Pomeriggio del 25 aprile vengono aperte le prigioni dei detenuti fascisti, Pietro Koch esce, è libero.

Si taglia i suoi baffetti e si schiarisce un po’ i capelli e fugge da Milano dopo aver recuperato una macchina e le pistole regalatagli dal Generale Maeltzer come riconoscimento alla causa nazifascista per ciò che ha fatto a Roma.

La “Banda Koch” ha arrestato, torturato e ucciso partigiani, antifascisti, comunisti, oppositori, ma anche fascisti come quelli della divisione Muti per i loro traffici illegali, è quindi inviso ai fascisti, anche per aver indagato su Borghese e Farinacci e altri gerarchi, anche le SS non lo vedono di buon occhio. Per sapere, conoscere, fermare, arrestare i nemici del regime usa ogni mezzo e i suoi “metodi” funzionano ed oltre alle invidie, si procura anche appoggi e simpatie nei due regimi.

Per paura di essere fermato dai partigiani si libera dell’arma e infatti viene fermato per ben due volte per controllo da gruppi partigiani diversi. Dice di essere Ariosto Ballarin e di volersi recare a Como per salutare la vecchia madre, in realtà ha in mente di fuggire in Svizzera. I partigiani gli credono e gli procurano un lasciapassare.

Koch però riflette e capisce che prima di arrivare in Svizzera a Como potrebbero riconoscerlo o fermarlo al confine. Allora cambia idea decide di nascondersi. Prima andrà a Firenze dalla sua amante Tamara Cerri per poi andare con lei a Napoli e fuggire all’estero.

Ma quando arriva scopre che sia la madre che la sorella sono state fermate dalla polizia per farsi rivelare il suo nascondiglio. Anche Tamara è stata arrestata mentre si recava in una calzoleria in via Pietrapiana, viene seguita fino all’albergo del Turismo nella speranza che riveli il nascondiglio del suo amante e poi arrestata.

Ma Pietro Koch con la sua faccia tosta e la sua freddezza si reca in questura, si finge un partigiano e rivela al commissario di sapere che la madre e la zia del torturatore sono già state arrestate in nord Italia e che l’amante dello spietato torturatore Tamara Cerri è reclusa qui a Firenze. Firenze, città dove ha conosciuto il consigliere spirituale della banda Don Ildefonso Epaminonda Troya, dell’Ordine dei Benedettini Vallombrosani e vice parroco di Santa Trinità in Firenze. Città dove aveva conosciuto la formazione creata dal famigerato Maggiore Carità, specializzata nella caccia ai partigiani e di cui l’intera Toscana era terrorizzata. Alle imprese della banda Carità il Koch si ispirò  andando anche oltre al peggio.

Il suo piano è probabilmente prendere in consegna la donna, sfruttando la confusione del momento, ma il commisario non riesce ad acquisire dove la Cerri possa essere finita. Alle strette e temendo che la donna possa essere torturata Koch svela al povero commissario la sua vera identità. Da principio il poliziotto rimane sbigottito, poi gli punta la pistola e gli intima di alzare le mani. Per confermare la sua identità, viene convocato l’ex autista dell’aguzzino che è detenuto alle Murate, un ex convento medievale, poi carcere e oggi complesso edilizio popolare sito in via Ghibellina. Koch arrestato, chiede di essere trattato come ufficiale dei Granatieri e come ex questore di Milano, gli viene risposto che verrà trattato come Pietro Koch. E’il primo giugno del 1945 il criminale viene trasferito subito a Roma.

Il gravoso compito di difendere Koch viene dato all’avvocato antifascista Federico Comandini che si definisce: “Non il difensore di Pietro Koch, ma la difesa personalizzata a tutela della civiltà”. Comandini afferma: “C’è un mito Koch e una realtà Koch, solo la realtà Koch deve pesare sul piatto della bilancia. L’assassino è l’arma della tirannide, la giustizia è l’arma della libertà. Pietro Koch è un prodotto del clima fascista, un fungo velenoso. Ma è più colpevole la mano che ha gettato il sasso e si nasconde, o la mano che apertamente lo scaglia?”

Nonostante la strenua difesa di Comandini Koch è ritenuto colpevole. Articolo 5 del d.l. 27 luglio 1944 numero 159 articolo 51 del Codice Penale militare di guerra. Ha collaborato con il nemico e viene condannato a morte, ha solo 27 anni. Gli viene concesso di vedere un’ultima volta Tamara Cerri con la madre e la moglie Enza Gregori.

Il mostro della pensione Jaccarino di via Romagna 38 a Roma, della pensione Oltremare di via Principe Amedeo 2 sempre a Roma, di Villa Triste a via Paolo Uccello a Milano, o di via Tasso a Roma, viene legato di spalle su una sedia e giustiziato per fucilazione a Forte Bravetta.

Di fronte a lui lo aspetta la sua bara con la sigla B 1579. dopo aver baciato la stola del prete che lo ha confessato muore così. Viene accolto dall’urlo silenzioso delle centinaia di vittime che ha ucciso e torturato durante la sua breve ma intensa carriera al servizio del Fascismo e del Nazismo.

Riccardo Massaro
Pietro Koch: da Firenze a Roma cattura e condanna di un fascista
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