Sembra incredibile ma la maggior parte dei piatti tipici ha sempre un’origine povera. Un peccato poi che taluni ingredienti diventino di difficile reperibilità, come si è visto per il cibreo, altri per fortuna si trovano ancora ma spesso da poveri diventano ricchi, come il baccalà che prima non costava niente ed oggi sembra di comprare cernia. Per fortuna il piatto di cui parliamo oggi è sempre accessibile sia nei costi che nell’approvvigionamento, inoltre è delizioso e semplice da preparare.
In Toscana e in particolare a Firenze le frattaglie o quinto quarto sono sempre state presenti sulla tavola, come spiegato più volte un mezzo per recuperare proteine a basso costo per le persone meno ambienti. La trippa è una di queste frattaglie.
Da dove si ricava la trippa? Come sapete il sistema digerente delle mucche comprende fra esofago e intestino 4 diversi sacchi, tre sono i prestomaci e uno lo stomaco propriamente detto.
Il primo sacco che incontriamo è il rumine, poi il reticolo e dopo l’omaso. Questi tre sacchi danno la trippa. Il quarto sacco detto abomaso da origine al lampredotto. I primi tre sacchi detti prestomaci forniscono però tre tipi di trippa diversi. Il rumine da origine al cosi detto panzone, il reticolo alla trippa a nido d’ape ed infine l’omaso alla centopelli.
Oggi parliamo della trippa alla fiorentina, ma mi permetterete una digressione per far notare che anche non cucinata, ma semplicemente bollita, la trippa è davvero un piatto delizioso. In estate un pezzo di panzone semplicemente servito come una “braciola” e condito con sale pepe e olio toscano è eccellente e leggero. Oppure tagliata a listarelle e unita ad una buona insalata permette un piatto fresco con aggiunta di proteine. A differenza di quello che si crede la trippa è un alimento magro infatti 100 gr. di trippa hanno circa 100 kcal.
Vi consiglio vivamente di provare a farvi una trippa alla fiorentina, capisco che taluni al pensiero si retraggono, ma il gusto è impareggiabile e l’esperienza imperdibile. In questo dissento fortemente dal maestro Artusi che scrive:” …la trippa comunque la cucini è un piatto ordinario“, niente di più falso, ma è capibile che anche il grande maestro potesse avere dei piatti non graditi.
Ingredienti per 4 persone:
– Trippa (si può scegliere una delle tre oppure anche unirle tutte e tre)
– kg. 1 di Pomodori maturi o «pelati» gr. 300 (pelati proprio se…)
– 1 cipolla rossa
– 1 gambo di sedano
– 1 carota
– Olio d’oliva
– Parmigiano grattato
– Sale e pepe
Preparazione
Si acquista la trippa già lavata e bollita, cioè precotta, a Firenze si trova ovunque, soprattutto dai venditori di lampredotto o presso il macellaio di fiducia. Attenzione, la trippa buona non è quella bianca come un cencio, ma quella giallognola, bollita e lavata vecchio stile e non passata nello sbiancante per farla “bella”.
Se la trippa è ben lavata e prebollita non significa che non convenga lavarla ancora.
Qui,subito all’inizio, ci sono due scuole di pensiero, chi la spurga e chi no. Spurgarla significa fargli fare “l’acqua”. Per chi vuole spurgarla conviene tagliarla a listarelle e poi metterla a cuocere da sola sino a che non produce l’acqua, procedimento da ripetere anche due volte. Nella realtà secondo me non è conveniente, l’acqua che la trippa produce, se ben lavata, è sapore che viene gettato se eliminata. Io non la spurgo.
Nel frattempo preparate gli odori, cioè carota, sedano e cipolla facendo un trito da far rosolare in olio per buoni venti minuti. Una variante interessante è privarla della carota e del sedano ed usare solo la cipolla. Il gusto è eccellente ed è più robusto dato che si sottrae il dolciastro della carota a fronte di una maggior intensità della cipolla.
La trippa a striscioline viene quindi aggiunta al soffritto e insaporita per circa 10/15 minuti girandola continuamente perchè non attacchi.
A questo punto aggiungete i pomodori sbucciati o in alternativa 300 gr. di pelati (lascio a voi immaginare che cosa è meglio), salate e pepate. Riducete quindi la fiamma bassa bassa, aggiungete acqua a coprirla e proseguite la cottura lenta lenta con il coperchio mezzo aperto perchè ritiri l’acqua. Se non l’avete spurgata ci sta che l’acqua prodotta sia già di per se sufficiente. La cottura si otterrà in circa 1 ora, ma se l’acqua è ancora abbondante potete prolungarla. Personalmete ritengo un’ora insufficiente e sono arrivato a cuocerla anche due ore e secondo il mio parere la trippa migliora notevolmente. L’acqua non deve sparire, il sughetto è cosa buona e giusta soprattutto per scarpettare a trippa finita. Devo dire che a me l’eccesso di cottura e il “colloso” che ne deriva non dispiace affatto.
A questo punto potete servirla con una abbondante spolverata di parmigiano grattugiato e poi deliziarvi due volte dato che non mancherà un sicuro bis.
Nota: Articolo pubblicato il 28 febbraio 2017, revisionato il 01 aprile 2018.
“Chi s’attrippa s’attroppa.” Adagio popolare italiano che sta ad indicare che se cominci a mangiare la trippa non setteresti piu’. Il termine “trippa”, comunque, non indica solo l’intestino animale, ma anche quello umana. In effetti, questo termine sta ad indicare la pancia in generale. “Guarda che trippa che ha quello” indica un uomo panciuto. Nel Regno di Napoli, sotto gli Aragonesi, vi era un detto spagnolo molto simpatico: “Hombre de panza, hombre de importanza”.
Buona trippa a “tripponi” e non.