“Non smettere mai di prestare attenzione a ciò che ti circonda, non dare mai nulla per scontato e non aggrapparti a delle convinzioni.” E’ la frase che mi ha seguito fin da subito, detta e ripetuta da coloro che nel passato sono stati i tutori della mia formazione professionale. Poi, ho scoperto e fatta mia una frase di Albert Einstein che ho eletto a premessa di quello che leggo, scrivo, faccio.
. “Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.”
Alla risposta, banalmente ovvia, per i fedeli, si può aggiungere anche un generico per i cittadini ed avremmo il quadro completo delle possibili risposte. In realtà anche se sono possibili variazioni da zona a zona, si può dare una risposta più dettagliata, individuando un’elenco dei principali segnali che legano il suono delle campane a particolari e specifici momenti della vita quotidiana sia religiosa che laica.
La parola campana viene fatta derivare da “aera campana” od anche “vasa campana” che erano entrambi indicativi dei catini emisferici prima in bronzo e poi in terracotta prodotti nella zona di Napoli (che appunto è in “Campania”). Similmente anche la campana che suona fu chiamata come il vaso.
Pur avendo origini antichissime, una leggenda racconta che la campana con il batacchio all’interno sarebbe stata introdotta da san Paolino vescovo di Nola nel V secolo. Comunque, solo nell’VIII-IX secolo le chiese e le pievi incominciarono a essere dotate di campane che videro affinarsi nel tempo, la tecnica dei fonditori, le differenze di suono anche fra zona e zona ed i segnali associati al suono delle campane codificati dalla popolazione ed ancora attuali.
Sono strumenti particolarissimi, generalmente di bronzo, lega i cui elementi chimici sono i metalli di rame e stagno. Questo articolo è rivolto alle campane di chiese e campanili del centro storico della nostra città alla riscoperta di un significativo e ricco patrimonio artistico e dei suoni che ancora ci accompagnano nella quotidiana vita cittadina. Suoni che nel passato rappresentavano una sorta di “orologio”, scandendo i momenti più importanti del lavoro, della pausa, del ritorno a casa, la sera. Suoni che oggi non siamo più abituati ad ascoltare, a riconoscere, sempre più sopraffatti da tanti altri rumori comunque tipici delle città.
Le campane che con le loro storie suscitano ancora curiosità le troviamo generalmente distribuite nel centro storico. Parleremo solo di quelle che che presentano alcune caratteristiche storiche curiose e non sempre conosciute da tutti.
Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Sul ballatoio della cupola esistono due piccole campane che possono suonare tramite una corda tirata dal piano terra. Una, chiamata Campana delle Messe suona solo la domenica per la messa solenne e per tutte le messe officiate dall’Arcivescovo. L’altra, detta di Parte Guelfa, suona solo quattro volte l’anno: Giovedì Santo, la notte di Pasqua, lo Scoppio del Carro e la notte di Natale. Attualmente questa campana non può suonare per un problema di carattere tecnico. Esistono altre due piccole campane, esterne alla chiesa ma, entrambe, sono inutilizzabili.
Campanile di Giotto. E’ la torre campanaria della Cattedrale. Ospita 12 campane: 5 antiche dismesse più un gruppo di sette attive per il servizio liturgico. Le 5 campane dismesse sono le più antiche e tra queste si ricorda la maggiore, detta l’Apostolica, realizzata nel 1405, attualmente posta sul pavimento della cella campanaria. Le presenti: Campanone. I rintocchi giornalieri si odono alle 7, a mezzogiorno, alle 23 e 24 ed all’ ”ora di notte”, cioè alle una. Suona nei doppi (rintocchi alternati) del Giovedì Santo, di Pasqua, Natale e del Patrono, nella processione del Corpus Domini, per l’elezione del Papa e dell’Arcivescovo. Suona anche alle 23 del Martedì Grasso per annunciare l’imminente fine del Carnevale ricordando il divieto di “mangiar di grasso” (carne). Per questo di diceva che la campana suonava “a carne”. Misericordia. Anticamente chiamava i fratelli della Misericordia per effettuare “servizi ai poveri, malati e morti”. Se suonava due volte, “a caso”, l’intervento era urgente, mentre se suonava tre volte, “a morte”, l’intervento si era concluso tragicamente. Suona anche quando muore un Capo di Guardia dell’Arciconfraternita, dopo mezzogiorno, per tre volte, a brevi intervalli. Tale suono è detto a “ciccia fredda” in quanto riferito ad un corpo ormai senza vita. Una singolarità non liturgica di questa campana era il suono delle 11,30 in quanto si riferiva agli operai che stavano costruendo la cupola, per avvertirli a non iniziare a preparare altra calcina, considerato che a mezzogiorno ci sarebbe stata la pausa per il pranzo. Un modo sicuramente particolare ed economico per evitare che la calcina preparata, una volta seccata, risultasse inutilizzabile. Nessuna delle altre campane che compongono il gruppo di sette: Apostolica (nuova), Assunta, Mater Dei e Immacolata hanno caratteristiche particolari. Fa eccezione l’Annunziata per i “doppi con il Campanone.
Bargello. Al fianco del Palazzo del Bargello, troviamo una torre alta 57 metri detta Volognana. Nella cella campanaria, una grande campana chiamata “la Montanina”, così chiamata perché presa dal castello di Montale (Pistoia), come trofeo di una battaglia che vide la vittoria di Firenze. A causa di una incrinatura, il suono non fu più lo stesso, situazione che fu ritenuta di cattivo auspicio. Dopo la sconfitta di Firenze in una battaglia nei pressi di Altopascio da parte delle milizie lucchesi di Castruccio Castracani degli Antelminelli (1325), suonò quasi sempre in occasioni funeste: per richiamare i giovani alle armi, per annunciare esecuzioni capitali, o in caso di tafferugli con feriti e morti per annunciare il coprifuoco notturno. Dopo lunghi periodi di silenzio suonò a mezzanotte del 1899, per salutare il nuovo secolo, l’11 agosto 1944 per la liberazione di Firenze e nel 1966 per annunciare l’alluvione. Per l’utilizzo nelle situazioni più drammatiche, i rintocchi della campana dettero origine a un modo di dire usato per una persona che parlava male di tutti: “Ha la lingua lunga come la campana del Bargello; quando suona, suona sempre a vituperio”.
Torre di Arnolfo La torre di Palazzo Vecchio è alta 95 metri e poggia su di una torre precedente detta della Vacca. Nella sua cella campanari a si trovano tre campane una delle quali batte le ore del giorno. Una delle altre due, detta anche la campana “grossa” ha preso il posto della campana del Popolo, ed è stata battezzata (1615) con il nome di Santa Maria del Buon Consiglio. La terza, la più piccola fu prima chiamata la “Tojana” dal castello di Tojano in Val d’Era, preda di guerra nella lotta contro Pisa. Successivamente fu detta “degli Uffizi”, perchè indicava l’orario delle adunanze negli uffici, nelle magistrature, le ore del lavoro e della pausa per mangiare. Questa campana viene erroneamente confusa con la Martinella che la storia colloca sul carroccio, un grande carro a quattro ruote recante le insegne cittadine attorno al quale si raccoglievano e combattevano le milizie dei comuni medievali. Il carroccio (in Lombardia ed in Toscana) era rappresentativo delle autonomie comunali e della Libertà. Catturata insieme al Carroccio dai Senesi nella tragica battaglia di Montaperti, non è mai stata restituita a Firenze nonostante che nel periodo di pace che ne seguiva era abitudine “cavalleresca” restituirla.
San Marco. Nella cella campanaria del Campanile costruito sotto la guida di Michelozzò era anticamente presente una campana che successivamente fu detta la Piagnona, campana che per le curiosità storiche che la contraddistinguono merita un racconto più approfondito. Intanto, Piagnone, sul dizionario indica chi piange o si lamenta continuamente. Così erano chiamati i seguaci del Savonarola, il frate domenicano che i Medici avevano chiamato in quanto avevano visto in lui il giusto predicatore per riportare ordine. La storia racconta che dopo poco tempo Savonarola iniziò una guerra accanita contro la Chiesa stessa, tanto da giungere ad accusare il Papa, di corruzione ed immoralità. L’inizio delle sue prediche erano segnalate con il suono della campana e, per questo, la stessa fu chiamata Piagnona come i seguaci del frate. A battezzarla con questo nome furono i molti antagonisti del frate, oppositori del rigore dei costumi imposti ed anche fautori del ritorno dei Medici che nel tempo erano stati costretti a lasciare Firenze. Nella notte della Domenica dell’Olivo, 8 aprile 1498, il Savonarola venne arrestato all’interno del convento, nonostante la Piagnona avesse suonato a stormo per dare l’allarme e chiedere soccorso ma in quel frangente, fu abbandonato dalla maggior parte dei suoi seguaci e catturato, fu rinchiuso nella Torre d’Arnolfo. Interrogato, processato e torturato fu condannato alla forca e, dopo l’impiccagione, il suo corpo venne dato alle fiamme in Piazza Signoria. La campana indicata come simbolo del frate e delle sue prediche, fu fatta precipitare dal campanile e caricata su di un carro fu trascinata e presa a frustate per le vie di Firenze. Ma non fu sufficiente e fu condannata all’esilio forzato. Scortata fuori dalle mura venne collocata sul campanile di San Salvatore al Monte presso i frati che erano stati avversari dello stesso Savonarola. Una successiva ordinanza della Signoria decretò che la Piagnona, rea di alto tradimento e nemica della patria fosse bandita dalla città per cinquant’anni. I dispiaciuti frati domenicani di San Marco ne chiesero la restituzione che avvenne il 5 giugno 1509. Rimase sul campanile della chiesa di San Marco fino al 5 giugno 1908 quando fu messa a riposo, per vecchiaia e sostituita con una copia. L’originale è attualmente visibile nella Sala Capitolare del Convento di San Marco.
A conclusione del nostro breve racconto sulle campane più illustri di Firenze il non dimenticato aneddoto sulla risposta di Pier Capponi a Carlo VII che pretendeva una grossa somma di denaro per non recar danni alla città. Non essendo d’accordo sulla entità della somma, Carlo VIII lo minacciò dicendo: ” allora noi suoneremo le nostre trombe”. A questa minaccia Pier Capponi rispose con decisione: “Poiché si domandano cose sì disoneste, voi sonerete le vostre trombe e noi soneremo le nostre campane.“
A fronte di questa risposta Carlo VIII non potendo accettare la prospettiva di una lunga lotta, fu costretto a moderare le sue richieste, concludendo un trattato più giusta con la repubblica fiorentina.
Ho apprezzato molto il bellissimo articolo sulle campane di Firenze!!!
Grazie. Continui sempre a leggerci!
Grazie del bellissimo articolo sulle campane di Firenze! Complimenti!
E’ stato un piacere! I complimenti sono sempre graditi.