Siamo in Piazza Santa Trinita, e diamo le spalle alla chiesa. Davanti a noi si staglia Palazzo Bartolini Salimbeni, per la cui realizzazione i Bartolini chiamarono un eccellente architetto, Baccio d’Agnolo, spendendo un vero patrimonio intendendo, con quel palazzo, superare in importanza gli Spini, i Gianfigliazzi, i Buondelmonti, le cui case si trovavano proprio tutto intorno. Ma quel progetto non raccolse il consenso della critica Firenze.
Il palazzo si ispira all’architettura romana contemporanea di stampo raffaellesco: è chiaro il rimando nelle colonne ai lati del portale, nelle finestre quadrate sormontate da timpani triangolari, nel bugnato agli angoli dell’edificio. Anche il cortile interno, decorato a grottesche, è un tocco di “modernità” che all’epoca poteva facilmente scandalizzare.
Proprio per queste audaci soluzioni architettoniche, Baccio d’Agnolo fu bersaglio di aspre critiche da parte dei fiorentini. In tutta risposta e in pieno accordo con lo spirito per niente sobrio dei proprietari, fece scolpire sulla porta l’iscrizione Carpere Promptius Quam Imitari: “criticare è più facile che imitare”.
La famiglia nobile dei Bartolini Salimbeni, di origine senese, nella sua impresa raffigura tre papaveri racchiusi in un anello, accompagnata dal motto di famiglia “Per non dormire”. Si narra che la ricchezza della famiglia sia dovuta alla furbizia di uno dei suoi membri.
Sapendo che il giorno successivo sarebbe arrivato un prezioso carico di lana dal Nord, non essendo certo di riuscire ad assicurarsene l’acquisto, mise fuori combattimento i suoi concorrenti offrendo loro un sontuoso banchetto, durante il quale fece loro bere del vino in cui era stato disciolto dell’oppio, ricavato dai papaveri.
La mattina seguente i mercanti dormirono fino a tardi, ancora preda degli effetti della sostanza stupefacente e il Bartolini invece, che non aveva bevuto, si alzò di buon’ora e riuscì ad acquistare tutto il carico di lana, traendone guadagni enormi.
Il motto “Per non dormire” è dunque proprio a ricordo di questo fatto, stando a significare che, essendo sveglio quando tutti invece dormivano, ha avuto modo di sbaragliare la concorrenza (seppur con mezzi non propriamente leciti…) Si tratta – ovviamente – di una leggenda, inimmaginabile il fatto che il Bartolini abbia potuto drogare i suoi avversari, oltretutto vantandosene in modo così esplicito, senza che nessuno lo abbia linciato!
Una versione meno divertente, ma forse più vicina alla realtà la possiamo trovare negli scritti di Frate Ildefonso di San Luigi, che a proposito della famiglia Salimbeni dice: ”l’impresa della famiglia Salimbeni, che sono tre papaveri fioriti, legati insieme in un mazzetto, col motto PER NON DORMIRE, fu assunta dalla famiglia Salimbeni fin dall’anno 1338, quando Benuccio di Giovanni Salimbeni, avendo inteso essere venuto a Portercole un ricchissimo mercatante di Sorìa, per caricare le più preziose merci, specialmente di seta, che vi avesse trovate, si portò colà rapidamente sacrificando il sonno ed il riposo e comprò fra drappi e opere fatte di drappi, per centotrentamila fiorini d’oro. Tornato al chiasso Renaldini, che ora si dice chiasso Largo, aperti molti traffichi, introdusse in Siena l’Arte della Seta“.
Il motto secondo il Frate fa allusione “alla sollecitudine di Benuccio nel prevenire e preoccupare nella compra quel mercatante forestiero, con indicibile vantaggio di tutta la provincia sanese“.
Trasposto ai giorni nostri, “Per non dormire” si può tradurre nel più prosaico “Chi dorme non piglia pesci”.
Il motto “Per non dormire”, insieme all’impresa con i papaveri, si trova inciso sia sul Palazzo Bartolini Salimbeni in Piazza Santa Trinita, che su Palazzo Bartolini Torrigiani in via Porta Rossa, ed è intarsiato sul pavimento della Cappella Bartolini Salimbeni nella chiesa di Santa Trinita.
Nel Palazzo Bartolini Torrigiani ha sede oggi il Grand Hotel Porta Rossa.
Una nota di colore: secondo Gabriele D’annunzio, che se ne appropriò, “Per non dormire” stava a significare l’insonnia creativa che aveva caratterizzato il suo periodo maggiormente prolifico.