“Non smettere mai di prestare attenzione a ciò che ti circonda, non dare mai nulla per scontato e non aggrapparti a delle convinzioni.” E’ la frase che mi ha seguito fin da subito, detta e ripetuta da coloro che nel passato sono stati i tutori della mia formazione professionale. Poi, ho scoperto e fatta mia una frase di Albert Einstein che ho eletto a premessa di quello che leggo, scrivo, faccio. “Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.”
“Pedro”
Come spesso accade, la mia curiosità su persone o situazioni particolari nasce dal leggere quotidiani e riviste che fanno parte, ormai da tempo, della mia quotidianità. Ho letto su “Oggi” di qualche tempo fa un articolo sul mistero della morte di Mussolini che il giornalista ipotizza essersi suicidato con una capsula di cianuro e solo successivamente fucilato. L’articolo parla anche di Pedro, che partecipò, solo in parte, a questo particolare evento storico. Sugli eventi che seguirono, invece, non ho documenti e neppure intenzione di intervenire e/o commentare in alcun modo. La mia curiosità è solo ed esclusivamente rivolta a questo particolare personaggio.
Pierluigi Bellini delle Stelle nasce a Firenze il 14 maggio 1920. E’ un nobile blasonato con il titolo di Conte, iscritto ufficialmente nell’elenco della nobiltà italiana, insieme al padre Ernesto ed alle sorelle Maria Luisa ed Eleonora. All’età di 6 anni, si trasferisce con la famiglia a Pistoia dove il padre, colonnello dell’esercito, è destinato.
In questa città, Pierluigi frequenta le scuole locali fino al ginnasio presso il liceo classico Forteguerri. Gli amici pistoiesi ed i compagni di scuola lo hanno sempre ricordato come un ragazzo semplice che non “ostentava” i suoi titoli nobiliari, modesto, intelligente e culturalmente preparato. Nel settembre del 1936 la famiglia si trasferisce nuovamente a Firenze andando ad abitare al Ponte al Pino, in via Pacinotti nei pressi della Stazione di Campo Marte e Pier Luigi prosegue e termina gli studi per poi laurearsi in giurisprudenza.
Si convince a partecipare alla lotta partigiana dopo l’armistizio dell’8 settembre, nel ricordo delle notizie dei rastrellamenti e delle fucilazioni e, soprattutto, per la vista dei prigionieri ammassati nei carri bestiame diretti in Germania e per le violenze verso chi cercava di rifocillare quei disgraziati nei vagoni che sostavano alla stazione di Campo Marte. “… Mi convinsi così che mi sarebbe stato impossibile rimanermene con le mani in mano ad attendere la salvezza e la liberazione da altri, che era una questione di dignità umana prendere parte attiva… l’acquiescenza specie in simili tragici eventi in cui è in giuoco il destino dell’umanità stessa, diventa complicità». Dopo una visita alla sorella Eleonora insegnante a Gravedona, sul lago di Como, grazie al suo aiuto, riesce a contattare i partigiani locali del distaccamento Giancarlo Puecher Passavalli che, in seguito, andranno a formare la 52ª Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Clerici”. Nei primi di giugno del 44, Pierluigi Bellini delle Stelle, col nome di battaglia di “Pedro” inizierà concretamente a dare il suo «…contributo alla lotta di Liberazione, il cui scopo finale era quello di riscattare la pesante ipoteca della guerra perduta» .
Il suo campo di battaglia è il monte Berlinghera, una vetta delle Alpi Lepontine sulla sponda occidentale del lago di Como. Una esperienza fatta di scontri, di eroismi, di notti estive ed invernali, di lunghe giornate passate nascondendosi nei boschi. Mesi che fanno emergere il suo coraggio e le sue non comuni doti che lo porteranno prima al comando del distaccamento Puecher e poi a tutta la 52^ brigata. Il passaggio dal possibile anonimato della Resistenza partigiana alla grande storia è puramente casuale.
Il 26 aprile 1945 Pedro scende, insieme a 7 uomini, a Domaso, sul lago, per acquistare del tabacco e dalla radio e dalla gente in festa, viene a conoscenza è in atto l’insurrezione. Chiama altri uomini ed insieme anche ad alcuni popolani armati, contando sula sorpresa, occupa Dongo. Il 27 aprile attraverso i canali clandestini giunge la notizia dell’arrivo di un convoglio lungo circa un chilometro, composto da 38 camion, oltre 200 soldati della FlaK, (FlugabwehrKanone, la contraerea tedesca) e da alcune auto italiane, con a bordo, presumibilmente, numerosi fascisti in fuga. Pedro, mobilitati anche gli abitanti della zona, fingendo di avere a disposizione un numeroso gruppo armato, a Musso, a pochi chilometri da Dongo, blocca la strada con dei grossi tronchi e si reca a trattare con il comandante della colonna il capitano Hans Fallmeyer a cui comunica di consentire ai tedeschi di proseguire verso Merano, ma solo dopo esser stati perquisiti ed aver consegnato i fascisti.
Senza essere visto, Mussolini trasborda dall’auto blindata nascondendosi in fondo al pianale di un camion tedesco vestito con un cappotto ed un elmetto da sottufficiale della Wehrmacht. Il convoglio viene scortato a Dongo e dopo una ispezione di tutti i veicoli vengono arrestati i gerarchi fascisti insieme a Mussolini smascherato da Urbano Lazzaro, Bill. Pedro, seguendo quanto previsto dalle clausole dell’armistizio di Cassibile che prevedevano la consegna del Duce, vivo, agli alleati in attesa di decisioni in merito, e temendo per la sua incolumità, lo trasferisce nella caserma della Guardia di Finanza di Germasino, un paesino sopra Dongo. Passata la mezzanotte, due vetture con a bordo Mussolini, la Petacci, Pedro ed altri partigiani si dirigono verso Brunate, un piccolo paese sopra Como, per nasconderli in una baita. Giunti a Brenno, tornano indietro rendendosi conto che è troppo rischioso andare avanti. Pedro vuole comunque tentare di mettere “in salvo” Mussolini e dopo aver contattato un rappresentante del Comitato di Liberazione, decide di provare a trasferire i due prigionieri a Blevio, sulla sponda opposta a pochi chilometri da Como nella villa super protetta dell’industriale Cademartori.
Purtroppo nel porticciolo di Moltrasio non c’è la barca che doveva traghettarli. Intorno alle ore 3.00 di notte del 28 aprile, Mussolini e la Petacci vengono alloggiati a Bonzanigo una frazione di Tremezzina (oggi Tremezzo), presso una famiglia fidata. Nel pomeriggio dello stesso giorno (28 aprile), arrivano a Dongo, Walter Audisio, “colonnello Valerio”, ufficiale del Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà (CVL), Aldo Lampredi, “Guido”, ispettore del Comando Generale delle Brigate Garibaldi, uomo di fiducia di Luigi Longo e quattordici partigiani agli ordini del comandante Alfredo Mordini, “Riccardo” e di Orfeo Landini, “Piero”. Il colonnello Valerio dopo avergli comunicato i lusinghieri apprezzamenti di tutti i comparti istituzionali per la brillante operazione militare che ha portato a termine, lo informa di aver avuto l’ordine di fucilare Mussolini e gli altri prigionieri. Dopo aver preso visione delle credenziali, Pedro gli consegna ufficialmente i prigionieri, ponendo termine, con questo atto, alla sua partecipazione alla lotta partigiana. Le successive vicende con il loro epilogo fanno parte della storia italiana, anche se molte domande non hanno avuto ancora risposta.
Terminata la guerra, smessa la divisa partigiana, l’avvocato Pierluigi Bellini delle Stelle torna per qualche tempo a Firenze poi, dal 1952, si trasferisce a Como e si sposa con Miriana Berio, sorella del musicista Luciano Berio. Dopo essere stato addetto stampa dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), ricoprirà l’incarico di è funzionario addetto alle pubbliche relazioni della SNAM a Metanopoli nel comune di San Donato Milanese. A chiamarlo a ricoprire questo incarico è Enrico Mattei, esponente di primo piano del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) e grande manager pubblico dell’ENI.
Nel 1957, Pedro torna alla ribalta, durante il mega processo celebrato a Padova per stabilire che fine avesse fatto “l’oro di Dongo”, i beni sequestrati sia al Duce che a tutti i gerarchi, familiari compresi. Nella sua deposizione del 21 maggio, Bellini conferma che i valori inventariati sono quelli realmente confiscati ai fascisti poi consegnati a Michele Moretti e da questi affidati al Comando Generale Partigiano. Bellini fece così crollare la montatura contro la Resistenza e i comunisti e il giornale “L’Unità” esce con un titolo a sei colonne: «Con la deposizione del partigiano Pedro crolla la montatura sul tesoro di Dongo».
Passa gli ultimi anni di vita nella casa di Radicondoli, nel senese, e muore il 25 gennaio 1984 a San Donato Milanese.
Il avendo lavorato negli anni ’60 alla Snam di San Donato Milanese, quasi ogni giorno vedevo il Conte Bellini delle Stelle perché lavoravamo entrambi al piano terra del medesimo Palazzo di vetro .
Il Bellini faceva però parte della Società capogruppo ENI spa.
Vi chiedo cortesemente di autorizzarmi il copia-incolla dell’articolo anche perché si parla del famoso processo dell’oro di Dongo a proposito del quale una trentina di anni fa io ebbi direttamente dall’Avvocato Enzo Costa che in quel processo difendeva il Capo del Partito Comunista di Como, il parmigiano Dante Gorreri alcune notizie al riguardo. Da più di 40 anni io vivo a Parma e l’Avvocato Costa mi prese a ben volere e mi diede anche anche altre notizie riguardo il regime .
L’Avvocato Enzo Costa mi disse anche che era stato uno dei capi del CLN di Parma dove allora risiedeva anche se era calabrese di nascita .
Resto in attesa di un Vostro cortese sollecito riscontro e con l’occasione ringraziandoVi porgo i miei più distinti saluti.
Votta Amedeo
P.le Charlie Chaplin 15
43125 Parma
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