Via Albertinelli
Mariotto Albertinelli nacque a Firenze nel 1474 da Biagio di Bindo Battiloro e da Vittoria Rosani. Lasciò presto, sui ventanni, il laboratorio del padre per dedicarsi alla pittura. Fu a bottega da Cosimo Rosselli e qui strinse una grande amicizia con Baccio della Porta, futuro Fra’ Bartolomeo.
Secondo il Vasari, l’affetto di Mariotto per Baccio era tale che egli avrebbe anche indossato, come l’amico, l’abito domenicano, solo che, diciamo così, il suo temperamento non era molto in sintonia con i frati e tanto meno con il Savonarola. Mariotto seguì quindi Baccio quando egli ritenendosi ormai un maestro aprì una bottega in proprio.
Per qualche tempo l’Albertinelli lavorò presso i Medici ed ebbe la protezione di Alfonsina sposa di Piero de’ Medici, ma i dipinti di questo periodo sono andati perduti.
Dopo l’allontanamento dei Medici da Firenze il nostro tornò da Baccio che influì moltissimo sulla sua evoluzione artistica. L’Albertinelli si impegnò al massimo nell’imitare l’arte del compagno e come dice il Vasari “era da molti presa la mano di Mariotto per quella del frate”.
Nell’arco del tempo l’Albertinelli risentì anche dell’influenza del Perugino e di altri pittori come Ridolfo del Ghirlandaio e della pittura fiamminga del XV secolo per il realismo paesaggistico.
Dal 1509 le opere dell’Albertinelli tornano nuovamente a risentire l’influsso forte di Fra’ Bartolomeo poiché il convento di San Marco promuove l’apertura di un laboratorio, dove i due lavoreranno insieme dividendo spese e ricavi.
Mariotto, anima irrequieta, ci riserva ancora delle sorprese perché a un certo punto, come ci racconta sempre il Vasari, si stufa dei tormenti della pittura e delle lingue mordenti degli altri pittori e si cimenta in una diversa arte aprendo “ una bellissima osteria fuor della porta San Gallo et al Ponte Vecchio al Drago una taverna et osteria”… e quivi ogn’ora si sentiva, avendo buon vino, lodare”. Un tondo in terracotta in via Dante Alighieri a Firenze ricorda questa sua impresa.
Tornerà alla pittura e lavorerà, pare, anche a Viterbo e a Roma, ma, di questi suoi lavori non c’è più traccia. A Roma si ammalerà e volle tornare a Firenze dove morì il 5 novembre del 1515. Fu sepolto in quella che fu la Chiesa di San Pier Maggiore.
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La Redazione