Giovanni Panerai

Gli italiani hanno una grande qualità, per taluni scambiata per difetto, la fantasia; la capacità di immaginare e trasformare la fantasia in realtà. Poi hanno anche un grande difetto, scambiato per taluni per virtù, si lasciano comprare sempre da chi non possiede altrettanta fantasia. La Panerai nata dalla fantasia di un uomo fiorentino adesso è Svizzera dal 1997, assorbita dalla, allora, Vendôme Group.

All’inizio non esistevano le famose Officine Panerai, ma un negozio di orologeria che Giovanni Panerai aprì nel 1860 in fronte al ponte alle Grazie. Un negozio dove trovare i migliori orologi dell’epoca, ma non solo, dove trovare anche una scuola di orologeria in cui formarsi con uno dei migliori orologiai dell’epoca. All’interno del negozio si cominciò la realizzazione di quei piccoli meccanismi che alimentano i segnatempo, una meccanica di precisione che non accetta compromessi.

La prima vera svolta non avviene con Giovanni, ma con il nipote Guido che trasferisce l’attività nel negozio storico, adesso riaperto, in piazza Duomo, nel palazzo Arcivescovile. In quella sede, davanti al battistero, Guido Panerai cambiò il nome dell’azienda in “Orologeria Svizzera”. Il negozio divenne esclusivista per la Rolex ed altre prestigiose marche, ma l’inventiva di Guido non si era esaurita e la voglia di creare qualcosa di personale era decisamente forte. Fu fondata un’altra società che prese il nome di “Guido Panerai officina meccanica”.

Radiomir

Fu il 23 marzo del 1916 che fu depositato il brevetto del Radiomir, una polvere a base di radio che rendeva luminosi in notturna i quadranti degli orologi. Una ricerca e un brevetto che era nato dalla collaborazione delle Officine Panerai con la Regia Marina. Poco prima della 2° Guerra Mondiale. Nel 1936, viene creato l’orologio Radiomir su richiesta della Regia Marina per gli incursori del 1° Gruppo Sommergibili.  furono 10 esemplari, orologi con caratteristiche eccezionali, altamente resistenti agli urti, impermeabili, quadrante luminescente notturno, cinturini impermeabili e di lunghezza sufficiente ad essere allacciati sopra la muta. Un orologio unico nel suo genere, un orologio per persone che affidavano la propria vita alla precisione di un segnatempo.

Non solo il brevetto radiomir si estrinsecò negli orologi, ma le officine Panerai lo applicarono nei sistemi di mira notturni dei cannoni, nei reticoli dei cannocchiali e sul famosissimo MAS il motoscafo armato silurante, una di queste imbarcazioni è conservata presso il Vittoriale.

Mare Nostrum

La storia del Radomir è fatta di evoluzioni e miglioramenti, per esempio nel 1940 la cassa viene ricavata da un unico blocco d’acciaio per ottenere la massima resistenza alle pressioni e alle sollecitazioni. Un’evoluzione che poi sfocia nel 1943 in un nuovo modello Panerai, il Mare Nostrum (nome oggi decisamente svilito) un cronografo di rara bellezza e resistenza.

Luminor 1950

Nel 1949 il Luminor sostituisce il Radomir, sia come brevetto che come orologio. Il radio è sostituito dal trizio (isotopo dell’idrogeno) e il Luminor 1950 è il nuovo orologio di punta della Panerai.

Assieme agli orologi la Panerai produce bussole, profondimetri, torce, il suo nome diventa internazionale e prima la Marina Egiziana e poi quella Israeliana chiedono alle officine segnatempo di precisione.

Il 1972 vede la morte di Giuseppe Panerai e la Panerai cambia la ragione sociale diventando una srl, Officine Panerai. Ciò che era conduzione familiare diventa apertura al mercato e se pur in campo meccanico l’evoluzione e il miglioramento sono costanti l’azienda perde progressivamente il rapporto con il territorio fino alla sua migrazione svizzera. Un pezzo di storia di Firenze che rimane solo storica ma non più economica, un marchio che oggi conta estimatori in tutto il mondo poteva continuare ad essere fiore all’occhiello italiano, fiorentino ed invece è andato perso. Le Officine Panerai come tante altre aziende italiane, nate dalla genialità del singolo e fagocitate dall’ingordigia del multi(nazionali).

Jacopo Cioni
Quando Panerai era Firenze.
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