Fra la stazione di Santa Maria Novella e il mercato di San Lorenzo c’è un palazzo molto particolare con un nome altrettanto curioso, Palazzo dei Cartelloni. La sua ubicazione precisa è in via Sant’Antonino 11 e il nome corretto è Palazzo Viviani. Le “stranezze” di questo palazzo sono molteplici e questa è la ragione per cui vale la pena farci un articolo. Seguiamo un ordine cronologico.
Innanzi tutto va detto che il palazzo sorge sul terreno dove in precedenza trovavano sede le case della famiglia Del Giocondo. Per capirsi Francesco di Bartolomeo di Zanobi Del Giocondo, per gli amici Francesco Del Giocondo, è colui che sposò, il 5 marzo 1495 in terze nozze, Madonna Lisa Gherardeschi di anni 15 e commissionò, dopo il 1503, a Leonardo da Vinci un ritratto della moglie, ritratto che oggi è conosciuto, appunto, come Gioconda.
Un’altra stranezza peculiare del palazzo è la sua facciata caratterizzata da dei cartigli di notevoli dimensioni che hanno determinato il soprannome del palazzo stesso e cioè palazzo dei Cartelloni. La spiegazione di questo aspetto bizzarro della facciata risiede nella volontà di Vincenzo Viviani di onorare Galileo Galilei. I due erano profondamente legati per motivi professionali, Vincenzo Viviani aveva assistito, come matematico e poi come amico, Galileo Galilei fino alla sua morte nel 1642. Dopo la morte del suo maestro cercò di erigergli un monumento sepolcrale degno del genio galileiano ma l’ambiente clericale voleva tutto meno che celebrare Galileo Galilei, un eretico e “illuminato” personaggio che innumerevoli volte si era scontrato con i dettami cattolici. Per questa ragione Viviani decise di rendere la facciata del suo palazzo un omaggio perenne al suo maestro e commissionò, nel 1690, a Giovan Battista Nelli i lavori di trasformazione.
Furono realizzati i due enormi cartigli scritti in latino che riportano le maggiori scoperte dello scienziato e nel 1610 fu posizionato un busto di Galileo Galilei sopra il portone d’ingresso realizzato da Giovan Battista Foggini il quale ricopiò il busto eseguito in terracotta da Giovanni Caccini. Ai lati del busto due bassi rilievi con due scoperte del grande maestro. Uno riporta l’osservazione con il cannocchiale dei satelliti di Giove per definire la longitudine in mare e l’altro riporta la definizione galileiana del moto parabolico dei proietti.
Un omaggio perenne al grande scienziato che solo nel 1737 fu inumato nel sepolcro monumentale nella Basilica di Santa Croce, sepolcro in cui non solo riposano i resti di Galileo ma anche del fedele discepolo Viviani ormai morto da oltre trent’anni.
Un’altra stranezza del palazzo è ancora nella facciata che sembra di piccole dimensioni per la presenza di due strisce verticali in bugnato. La tecnica del bugnato era usata sugli spigoli dei palazzi ed il fatto di essere usata nella parte centrale della facciata da l’impressione che il palazzo termini mentre invece i due corpi laterali fanno parte del palazzo stesso ma vengono scambiati per edifici attigui indipendenti. Contribuisce a questa impressione anche il fatto che le due ali sono munite entrambe di una porta che mima l’ingresso ad un fabbricato indipendente.
Infine, più che una stranezza una ricorrenza comune a Firenze, la presenza di una buchetta del vino alla sinistra del portone a testimoniare che nel corso del tempo una delle famiglie che ha avuto in possesso il palazzo produceva vino proprio. La buchetta è censita dall’associazione Buchette del Vino come 109. La buchetta risale probabilmente al periodo in cui la proprietà del palazzo era da parte della famiglia Pichi Sermolli.
Come vedete è un palazzo davvero singolare e vale la pena soffermarsi a guardarlo. Ciò che non può essere visto è un piccolo giardino che è stato recentemente restaurato dal Sig. Alessandro Commini e che presenta uno scalone a doppia scala, tipo tenaglia, che porta al livello superiore, oltre che una vasca circolare.