Firenze le mura, le torri e Porta alla Croce, a sinistra.

Se percorriamo i viali che cingono il centro storico della città di Firenze troviamo il tragitto punteggiato da antiche vestigia che ne occupano le grandi piazze, come il Progetto Poggi, realizzato alla fine dell’Ottocento, aveva previsto: sono le antiche Porte della città. Tutto il percorso corre tra presente e passato quando al posto delle strade che stiamo percorrendo esisteva il giro della cerchia trecentesca della quale rimangono, a simulacro, quasi sperdute sentinelle, le imponenti costruzioni solo di alcune delle Porte di accesso alla città. “La terza cerchia aveva un perimetro di otto chilometri e mezzo, le mura erano larghe due metri e alte undici metri e due terzi, fino alla sommità della rettangolare merlatura guelfa. La sormontavano grandiose porte e settantatré torri di difesa” scriveva il Davidsohn nel suo saggio “Firenze al tempo di Dante”

Seguiamole prendendo le mosse di qua d’Arno, dal Ponte alla Vittoria.

Firenze, Porta al Prato in un dipinto di Fabio Borbottoni *(XIX secolo)
Firenze, Porta a Faenza, in un antico codice

Incontriamo per prima la Porta detta al Prato che prendeva il nome da un esteso manto erboso oltre borgo Ognissanti dove la gioventù di allora si esercitava a giocare alla “palla al calcio” come Benedetto Varchi raccontava nella sua “Storia fiorentina”; imponente anche se isolata, confonde oggi la sua mole nel traffico cittadino. Proseguendo il giro giungiamo alla Fortezza da Basso, il vecchio Forte San Giovanni Battista, voluto nel XVI secolo da Alessandro de’ Medici, una fortezza cinquecentesca possente che a sua volta aveva inglobato nel Mastio una grande porta di accesso delle mura preesistenti dette arnolfiane (costruite tra il 1284 ed il 1333) dal nome dell’architetto che le disegnò, Porta a Faenza, costituita da un’antiporta e collegate con un ponte a tre arcate che scavalcava il Mugnone. Il suo nome pare derivi da un monastero di suore fondato nel 1282 da Santa Umiltà di Faenza, detto anche il Monastero “delle donne di Faenza”. Continuiamo costeggiando parte dei giardini che oggi circondano la Fortezza così come voluto dall’architetto Poggi che sostituirono i fossati e fecero da raccordo con i nuovi viali, e proseguiamo verso Porta San Gallo, al centro di un’ampia piazza, oggi chiamata della Libertà, già Cavour, nome che nel tempo ha mutato proprio perché la toponomastica dal XIX secolo mutava in base agli avvenimenti storici che gli umani ritenevano via via rilevanti mentre anticamente era il territorio e le sue caratteristiche o i mestieri che vi si svolgevano a stabilire la denominazione del luogo. La Porta deve il suo nome alla presenza di una chiesa e di un convento che erano nei pressi, fuori dalla Porta stessa, una porta maestra per il grande traffico di persone e veicoli che l’attraversavano mentre due leoni, scolpiti sulle mensole che la ornano, vegliavano e proteggevano la città.

Firenze, Fortezza da Basso, in un dipinto di Fabio Borbottoni

Prima di giungere alla terza porta incontriamo, al centro del grande viale che lo contorna, il cosiddetto Cimitero degli inglesi, in origine nei pressi e fuori da Porta a Pinti o Fiesolana, un accesso alla città demolito nel 1865 proprio per far spazio ai grandi viali, secondo il progetto Poggi che si richiamava ai boulevard parigini, voluti da un altro architetto innovatore che aveva fatto scuola nel XIX secolo: il barone Hausmann. Percorso il lungo viale entriamo in una nuova piazza occupata da giardini e al cui centro resta la vecchia Porta detta alla Croce. Anche nel passato i nomi erano mutevoli e questa Porta, in base a ciò che raccontano i cronachisti del tempo, si è appellata in modo diverso: Porta S. Candida, dall’ospedale che le sorgeva davanti o alla Croce al Gorgo perché arrivava fin lì un braccio secondario dell’Arno.

Siamo giunti in prossimità del fiume e ci troviamo davanti alla Torre della Zecca Vecchia, il cui nome ricorda il luogo dove venivano coniate le monete fiorentine servendosi dei magli azionati dall’acqua del fiume, un rimasuglio delle tante torri che la Signoria di Firenze aveva deciso di erigere nel 1324 quando “ordinò di fortificare le mura di qua d’Arno con barbacani da farsi al di fuori dei fossi e che ogni 200 braccia di muro si facesse una torre” (Repetti in “Dizionario corografico della Toscana” 1855) alla quale fa da dirimpettaia la bella torre di San Niccolò l’unica che, a differenza delle altre e delle stesse porte, non fu “scapitozzata”. Erano infatti cambiati i metodi di assalto e di assedio, le bombarde avevano preso il posto delle catapulte e pertanto le strutture difensive furono tutte abbassate, solo porta san Niccolò con la sua alta torre non fu abbattuta proprio perché protetta dalla collina retrostante.

Schema della struttura della porta-torre e dell’antiporta

Le porte erano infatti costituite da torri fortificate a base quadrangolare, da un accesso preceduto da un’antiporta fortificata anch’essa, per difendere ulteriormente l’ingresso, costituita da uno spazio chiuso da muri che prevalentemente poggiava su due archi che fungevano da ponte sui fossati.

Siamo così passati di là d’Arno dove una cortina dell’antica cinta si eleva tra olivi e giardini costeggiando il leggiadro parco di Villa Bardini con una muraglia che sale alta e stretta fino al Forte di Belvedere: in basso vi si apre Porta San Miniato che per una stradetta che si snoda sotto le mura conduce a Porta San Giorgio, della seconda cerchia, che prende il nome dalla bella chiesa dedicata al martire cristiano. Porta San Giorgio è la più antica delle ancora esistenti, datata intorno al 1258, ed è la più alta sulla città la cui torre subì anch’essa la scapitozzatura.

Firenze, Porta Romana in un dipinto di Borbottoni

L’antica cerchia quindi scendeva verso la grande Porta Romana che racchiudeva il Borgo di Santo Spirito in Oltrarno ed era anche detta di San Pier Gattolino dal nome di una chiesa in via Romana. Prese il nome attuale solo nell’Ottocento perché da lì iniziava la strada che conduceva a Roma, oggi via Senese. Proseguiamo quindi sul grande viale costeggiando resti di mura e giungiamo a Porta San Frediano: fu aperta nel 1332 su progetto di Andrea Pisano che aveva modificato quello originale di Arnolfo di Cambio. Si chiamò anche Porta Pisana ma fu più conosciuta come Porta Verzaia a ricordare nel toponimo il verdeggiare di orti e giardini.

Firenze, Porta San Frediano, pala di Filippino Lippi

Abbiamo così concluso il giro “in visita” a ciò che rimane della antiche mura con le loro strutture difensive, ma vogliamo affidare alla storia e alle parole dei cronachisti e degli storici la possibilità di immaginare e ricostruire dai loro racconti la città perduta e provare a figurarci e la Firenze delle origini, quella romana, e quella della cerchia antica cantata da Dante e quella della cerchia trecentesca o arnolfiana della quale abbiamo percorso il perimetro.

Porte e postierle di Firenze (seconda parte)

Salvina Pizzuoli
tuttatoscana.net

Firenze: porte e postierle (prima parte)

Porte e postierle di Firenze (prima parte)

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