Il 17 dicembre 1690 un disastroso incendio arse 27 stanze di Palazzo Vecchio. La descrizione di questo accadimento è riportata in un diario manoscritto appartenuto alla Libreria Magliabechiana.
Alle ore 21 di domenica 17 dicembre 1690, in Palazzo Vecchio scoppiò un incendio per colpa della sbadataggine di una serva che, avendo messo il fuoco nel letto, se ne allontanò senza più pensarci e soprattutto senza lasciare nessuno a controllarlo.
In poco tempo divampò un grande incendio, che bruciò 27 stanze situate nella parte della depositeria fino alla strada che si trovava di fronte al Monte del Sale; si salvò per miracolo il salone dei cinquecento, che fu completamente sgombrato per timore che vi arrivassero le fiamme.
Ferdinando de’ Medici accorse prontamente, assistito da molti cavalieri e da carrozze, insieme ai soldati della fortezza e tutto il popolo fiorentino, da cui si fece aiutare per sgombrare “il più prezioso della guardaroba”.
Lo spavento era grande ed il timore che l’intero Palazzo Vecchio venisse distrutto dalle fiamme e che non ne rimanessero più neanche le vestigia, convinse Ferdinando a dare l’ordine di scoprire l’arco del corridoio vasariano su via della Ninna, affinchè, nel peggiore dei casi, il fuoco non attaccasse anche la Galleria degli Uffizi.
Anche il cortile della Dogana ed i magazzini furono del tutto svuotati, facendo portare ai mercanti le loro mercanzie ovunque ritenessero opportuno.
Ferdinando si dette da fare in prima persona per assistere là dove di volta in volta c’era più bisogno e, con tutta la meticolosità adottata, si riuscì a spengere l’incendio soltanto alle sette del mattino.
Andarono perduti molti dipinti famosi, documenti scritti, delle memorie di Cosimo Pater Patriae, oltre ai danni riportati alla struttura del Palazzo, per la distruzione delle 27 stanze.
Si calcolò che il danno ammontasse a circa 120.000 scudi.