia: erano in buona parte dovuti al mestiere che veniva prevalentemente svolto in quel tratto, salvo pochi richiami a qualche famiglia che lì aveva le proprie case. Tutta la zona nei pressi di Piazza del Duomo era caratterizzata dalla presenza di case della famiglia Adimari, tanto che questo tratto di strada si chiamava appunto Corso degli Adimari. Era presente, all’angolo con Via delle Oche, la Loggia degli Adimari.
Le Logge erano molto numerose in città, e rappresentavano una specie di status-quo: le famiglie che ne possedevano una esibivano il loro rango utilizzando la Loggia quale fosse una specie di palcoscenico, con cui impressionare gli avversari ed il popolino; infatti le Logge erano utilizzate per ricorrenze, feste, matrimoni, affari di rilievo, consentendo a chiunque di assistere dal di fuori. La Loggia degli Adimari però rappresentava un’eccezione. Era famosa per essere un luogo di ritrovo per sfaccendati e perdigiorno, tanto che era stata soprannominata “La Neghittosa”, dal latino neglectus, ovvero svogliato. Tuttora lo stesso angolo si chiama “Canto alla Neghittosa” e qui si riunivano i componenti di una delle potenze festeggianti, quella del “Re Piccinino alla Neghittosa”.
Oltre alla Loggia, in angolo con Piazza del Duomo c’era una casa torre molto ben conservata, demolita nell’Ottocento in occasione dell’allargamento della via.
Dove oggi vediamo la Loggia del Bigallo, fino al 1248 esisteva la Torre del Guardamorto, sempre di proprietà degli Adimari, che costituiva di fatto il primo obitorio di Firenze.
Il tratto di strada tra il Vicolo del Giglio e Orsanmichele si chiamava Corso di San Bartolo o Via dei Pittori, perché qui avevano sede molte botteghe di artisti; qui era la chiesa di San Bartolomeo, il protettore dei pittori. Tra le varie botteghe, era presente anche quella di Niccolò Grosso, il fabbro più conosciuto col soprannome di Caparra, datogli perché aveva l’abitudine di chiedere sempre un acconto per i lavori che gli venivano commissionati. La sua bottega era sovrastata da un’insegna in ferro battuto verniciato con colori vivaci, che rappresentava un mucchio di registri che bruciavano su un rogo: voleva che chiunque sapesse che il Caparra odiava le registrazioni.
Di fronte al Corso dei Pittori c’è il vicolo dell’Onestà, che conduce nella piazzetta dei Tre Re, dove risiedeva il Magistrato dell’Onestà, incaricato di provvedere alla vigilanza dei costumi. Su questa piazzetta c’erano anche la loggia e la torre dei Macci, proprietari delle case fra la piazzetta e la via Calzaiuoli. Via dei Caciaioli si chiamava così perché lì erano allocate le botteghe dei venditori di formaggio. Via dei Farsettai nel punto in cui erano le botteghe dei sarti, che realizzavano i farsetti, giubbotti con o senza maniche da portare sopra la camicia. Via dei Bandierai, dove si trovavano coloro che cucivano le bandiere del comune, corrisponde all’angolo con Via dei Tavolini. Via dei Calzaiuoli dove erano presenti laboratori delle calze di panno. Via dei Fiascai, dove si trovavano gli artigiani che soffiavano il vetro e realizzavano i tipici fiaschi, rivestendoli poi con la paglia.
Il Canto al Diamante si trovava in corrispondenza dell’incrocio con Via Porta Rossa.
Qui sorge anche la splendida chiesa di Orsanmichele, nel punto in cui nell’VIII secolo esisteva un monastero femminile con vasti terreni adibiti ad orto, da cui derivò il nome di San Michele in orto e poi appunto, Orsanmichele. A metà del XIII secolo fu destinata al mercato delle granaglie, ma nel 1304 un incendio la distrusse e fu così ricostruita nel corso del secolo con una pianta rettangolare e sopraelevata di due piani. Sui pilastri esterni possiamo tutt’oggi ammirare le copie delle quattordici statue dei santi patroni commissionate dalla Signoria alle corporazioni fiorentine, e scolpite dalle mani di Donatello, Verrocchio, Ghiberti, Giambologna e Nanni di Banco. Le sculture originali sono state trasferite al Museo di Orsanmichele, ai piani superiori dell’edificio.
Un’altra importante chiesa in via dei Calzaiuoli è quella dedicata a San Carlo dei Lombardi, costruita a partire dal 1349 per volere della Signoria. Nel 1616 passò alla confraternita della “nazione lombarda” ed assunse questo nome.
Nell’Ottocento si iniziò a parlare dell’allargamento della strada e venne anche prodotto un progetto dall’architetto Luigi de Cambray-Digny che prevedeva la costruzione di portici su entrambi i lati della strada, progetto per fortuna mai realizzato a causa di problemi amministrativi legati agli espropri. Di progetti per l’ampliamento della strada ne furono presentati diversi, ma solo nel 1842 venne dato il via ai lavori. Attualmente la strada ha una larghezza di 14 metri, per ottenere la quale fu necessario demolire e ridimensionare un gran numero di immobili, tra cui la torre posta all’angolo con piazza del Duomo.
L’attuale nome di Via Calzaiuoli venne esteso all’intera strada attorno al 1870.
In Via Calzaiuoli sorse il primo vero grande magazzino di Firenze, nel 1834: il Bazar Bonajuti, che fu realizzato con l’idea di farlo sembrare una grandissima piazza al coperto su due piani.
Al posto del Bazar Bonajuti, in seguito, dal 1907 fino al 1988, trovò sede il grande magazzino per antonomasia, il Duilio 48, rimasto nel cuore di tutti i fiorentini che lo hanno visitato, sostituito poi con il Coin, ancora presente.
Tutta la strada è ricca di targhe commemorative: Una targa ricorda il ritrovamento delle fondamenta della cerchia romana di mura, avvenuto all’epoca dello sventramento della strada; sul palazzo dei Cavalcanti, si trova una targa dantesca che ricorda i versi dedicati a Guido in un passo dell’Inferno (X, 58-63); una targa ricorda la chiesa di San Bartolomeo, sconsacrata nel 1768 e poi demolita, un’altra targa ricorda una chiesa che ebbe sorte analoga, Santa Maria Nepotecosa; sul muro di una casa, è presente lo stemma di Gualtieri VI di Brienne, il Duca di Atene che tiranneggiò la città tra il 1342 e il 1343. Ancora un’altra targa ricorda il laboratorio di Donatello e Michelozzo, che lavorarono “come fratelli” e, per finire, abbiamo anche una grande lapide marmorea che ricorda l’ampliamento della strada tra il 1842 e il 1844 sotto Leopoldo II di Lorena.