Quante volte al giorno durante una conversazione ci troviamo a dire “mandami una mail” o “giramelo su whatsapp”? Anche parlare con un personaggio famoso ormai non è più un problema, chiunque è raggiungibile tramite posta elettronica.

Cosa accadeva invece quando non esisteva la rete, quando i computer e gli smartphone non erano neanche lontanamente immaginabili?

A Firenze, un personaggio a caso, tal Cosimo I de’ Medici, istituì una specie di canale diretto con chiunque avesse qualcosa da comunicargli.

Accanto al portone del Palazzo degli Uffizi, in Via Lambertesca, troviamo ancora oggi la “Buca delle suppliche”, una antesignana buca delle lettere in cui, attraverso una fessura, i fiorentini potevano inserire la loro lettera con le richieste più disparate da fare al Granduca; si andava dalla raccomandazione, alla richiesta di aiuto, dalla denuncia di un vicino disonesto alla richiesta di denaro.

Qualunque richiesta i fiorentini avessero da porre a Cosimo, poteva essere inserita nella Buca delle Suppliche.

Era il Granduca poi, che leggeva le varie richieste e sceglieva quali soddisfare, quali accantonare e quali altre ancora degnare solo di una risposta di cortesia. Attraverso questo sistema, semplice ma assolutamente innovativo per l’epoca, il Granduca mostrava ai cittadini la sua magnanimità, e la gente non poteva non notare la sua attenzione verso i più bisognosi.

Questo ingegnoso sistema ebbe così tanto successo che tutti i Granduchi Medicei dopo Cosimo hanno continuato ad adottarlo.

Quando, con Gian Gastone de’ Medici, finisce la dinastia medicea, il potere come si sa finisce nelle mani degli Asburgo Lorena; Pietro Leopoldo fece realizzare nella facciata di Palazzo Pitti una “Buca delle lettere segrete”, oggi visibile, dopo un restauro che l’ha riportata alla luce (era stata intonacata), intagliata in una lapide di marmo su una pietra della facciata.

Come quella degli Uffizi, anche questa Buca serviva per le missive indirizzate al Granduca, che aveva espresso il desiderio di venir informato personalmente di tutte le vicende, pubbliche o private, che riguardavano i suoi sudditi.

Dietro la lapide di marmo vi era una cassetta di legno, posta in una stanza segreta, di cui si può vedere la porta in una delle pareti affrescate del Museo degli Argenti.

Pietro Leopoldo si chiudeva nella stanza segreta, leggeva le lettere al riparo da sguardi indiscreti e, una volta a conoscenza dei fatti in esse narrati, riponeva le lettere in un’altra stanza, cui l’accesso era permesso soltanto a lui, formando un piccolo archivio.

Questa stanza veniva chiamata la stanza degli scandali.

Gabriella Bazzani
Raccomandata espressa per il Granduca!
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