L’origine della parola risale al Medioevo. Quando un uomo moriva, per certificarne la morte si chiamava il “medico condotto”. Questi, per essere certo dell’avvenuto decesso, aveva un unico mezzo a disposizione: infliggere dolore al deceduto.
La prassi seguita era quella di mordere l’alluce del defunto che, nel caso fosse stato ancora vivo, gli avrebbe provocato un dolore tale da farlo urlare o perlomeno muovere.
Questa figura assume sempre maggiore importanza, fino a divenire un vero e proprio mestiere. La figura del beccamorto (o becchino) si sviluppa nel Medioevo perché proprio in quel periodo si diffuse l’usanza di fingersi morti per scappare ai creditori.
Nella maggior parte dei casi erano le banche a soffrire di questa singolare usanza, e siccome avevano tutto l’interesse ad eliminare il problema, studiarono una soluzione che potesse risultare efficace. Venne ideata la figura dell’ispettore, che aveva la funzione di controllare che il debitore fosse effettivamente morto e, non avendo conoscenze mediche, trovarono un’adeguata alternativa nel mordere l’alluce del defunto. Per cui, se fino a quel momento il termine veniva associato ai medici, nel Medioevo il beccamorto diventa una vera e propria professione.
Esiste poi una storiella, di stampo boccaccesco, che racconta di come questo mestiere veniva tramandato da padre in figlio. Accadde però che uno dei beccamorti più famosi non riuscì a concepire un figlio maschio e domandò alla chiesa la dispensa per poter tramandare la professione alla propria figlia, la quale, ricevuta la benedizione, iniziò il suo lavoro di beccamorto. Fatalità volle che il suo primo morto fosse un uomo al quale un carro aveva tranciato entrambe le gambe; la ragazza non sapeva dove mordere ma, alla fine, non si perse d’animo e prese una decisione… E fu così che nacque una nuova professione!