Corso dei Tintori va da piazza Cavalleggeri, su cui si apre la Biblioteca Nazionale, a via de’ Benci. Sulla destra a circa un 1/3 della via si apre via Antonio Magliavecchi che porta in Piazza santa Croce. Sulla sinistra a circa a 2/3 della via si apre Volta dei Tintori, una stretta stradina che prende il nome dalla volta che sovrasta il suo ingresso da Corso Tintori, e che arriva sino al Lungarno delle Grazie.
In origine la strada si strutturò appena fuori dalla Porta ai Buoi, presente nella prima cerchia delle mura, a cominciare dall’anno 1100. Prendeva il nome di Borgo dei Tintori, mantenuto per 70 anni dopo l’inizio della sua formazione per poi passare al definitivo nome di Corso dei Tintori al momento che fu inglobata nelle mura di Arnolfo. Più precisamente assunse questo nome quando 1331 fu organizzato per la prima volta il “palio bianco”, ripetuto poi ogni 12 giugno per la festa di Sant’Onofrio. Ovviamente il palio bianco è meno conosciuto del Palio alla Lunga o alla tonda, ma possedeva una sua dignità e vi gareggiavano non solo i cavalli, ma anche gli asini e i muli, cioè quelle bestie che giornalmente erano impiegate dai tintori per trasferire in città i loro tessuti.
Ovviamente il nome della via nasceva dalla presenza di un’intensa attività di tintori che sfruttavano la vicinanza dell’Arno sia per l’approvvigionamento idrico, sia per liberarsi di prodotti di scarto della lavorazione. Consideriamo che prima della realizzazione del Lungarno delle Grazie Corso dei Tintori era raggiunta da prese d’acqua strutturate in cateratte e canaletti che raggiungevano la via, e altrettanti rivoli, macchiati dalle più varie tinte, si ributtavano in Arno.
Fu nel 1300 che si arrivò alla massima concentrazione di queste botteghe che tingevano lane e sete. Ovviamente l’aria non era certo salubre in quel periodo dato l’uso dell’urina per il fissaggio dei colori, l’odore si diffondeva ovunque ed era un fetore nauseabondo.
Nella pianta di Stefano Buonsignori del 1594, qui sulla destra, si può apprezzare Corso Tintori già strutturata per come è ancora oggi, senza ovviamente la Biblioteca Nazionale che sarà costruita a partire dall’anno 1911.
Al posto della Biblioteca Nazionale nel 1280 era presente uno ‘spedale con relativo oratorio intitolato a Sant’Onofrio (che poi si sposterà in via dei Malcontenti) di cui si occupava la Corporazione di Tintori. La corporazione nasce proprio per l’importanza che questo lavoro rappresentava per Firenze, la produzione di tessuti di cui la città era famosa. Si sviluppò fino a raggiungere il suo massimo splendore nel 1378.
Nella stessa area nei primi anni del 1500 vi era una casa, oggi ovviamente scomparsa, dimora del Rosso Fiorentino. Fu in questa abitazione che progettò il cartone dell’Assunzione di Maria nel chiostrino dei Voti della Santissima Annunziata.
Dal 1500 in poi le botteghe dei tintori cominciarono a chiudere per l’evoluzione del “mestiere” e delle tecniche e il corso cominciò una riqualificazione che portò anche alla realizzazione di palazzi di prestigio.
Al civico 3 ritroviamo Palazzo Guasconi la cui famigli ricoprì svariati ruoli pubblici nell’amministrazione della città.
Sul canto tra Corso dei tintori e via Magliavecchi si staglia Palazzo Doni, eretto alla fine del 1400 per il matrimonio celebrato tra Agnolo Doni con Maddalena Strozzi. Su questo palazzo ci sarebbe molto da scrivere, se non altro per l’attività artistica di personaggi come Raffaello e Michelangelo, senza tralasciare i Fenzi, che restaurarono l’edificio. Una parte di restauri ci furono anche quando il palazzo passò al giornalista Raffaello Foresi che non solo vi lasciò il famoso aforisma: “Amici, nemici – parenti, serpenti – cugini, assassini – fratelli, coltelli.” ma anche le targhe di riconoscimento agli artisti suddetti.
Una chicca particolare sul palazzo, sempre opera di Foresi, ci è stata fatta notare da Riccardo Posarelli e si trova sugli architravi delle finestre che si affacciano su Corso Tintori. Osservandoli da sinistra a destra vi sono rappresentati dei volti che a seguire sono, un satiro, una divinità classica con ali, un uomo con maschera, un uomo baffuto con turbante, un uomo con baffi, un uomo egiziano, ed in fine un uomo con occhiali.
Al civico 6 vi è Palazzo Corsini ai Tintori, eretto nel 1867. Al civico 7 Palazzo Jennings Riccioli, nota pensione tra 800 e il 900. Al civico 19 e 21 troviamo Palazzo Bombicci Pontelli costruito alla fine del 1400. Al civico 23 e 25 si riconosce Palazzo Ricasoli Scroffa. Al 29 Palazzo Bargagli attuale sede della Confcommercio di Firenze.
Una attenzione particolare riservo al civico 33, Casa dell’eremo di Camaldoli, un edificio in vero piuttosto modesto, caratterizzato dalla Volta dei Tintori, e che nel 1700 era pertinenza dell’Eremo di Camaldoli. Lo testimonia lo stemma costituito da due pavoni che bevono dallo stesso calice posta sopra il bandone del fondo. L’attenzione deriva da due puntualizzazioni, una pubblica ed una privata. La prima è che il palazzo è menzionato da Vasco Pratolini nel romanzo “Metello”, la seconda è che il garage, oggi Florence Parking Tintori, era in tempi passati lo stallaggio della mia famiglia, quando il mio bisnonno Pasquale Cioni, fiaccheraio, affittava cavalli e carrozze per uso pubblico e privato. Un incendio prima e una infezione dei cavalli poi lo costrinsero a ricostruire la sua vita senza più lo stallaggio.
Al civico 35 ritroviamo Ex-teatro dei Concordi, palazzo chiamato cosi per la presenza di un teatro attivo dal 1650 e chiamato con questo nome nel 1839 per poi diventare nel 1914 la sede della locale Camera del Lavoro. Al civico 41 ritroviamo nuovamente un palazzo detto Casa dell’eremo di Camaldoli, presente un’insegna come quella del civico 33 con in più la data di possesso del palazzo, 1707.
Termina il Corso con due imponenti palazzi senza un civico in quanto di pertinenza di via dei Benci. A sinistra il Museo Horne, che consiglio di visitare in quanto contenente la collezione dall’antiquario inglese Herbert Percy Horne rappresentante la dimora fiorentina rinascimentale. Ed a destra Palazzo Mancini risalente al 1300.
