Terza parte
Badia di Ripoli o San Bartolomeo
La Badia di Ripoli o San Bartolomeo, si trova nella piana di Ripoli.
In questo territorio abitato dagli Etruschi, della loro presenza si trova conferma nei reperti rinvenuti in luogo. In seguito abitato dai romani, con un piccolo insediamento diedero vita al paese di Bagno a Ripoli fornito di un impianto termale.
Dopo qualche secolo, precisamente nell’anno 574 giunsero nella Tuscia i Longobardi, dopo la loro conversione al cattolicesimo. I nuovi arrivati si diedero a bonificare il Pian di Ripoli con l’aiuto dei monaci Basiliani. Secondo Scipione Ammirato storico e genealogista, la Badia fu fondata intorno all’anno 718 dal nobile Longobardo Adonald Duca della Liguria Governatore della Toscana e dal di lui figlio Atropald.
Venne fondato un monastero con una chiesa dedicata a San Bartolomeo (apostolo e martire scuoiato vivo) su un terreno detto “Recavata” ossia terreno recuperato e bonificato dalle paludi. Il 14 luglio del 790 i discententi dei fondatori; Atroald, Adonald e Adopald con un documento da loro sottoscritto cedettero il monastero di San Bartolomeo ai monaci Benedettini. La prima badessa di questo monastero femminile fu Euphrasia nipote di Adonald.
Nell’XI secolo i monaci Vallombrosani, ordine monastico fondato da Giovanni Gualberto, si stabilirono nella Badia di Ripoli e nel monastero di San Salvi. Con l’alluvione del 1178 che sconvolse il Mugello e la valle dell’Arno, ci fu il crollo della chiesa primigenia. I Vallombrosani la ricostruirono con con forme romaniche, nello stesso tempo riuscirono a salvare la cripta sottostante della antica chiesa longobarda. La grande alluvione del 1333 sommerse il Pian di Ripoli sommergendo la cripta della Badia. Per evitarne il crollo, venne riempita di terra e sassi, rimanendo inagibile per molti secoli.
Quando la Lega Guelfa si apprestava a combattere i Ghibellini aretini nella battaglia di Campaldino, nella quale Firenze e i suoi alleati risultarono vincitori, vennero innalzate le insegne di guerra sulla Badia, ma era un diversivo per ingannare gli aretini. l’esercito dei Guelfi mosse verso Arezzo attraversando l’Arno più avanti.
Dopo l’Unità d’Italia il monastero della Badia, fu assegnato alle Suore Addolorate dei Servi di Maria dedite all’insegnamento e all’istruzione popolare. Nel monastero nel 1886 si stabilirono le Suore della Provvidenza e della Immacolata Concezione. Nella Rosa dei Venti, si trova ad oriente.

Notizie della mia famiglia abitante per molti anni nel popolo della chiesa di San Bartolomeo
I miei nonni materni si sono sposati in quella chiesa durante una licenza avuta dal nonno bersagliere nella Grande Guerra. Anche i miei genitori e i miei zii materni vi si sono sposati e hanno abitato in via di Ripoli fino agli anni ‘60 del secolo scorso.
Dopo la prima Guerra Mondiale, mio nonno che faceva il fornaio, si trovò senza lavoro. Per mantenere la famiglia imparò a fare il calzolaio. Divenne così bravo nel confezionare le scarpe da essere il fornitore per le monache. In quell’edificio religioso prettamente femminile, vi potevano entrare solo i fornitori.
Le suore facevano scuola solamente alle bambine insegnandoli, oltre a leggere e a scrivere, impartivano, come si diceva allora, economia domestica, cioè gli insegnavano a cucinare, riparare e confezionare abiti, ed a ricamare. Mia mamma ha fatto li le elementari imparando a cucire abiti, sua sorella oltre alla scuola ha imparato a fare la ricamatrice. Mio zio materno ha suonato il clarino per molto tempo nella banda di Badia a Ripoli. Un ricordo di quando ero bambino, mia nonna nella settimana precedente la Santa Pasqua, mi portava a visitare la Badia e a battere la mazzetta di San Giuseppe sugli altari delle cappelle. Scendevamo nella cripta per vedere le antiche tombe.

È un refuso , ho confuso gli avvenimenti nello scrivere. Grazie, correggo.
Mi scusi tanto, ma c’è un errore madornale quando scrive che la Badia fu riaperta al culto nell’agosto del 1746….e diseguito scrive “quando la lega guelfa si apprestava a combattere i ghibellini aretini nella battaglia di Campaldino…” Essendoci un errore di più secoli, pregherei l’autore di correggere l’errore.