Un tempo, prima che la Repubblica Fiorentina facesse eseguire i lavori di arginatura e le opere difensive lungo la riva del fiume, l’Arno dilagava nella campagna, si divideva formando due rami, tra i quali restava una lingua di terra, una specie di piccola isola, che prese il nome di Bisarno, che ha il significato di doppio Arno (bis-Arno). Nel terreno paludoso, l’acqua che ristagna forma pozze che sotto il sole appaiono lucenti come lame d’acciaio, ed ecco l’origine del nome Via delle Lame, che attraversa tutto il piano del Bisarno.
La strada ha una storia antica, lungo il suo corso vi sono delle ville ed un Borgo esistenti fin dal Quattrocento. Diverse illustri famiglie fiorentine avevano case e terreni in questa zona, ad esempio i Cavalcanti, i Barducci, i Bardi, gli Alberti.
In Via delle Lame, all’angolo col Viuzzo che porta lo stesso nome, delle Lame, si trova una villa, che ho scoperto di recente, in quel poco tempo che il maltempo ha concesso ad una passeggiata. Sulla facciata si trova una targa, che riporta il nome “Villa Barberina”, ma in passato si chiamava l’Arnino o Villa Arnina. Mi ci è cascato l’occhio perché, sull’alto muro di cinta, si trovano a decorazione tre statue in terracotta, ed un busto.
In origine sembra si chiamasse “Il Limbo”, forse in contrasto con alcune zone limitrofe, conosciute come Inferno e Paradiso.
La costruzione è di inizio Quattrocento, ed apparteneva ai Del Cappa, che avevano case in Firenze nella via che prendeva il nome dall’Albergo del Guanto; in seguito passò ai Nasi, quando nel 1491 Lionarda, vedova di Ser Niccolò del Cappa decise di vendere a Battista di Giovanni Nasi, famiglia che nella pianura di Ripoli aveva importanti possedimenti.
Giusto per la cronaca, alla famiglia Nasi appartenne Bartolomea, una delle amanti di Lorenzo il Magnifico, che per lei aveva una discreta passione, nonostante non si trattasse di una donna particolarmente avvenente. Ne parleremo più diffusamente in un altro momento.
Successivamente, la proprietà della Villa passò ai Pergolini, dopo la confisca dei beni operata su un discendente della famiglia Nasi, poi ai Gherardini e, ad inizio Settecento, agli Altoviti che la ricevettero in pagamento di crediti vantati nei confronti dei Gherardini.
A metà dell’Ottocento fu acquistata dallo svizzero Enrico Stupan, il titolare del Caffè Elvetico, in Mercato Vecchio, nel quale artisti di ogni genere amavano ritrovarsi: “…orefici, cesellatori, gioiellieri, gettatori di metalli, lavoratori di brillanti, scultori, modellatori, pittori sbozzatori, tutti tipi schiettamente fiorentini, tutta gente allegra, spensierata, italianissima, pronta di lingua e, capitando il bisogno, anche di mano.
Da questo caffè uscivano per il solito quei motti arguti, quegli epigrammi a due tagli e quelle satire corte e affilate, come rasoi, che passando di bocca in bocca, facevano il giro di tutte le case, di tutti i crocchi o di tutte le brigate, senza che nessuno arrivasse mai a poterne indicare con precisione il nome dell’autore: lampi spontanei e collettivi dell’antico spirito fiorentino.” (Carlo Collodi, Occhi e nasi).
Il cortile della villa è rinascimentale, una volta con un portico a tre arcate, su un solo lato, che oggi risulta murato. L’alto muro su cui si trovano le statue in terracotta, delimita un giardino pensile, che mi sarebbe proprio piaciuto riuscire a vedere, ma… era troppo in alto!
Bisogna accontentarsi di una veduta satellitare, anche se certo non rende l’idea…
Purtroppo, l’addensarsi di nere nuvole promettenti un’altra bomba d’acqua, mi ha impedito di continuare la mia passeggiata, per ora… ma non può piovere sempre!
Grazie! 🙏🙂🙂🙂🇮🇹🇮🇹🇮🇹