“Il Gran Barone”
Ugo Di Brandeburgo figlio di Uberto di Toscana e Willa di Toscana figlia di Bonifacio I° di Spoleto, nacque nell’anno 950 e morì nell’anno 1001 a Pistoia, successivamente la salma fu portata a Firenze e inumata nella Badia Fiorentina, chiesa fatta costruire dalla madre.
Una leggenda narra che Ugo nacque in un periodo in cui Uberto aveva lasciato la Toscana per disaccordi con l’Imperatore. Quando il padre perdonato rientrò dall’esilio alla testa di uno stuolo di cavalieri in armatura lo riconobbe, seguendo la voce del sangue e l’istinto, quel cavaliere era suo padre!
Egli crebbe come tutti gli uomini del suo tempo. Era un grande appassionato di caccia e con uno smodato amore verso le donne, che cambiava a suo capriccio. Quando alla morte di suo padre ne prese il posto, si dimostrò un buon governante verso il suo popolo, per prima cosa spostò la sede marchionale da Lucca a Firenze che di fatto divenne il centro della politica ugonica e la città più importante.
Aveva l’abitudine di girare per i suoi possedimenti da solo senza scorta ed in incognito. Si fermava a parlare con i suoi sudditi dicendo male del Conte Ugo e del suo governo. Malgrado ciò non ci fu una sola persona che si lamentasse del suo operato.
Andava a caccia sia da solo che in compagnia girando per i boschi del Mugello. La leggenda narra che, durante una caccia, fu sorpreso da un forte temporale e costretto a trovare rifugio in una grotta. Dentro vide uno spettacolo terrificante e inimmaginabile. Nell’antro in cui aveva trovato rifugio, c’erano dei dannati tormentati da diavoli che li percuotevano con dei grossi martelli e li torturavano, fra imprecazioni e gemiti.
Ugo, scosso da tale apparizione, si inginocchiò e pregò la Madonna di salvarlo, promettendo di cambiare vita. Dopo la fervente preghiera, l’orrenda visione sparì, la tempesta si calmò, poté uscire dalla grotta e tornò verso Firenze.
Memore della promessa fatta alla Madonna cambiò completamente, smise la vita dissoluta fino ad allora praticato, continuò a governare la Toscana si dedicò a praticare opere di carità, ampliò la Badia Fiorentina e fondò altre Abbazie: Chiesa e monastero di San Michele alla Verruca, Badia del Buon Sollazzo a Monte Senario, Badia a Settimo – Scandicci, Badia di San Michele a Marturi – Poggibonsi, Chiesa Abbaziale di Arezzo, Abbazia di Città di Castello, e tutte ebbero cospicui lasciti.
Per dissapori con l’Imperatore Ottone III, che si sentiva oscurato dalla sua ingombrante figura, fu esiliato fin quando prigioniero dei nobili romani lo richiamò in suo aiuto.
Ugo morì il 21 dicembre dell’anno 1001 a Pistoia, venne trasportato a Firenze per essere sepolto nella Badia Fiorentina dai frati riconoscenti, i quali dopo ben 400 anni gli dedicarono un monumento nell’interno della chiesa ad opera di Mino da Fiesole. Inoltre da mille anni nel giorno della sua morte, da un armadio viene tratta una armatura che si suppone appartenuta al gran Barone, la pongono sul monumento funebre e celebrano una messa in suo onore.
E’ stato il Vate Dante Alighieri a dargli il titolo di “Gran Barone” per i suoi modi e il sistema di governare la Tuscia. Ugo si merita una citazione nella Divina Commedia nel canto XVI del Paradiso con questi versi: “Ciascun che della bella insegna porta del Gran Barone il cui nome e il cui pregio la festa di Tommaso riconforta da esso ebbe milizia e privilegio”. Molte furono le famiglie nobili che ebbero il privilegio di fregiarsi del suo stemma: Scudo rosso a tre pali d’argento. Questo stemma si vede sulla facciata della badia fiorentina e su molti palazzi di Firenze.