Chiariamo prima di tutto che non si tratta di un articolo a sfondo razziale, si perchè oggi come oggi beccarsi di razzista o fascista è un secondo. Raccontiamo un personaggio fiorentino, uno come tanti e che in un determinato periodo era divenuto famoso per il suo comportamento bizzarro. Come vengono presi per le mele i genovesi, noti per la loro tirchieria, allo stesso modo e per lo stesso motivo vengono presi per le mele gli ebrei che hanno fama similare. Noi fiorentini poi siamo cosi bastardoni non solo da accoltellare il mal capitato, ma anche di girare il coltello nella ferita per perseverare nello scherzo e lo nello scherno.
Il cappello era dovuto perchè oggi vi parlo di un personaggio famoso al Campo di Marte, area la Filarocca, ma solo per chi ha buona memoria dato che si ragiona di un periodo di tempo di circa 40 anni fa.
Non volendo far il nome reale per evitare questioni sgradevoli lo chiamerò con un nome fittizio in maniera non sia riconosciuto. Chiamiamo il nostro personaggio Quattrolenghi.
Il Signor Quattrolenghi era professore universitario di lettere a Firenze e viveva in quel di Campo di Marte con la moglie ed una figlia purtroppo malata in termini neurologici. Da sottolineare che il signor Quattrolenghi non era indigente, moglie e marito lavoravano entrambi ed inoltre aveva notevoli proprietà immobiliari in città e sulla costa lucchese.
Il signor Quattrolenghi è diventato famoso per il suo comportamento tirchio. Gli episodi che citerò sono a se stanti ed hanno lo scopo di inquadrare il soggetto e la sua famiglia e quindi evidenziare il motivo per cui veniva chiamato l’ebreino e perchè è rimasto famoso nella memoria delle persone che lo conoscevano. L’ebreino era una persona secca secca, rifinita e vestita d’inverno con un cappottone nero che lo copriva due volte, schivo e dotato del classico borsellino a scatto che apriva sotto il naso per cercarvi le monete di cui necessitava.
La famiglia abitava contemporaneamente due case, una nell’area suddetta nell’estate e si trasferiva nell’altra abitazione presso San Marco, nel periodo invernale. La strategia era attuata perché in nessuna delle due abitazioni era presente il riscaldamento e la casa perso San Marco risultava più calda e vivibile durante l’inverno.
Moglie e marito vestivano abiti vecchi, talvolta logori e decisamente non freschi di bucato, ed entrambi avevano una caratteristica, il marito indossava sempre una coppola vecchia e logora oltre che sporca e la moglie indossava un paio di scarpe che erano almeno tre misure, se non quattro, sopra il suo piede, rigorosamente da uomo, forse del marito e data la dimensione gli ciottolavano ai piedi mentre camminava.
I negozianti locali conoscevano molto bene l’ebreino e la moglie, infatti le loro compere rispecchiavano la sua intrinseca tirchieria. Il barista era colui che per primo la mattina aveva il piacere di salutare la famigliola. Moglie e marito ordinavano un caffè lungo che veniva ben zuccherato e bevuto per il 50% dal marito, poi veniva chiesto di allungarlo con l’acqua e entrambi, moglie e marito, estratte delle croste di pane dai sacchetti le inzuppavano nel rimanente per far colazione.
Le compere presso il fruttivendolo e il macellaio erano sullo stesso stile. In pizzicheria mai comprato più di 50 g. di tonno e ben sgocciolato che mangiavano in tre. La carne, fettine massimo da 75 g. sempre mangiate in tre e quando capitava che la fettina veniva tagliata di 80 g. faceva togliere l’eccesso, e la frutta? Una bella mela sempre in tre. Questa era la loro spesa giornaliera. Famoso rimase un acquisto che sorprese tutto il rione. Una mattina in macelleria furono chieste due fettine di carne da 150 g. La situazione lasciò il macellaio con il coltello a mezz’aria, ma servì l’ebreino di tutto punto come sempre. In pochi minuti si sparse la voce che forse avevano gente a cena, una cosa che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Qualcosa però doveva essere andato storto perchè il giorno dopo l’ebreino si ripresentò per restituire una delle due fettine che non era stata consumata e per riavere indietro i soldi. Il macellaio, armato di pazienza, restituì il denaro e volò la fettina nella spazzatura.
Tutti nel rione lo conoscevano ed ovviamente lo prendevano in giro. Tutti lo vedevano la sera tornare con l’automobile e una volta parcheggiata aprire il cofano e mettere il proprio cappotto sul motore per poi recuperarlo il giorno dopo. A che pro si chiederanno la maggior parte di voi. Forse perché nel sistema di raffreddamento non c’era il liquido anticongelante, ma semplice acqua che rischiava di congelare nella nottata.
Insomma il signor Quattrolenghi era talmente tirchio che nell’intero rione era diventato una macchietta; come non poteva accadere una cosa del genere, poi a Firenze, dove lo scherzo e la burla sono di casa.
Riportando alla luce questa storia abbiamo voluto scherzare e farci una risata, ma non poi tanto considerando che questi estremismi di comportamento si trovano comunemente come si trovano slanci in senso opposto.
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Non ho mai sentito una storia del genere, ma se é vera é veramente disgustosa. Mi aspettavo che il pezzente del racconto fosse andato a recuperare la fettina di carne nel secchio della spazzatura del macellaio.