Per chi avesse perso la prima puntata.
Per chi avesse perso la seconda puntata.
Per chi avesse perso la terza puntata.
Per chi avesse perso la quarta puntata.
Per chi avesse perso la quinta puntata.
Per chi avesse perso la sesta puntata.
Per chi avesse perso la settima puntata.
Per chi avesse perso la ottava puntata.
Per chi avesse perso la nona puntata.
Durante il viaggio di ritorno dall’Olimpiade di Roma del 1960, per la partita esibizione, successero degli episodi che mi sono ritornati alla mente, nello scrivere questi ricordi.
Come ho detto in precedenza, al Corteo del Calcio in Costume, avevano riservato un treno speciale per i viaggi di andata e ritorno. I calcianti erano tutti insieme in un vagone, facevano una festa fra loro e non volevano essere disturbati, con la minaccia di fare degli scherzi atroci a coloro che vi si fossero avventurati. Radio Firenze, aveva mandato un radiocronista per raccontare la trasferta, fare interviste tra i protagonisti, da trasmettere durante il Gazzettino Toscano radiofonico. Questa persona provò gentilmente a chiedere il permesso per entrare nel vagone dei calcianti per fare delle interviste. In un primo tempo gli venne negato l’ingresso, poi lo fecero entrare. Riuscì a fare qualche intervista, ma sul più bello venne spogliato lasciato in mutande e rimandato negli altri vagoni fra gli urli e le risa dei presenti.
Partimmo alla mezzanotte del giorno stesso in cui eravamo arrivati, con il caldo feroce di agosto, la partita e le due sfilate. La stanchezza era tanta e si faceva sentire. Negli scompartimenti dei vagoni, ognuno di noi cercava di chiudere gli occhi per riposare almeno un poco malgrado il rumore del treno ed il caldo. Nello scompartimento dove con alcuni amici cercavamo di riposare, eravamo in sei o sette persone. O trascorso la notte seduto con la testa appoggiata alla spalliera del sedile. Due più fortunati, avevano potuto distendersi sui sedili e dormivano beatamente. Un’altro con molta fantasia e coraggio, si era arrampicato sulla retina porta bagagli e riusciva a dormire alla meno peggio.
Alle cinque del mattino dopo, il treno stava per raggiungere la stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Passando vicino al rione di Bellariva in periferia sud, uno di noi, scostò la tendina che copriva il finestrino e disse: Ovvia siamo arrivati! Quello che dormiva nella retina porta bagagli, si sveglio di soprassalto. Con un salto arrivò alla portiera di uscita del vagone tentando di aprirlo. Fu solamente grazie alla prontezza di spirito, di colui che stava vicino all’uscita, se non riuscì a mettere in pratica ciò che voleva fare.
Arrivato alla stazione, scesi dal treno dal treno, e salutati i miei amici e i dirigenti mi avviai a ritirare la mia bicicletta lasciata in deposito. Arrivai casa dei miei nonni stanchissimo e con un mal di testa micidiale. Dormii tutto il giorno, alzandomi solamente a mangiare.
Negli anni sessanta e settanta, quando le partite si disputavano in piazza della Signoria, gli spugnaioli delle squadre (erano adibiti a rinfrescare e a passare la spugna “magica” sulle botte prese dai calcianti), non essendoci le famose cassette con il pronto soccorso, riempivano un secchio di metallo con l’acqua presa dalla fontana del “Biancone”.
Avevo fatto amicizia con un calciante di parte Verde, ci prendevamo in giro dicendo che la sua squadra avrebbe vinto la finale contro i Bianchi per i quali facevo i tifo. Io rispondevo che avrebbero perso loro. Così facemmo una scommessa. Quello che avrebbe perso sarebbe stato tuffato nella vasca del “Biancone”. Parlai di questa sommessa con un calciante bianco, lui mi rassicurò sull’esito della partita, promettendo che avrebbe gettato il calciante verde nella fontana. La finale venne vinta per l’ennesima volta dai Bianchi, il mio amico venne preso dagli avversari e gettato nell’acqua, fra le risate del pubblico.
Quando hanno riportato il Calcio in Costume, nella sede storica di piazza Santa Croce, per qualche anno la finale del Torneo è stata disputata in notturna, abolita definitivamente nel 1978 con la famosa rissa in campo e la carica della polizia sulle tribune dei tifosi. Tre anni prima eravamo nel cortile della caserma dei Marescialli e Brigadieri, pronti a muoverci per sfilare e raggiungere il campo di gioco. Quel giorno si disputava anche la finale di Coppa Italia calcio fra la Fiorentina ed il Milan, per ingannare il tempo prima di partire, avevo in mano la mia radiolina ed ascoltavo la partita. Quando arrivò l’ordine di partenza del corteo, misi la radiolina nella tasca interna della toga, e mimetizzando il filo dell’auricolare, riuscii a seguire la radiocronaca. Mentre facevamo l’ingresso in campo per il saluto al Magnifico Messere, girandomi verso le tribune, vidi il pubblico esultare e gridare a gran voce. Avevo spento la radio, così non sapevo che la Fiorentina aveva vinto. Quando riuscii a capire quello che stava dicendo il pubblico, feci un saltello e agitai il braccio in segno di giubilo.
Era una delle prime, se non la prima giocata in notturna in Santa Croce. Una sera di settembre. Aveva piovuto per tutto il pomeriggio, il rischio di non disputare la partita molto alto, eravamo tutti ai magazzini a Novoli pronti a prendere gli autobus per andare a Santa Maria Novella. Il Direttore del Corteo aveva riunito i capi gruppo. La decisione finale presa all’unanimità era, appena fosse cessata la pioggia partire senza indugio e raggiungere il posto di partenza, e iniziare la sfilata. Finalmente la pioggia smise di cadere il vento spazzò le nuvole e così prendemmo li autobus. Raggiungemmo Santa Maria Novella, ed ci mettemmo in moto per raggiungere il campo di gioco. Il campo era al limite della praticabilità, era costellato da enormi pozzanghere dove i nostri piedi affondavano. Piano piano i gruppi prendevano il loro posto per il saluto ala Magnifico Messere. Arrivò per il mio gruppo il momento di entrare. Il fango ci tratteneva le scarpe ad ogni passo. Venne il mio turno. Entrai sul pantano, le scarpe affondarono, mi trovai prigioniero della melma. Cercai disperatamente di fare un’altro passo, ma il piede non si toglieva da quella colla. Provai a spingere per liberarmi. Niente! risultato? stavo per cadere in una pozza! Mi sentivo perso, quando ormai sbilanciato stavo cadendo a terra, venni superato dai Sergenti degli Otto. Due di loro mi videro in difficoltà, mi presero sotto braccio, alzandomi da terra poggiandomi su un terreno più solido, evitandomi una brutta figura.
Molti anni dopo eravamo nei chiostri di Santa Maria Novella. pioveva a dirotto, il Direttore del Corteo ed il Presidente e Capi Gruppo, stavano discutendo sul da farsi. Eravamo d’accordo nell’aspettare che smettesse di piovere per non sciupare gli abiti, le armi e le insegne. Infatti verso le sedici del pomeriggio cessò di piovere e il cielo tornò sereno. Il Direttore dette l’ordine al Maestro dei Musici, di far suonare lo squillo di partenza. Il Corteo uscì dai Chiostri e al rullo dei tamburi, iniziò a camminare verso il sabbione di Santa Croce. Nell’attesa di formare lo schieramento per il saluto alla voce, qualche Capo Gruppo andò a vedere come si presentava il campo di gioco. Era una palude. La pioggia aveva trasformato la piazza in un immenso pantano, c’era il rischio di cadere del fango! Conciliabolo fra tutti i responsabili per decidere cosa fare. Alla fine venne deciso di entrare nella piazza. Entrarono i primi gruppi con circospezione per non cadere. Entrarono gli Archibusieri, e dopo qualche istante uscì uno di loro che era caduto nel fango. Era bagnato e coperto di fango! I Capi Gruppo rimasti fuori, parlarono fra loro per prendere una definitiva decisione. Entrare e rischiare altre cadute, o rimanere fuori e spezzare il corteo con il rischio di essere denunciati alla Commissione Disciplina? La maggioranza decise di entrare. Ero ancora indeciso sul da farsi. chiamati i miei vice, comunicai loro l’intenzione di non entrare per lo schieramento, per salvaguardare le persone e i costumi indossati.
Quando il Direttore seppe del mio rifiuto, mi minacciò di denunciarmi alla Commissione per il mio rifiuto ad entrare nel campo. Ma non feci fare nessun passo ai miei figuranti, assumendomi tutta la responsabilità della decisione.
Il giorno seguente ricevetti una telefonata dal Direttore, mi invitava a scrivere un rapporto sul mio rifiuto di entrare in campo. Promettendomi eventualmente di portarmi davanti alla Commissione. Mi misi all’opera scrissi con parole mie che la decisione l’avevo presa per salvaguardare i miei compagni, e la salvaguardia dei costumi del gruppo, e che la responsabilità del rifiuto di entrare in campo, l’avevo presa consigliandomi con i miei vice. Letto il mio rapporto il Direttore mi fece una bella lavata di capo. Dicendomi; Questa volta si accontentava di quanto avevo scritto, promettendomi alla prossima disubbidienza di punirmi.