Se sentite parlare, come in questo caso, di un eccellente scultore fiorentino chiamato Pierino da Vinci, non siete di fronte ad uno scherzo che gioca sul luogo di provenienza del ben più celebre Leonardo.
Il grande Leonardo ebbe infatti un nipote, eccelso artista anch’esso, il cui nome venne tramandato ai posteri come “Pierino da Vinci”, visto che, come il famoso zio, proveniva dalla cittadina della campagna valdelsana; e se il paesino in provincia di Firenze, che è ormai inscindibilmente legato al nome di Leonardo, non viene ricordato dai più come patria anche di Pierino, è perchè questi, morto in giovane età, non poté dare seguito agli straordinari principi coi quali già si era segnalato come degno erede di tanto parente.
Se vi sembra curioso che Leonardo avesse un nipote di grande abilità in quelle medesime arti in cui lui era massimo artefice, bisogna tenere conto che, non di rado, come si dice, “buon sangue non mente”. Ma ecco come andarono le cose, secondo la narrazione che ce ne fa il Vasari nelle sue Vite.
Bartolomeo, fratello di Leonardo, vista la stupenda riuscita come artista del genio vinciano, il quale era a quell’epoca già morto, non aspettava altro che di prendere moglie e di avere un figlio maschio, speranzoso com’era che gli riuscisse un novello artista.
Sposatosi dunque presto, fu esaudito dal Cielo nelle sue preghiere, che gli mandò l’anno successivo un figlio maschio per l’ appunto. Avuto il quale, aveva deciso, nella speranza che il figlio gli venisse fuori abile quanto il fratello, di mettergli appunto il nome di Leonardo. Senonchè, Bartolomeo fu consigliato dai tutti i suoi parenti a “rifare il padre”, come si dice in Toscana, ovvero a trasmettere al figlio il nome del nonno. Ecco allora che, nato da ser Piero, Bartolomeo impose al figlio il medesimo nome dell’ avo.
Le speranze riposte da Bartolomeo nelle doti artistiche del figlio non devono essere considerate strambe: all’epoca il pittore o l’ artista figurativo in generale, ricavava dalla sua arte l’enorme considerazione, fama e ricchezza che oggi si guadagnano i più importanti fotografi del mondo e anche di più.
Questo Pierino da Vinci, nipote di Leonardo, fu allievo prima del Bandinello già collaboratore di Leonardo, ma successivamente, poiché poco questo maestro gli giovava, fu messo a bottega del Tribolo, scultore e scenografo famoso e di grande valentia.
Fra le non moltissime opere, sebbene tutte di segnalata bellezza, che egli realizzò, ce n’è una da ricordare: essendosi Luca Martini, suo amico e protettore (era egli infatti personaggio importante, quale Provveditore della città di Pisa) messo a scrivere un commentario sopra la Commedia di Dante ed avendo per caso mostrato a Piero la crudeltà usata dai Pisani e dall’ Arcivescovo Ruggeri nei confronti del Conte Ugolino della Gherardesca, il nostro fece una storia in bronzo che raffigura questa scena. In questa opera, mostrò – il Vinci – Ugolino che brancica i corpi dei suoi due figli distesi morti, mentre gli altri due sono raffigurati presso allo stremo. Raffigurò i personaggi in riva ad un fiume, che indica l’ Arno, poichè la Torre della Fame in cui furono rinchiusi è da esso poco distante.
Bellissima invenzione fu anche l’ aggiungere in alto una vecchia ignuda, magrissima e spaventosa, che rappresenta appunto la Fame.
Dice il Vasari che tale fu la riuscita di questa storia che “non meno mostrò il Vinci in questa opera la virtù del disegno che Dante ne’ suoi versi mostrasse il valore della poesia“.
E veramente l’arte perse, con la morte di Pierino, un’ artista che, secondo quanto aveva mostrato fino ai ventitré anni che visse, avrebbe potuto, vivendo più a lungo, diventare un secondo Leonardo.