Ogni mattina, andando al lavoro, mi trovo a passare davanti ad un edificio che da sempre mi costringe a pormi la stessa, ripetitiva, retorica domanda: “possibile che debba essere lasciato in stato di completo abbandono?”. La risposta, evidentemente, è sì, visto che sono perlomeno dieci anni che ci passo davanti e che niente cambia, se non in peggio.
L’edificio in questione è la Cappella Rucellai al Lippi. A molti sarà pressoché sconosciuta, immagino, per cui brevemente ve ne traccio una piccola descrizione.
Si tratta di un Oratorio, posto all’incrocio tra Via Perfetti Ricasoli e Via Pietro Fanfani.
Faceva parte del complesso di edifici che comprendeva la Villa Lippi-Macia, demolita nel dopoguerra dal Nuovo Pignone, per costruire al suo posto la mensa della fabbrica.
Oltre alla Villa, c’era un tabernacolo, di grandi dimensioni, che si trovava proprio in mezzo all’incrocio, che nel 2002 è stato restaurato e spostato all’interno dei Giardini del Lippi, per evitare che venisse distrutto da qualche auto (già era accaduto un incidente, con un mezzo che vi era andato a sbattere sopra). Si tratta di un tabernacolo molto antico, risalente ai primi anni del Quattrocento, che una volta aveva sulla sua sommità un gigantesco vaso di terracotta attribuito ai Della Robbia, nel quale crescevano giaggioli.
All’interno del Tabernacolo era presente un affresco della Madonna del Latte, attribuito ad un giovane Paolo Uccello (lo attesta un’antica epigrafe) che, in concomitanza con i restauri, è stato staccato e custodito nella vicina chiesa di Santa Maria Mater Dei.
Torniamo all’Oratorio. E’ più recente rispetto al Tabernacolo, è una struttura risalente al Settecento; venne adibito dai Rucellai a sepolcreto di famiglia, vi vennero infatti inumati cinque membri della famiglia, oltre ad un sacerdote e ad un’altra persona. E’, o almeno era, affrescato da Dinotti dei Lippi, e pare che fossero affreschi di un certo interesse artistico, tanto che l’Oratorio rientra tra i beni storici ed artistici soggetti a tutela.
Nel 1942 il Comune di Firenze espropria la Cappella alla famiglia Rucellai; tuttavia, al suo interno, le funzioni continuano ad essere officiate fino al 1958. Da quel momento inizia la storia del degrado della Cappella. Nel 1962 viene previsto il suo abbattimento per allargare la strada di comunicazione tra Firenze e Sesto Fiorentino. Fortunatamente, un impiegato del Nuovo Pignone, insieme ad altri dipendenti ed alcuni consiglieri di quartiere costituisce un comitato per la salvaguardia della Cappella; presentarono ricorso contro l’abbattimento, ed ottennero facile vittoria, trattandosi di bene vincolato.
Il primo passo era fatto: a questo punto il comitato si attivò per il restauro, ma qui le cose cominciarono a farsi complicate. Per il restauro della Cappella era necessaria una modifica al piano regolatore, ed i tempi si fanno biblici.
Riporto il testo di un articolo de “La Nazione” del 31 agosto 1982, a firma di Rodolfo Gattai:
SALVIAMO L’ORATORIO DEI RUCELLAI
Quale sorte subirà l’antico oratorio Lippi-Rucellai costruito attorno al 1700 (con annessi locali) in quella che è diventata la zona industriale di Firenze? L’oratorio, affrescato da Dinotto dei Lippi, si trova alla periferia della città, in Via Perfetti Ricasoli all’angolo con Via Pietro Fanfani, vicino alla “Nuovo Pignone”. E’ trascurato e fatiscente. Sempre più fatiscente. Pericolanti le strutture dell’intero edificio, il tetto sfondato sopra l’altare, una breccia in una delle pareti esterne. Ma il recupero sembra di là da venire, vicenda emblematica di come vanno certe cose.
C’è anche un dato positivo. Per l’intervento di un comitato messo in piedi da Giorgio Bubbi, un impiegato della “Nuovo Pignone” cultore di cose e memorie fiorentine, l’oratorio intanto è stato salvato dal piccone e dal maglio, sorte atroce decretata dal piano regolatore generale del 1962. Inoltre è stata riaffermata la validità del vincolo di tutela in base alla legge del 1939. Gli elaboratori del PRG condannavano a morte il piccolo oratorio. Il nuovo piano confermava infatti nella sostanza quanto contenuto nella precedente disciplina urbanistica per la città. Variavano solo le motivazioni, diventate più ambiziose: prima del ’62 si voleva semplicemente ampliare la Via Perfetti Ricasoli, mentre con il Prg del ’62 si stabiliva che l’edificio (di proprietà comunale dopo l’esproprio del 1942) doveva sparire per far posto alla grande viabilità di collegamento sulla direttrice Sesto-Prato. Senza tener conto del fatto che l’edificio-oratorio è un bene culturale e come tale vincolato fino dal 1939. In effetti non è un’opera d’arte di primo piano, ma le sue caratteristiche storiche, artistiche ed architettoniche ne impongono la conservazione. Anche se invade la sede stradale.
Forse si pensava di fare il bis della villa di disegno quattro-cinquecentesco esistente vicino alla cappella e venduta dal comune alla Pignone nel primo dopoguerra. Tale villa, per la verità rimaneggiata a fondo, non esiste più: al suo posto sorge la mensa aziendale della “Nuovo Pignone”. In antico in questa zona c’era un piccolo agglomerato: la Villa Lippi e Macia (quella demolita), la cappella Lippi-Rucellai e l’attiguo tabernacolo, in origine quattrocentesco, del Lippi (pure sulla sede stradale), oggi occhiaia vuota in quanto l’immagine sacra che vi era affrescata, staccata, è ora conservata nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Mater Dei. I Rucellai, ai quali la cappella giunse in eredità dopo il 1750, l’adibirono a sepolcreto. Dal 1799 al 1862 vi furono inumati cinque Rucellai, un sacerdote ed una settima persona. Con l’ampliarsi della Firenze costruita, il divieto di seppellire in città fu esteso al Lippi e la cappella non fu più utilizzata a tale fine. Espropriata dal comune, è rimasta aperta al culto fino al 1958. Da allora, l’abbandono.
La grande viabilità prevista dal Prg è sempre allo stato di progetto e l’edificio è rimasto in piedi ma aggredito dal degrado. Ed è curioso che proprio dagli ambienti della “Nuovo Pignone” (che aveva demolito la villa in cambio di un proprio finanziamento al restauro della Badia a Settimo), sia venuta la difesa a oltranza della cappella e del tabernacolo. Testimoni dal loro posto di lavoro della progressiva rovina del complesso, Giorgio Bubbi e altri dipendenti della fabbrica si sono dati un gran daffare.
Per iniziativa di Bubbi, l’anno scorso è nato il numeroso comitato di difesa con un direttivo di cui lo stesso Bubbi è segretario generale e il conte Nicolò Rucellai presidente. Ne fanno parte fra gli altri due consiglieri del quartiere 7, una funzionaria della Soprintendenza ai beni artistici e un ingegnere della “Nuovo Pignone”. Obiettivo: salvare la cappella inducendo il comune a compiere il restauro. I sopralluoghi dell’assessore Abboni, il puntellamento e la recinzione dell’edificio costituiscono i primi risultati della lotta.
A Palazzo Vecchio è stata varata altresì una delibera per il recupero e la previsione di spesa è stata inserita nel bilancio-programma della giunta. Ma da mesi tutto si è bloccato.
Esiste una grossa difficoltà procedurale: occorre una variante al Prg. E va altresì stabilita la destinazione dell’edificio altrimenti non si può redigere il progetto. Il vero nodo è il discorso sulla variante anche se a Palazzo Vecchio si dice che la stessa delibera di intenti per il recupero della cappella potrebbe avere validità di variante.
Nel tentativo di accelerare la pratica, Giorgio Bubbi ha preso penna e carta bollata e ha chiesto ufficialmente la revisione del piano regolatore per quanto riguarda il monumento fatiscente.
Una situazione, come si vede, abbastanza confusa. Tra l’altro per l’approvazione delle varianti di piano sono previsti tempi molto lunghi. Intanto si aspetta, il restauro costerà sempre di più, il degrado avanza inesorabilmente compromettendo ulteriormente un complesso monumentale che gli stessi funzionari comunali delle belle arti giudicano un importante “elemento di lettura della storia del territorio.”
Dopo questo articolo, passano vent’anni di assoluta inerzia, con la cappella sempre più in rovina.
Nel 2003 ci fu un crollo improvviso di una parte del tetto, che riportò l’attenzione sul povero oratorio in rovina, che venne prontamente ingabbiato per mettere in sicurezza da eventuali crolli le vie attorno. In un altro articolo dell’epoca, si legge addirittura che “il Comune è in cerca degli eredi della famiglia Rucellai, proprietari della cappella, per il suo restauro”, ignorando quindi totalmente di essere il comune stesso proprietario dopo l’esproprio. Se non fosse drammatico, sarebbe pure divertente!
Fatto sta che, comunque, dal 2003 ad oggi, ovvero altri vent’anni, niente è stato fatto per arginare lo stato di degrado della costruzione. Ancora oggi è ingabbiata dietro quei classici teloni verdi che avvolgono le strutture pericolanti, e dubito che verrà mai fatto niente per migliorarne la condizione, temo piuttosto che si stia solo aspettando che il tempo faccia il suo sporco lavoro e che un giorno, come per “magia”, il tutto crolli su sé stesso liberando il comune dal vincolo e lasciando campo libero a quel famoso allargamento della sede stradale.
Ogni giorno, passando di lì, scruto la struttura, sperando di non vedere altri segni di degrado, vedo quel tetto sfondato, immagino il suo interno, ho una terribile visione di piccioni ovunque e di guano che ricopre e devasta tutto. Mi piacerebbe avere un drone, poterlo calare, attraverso quello squarcio nel tetto, all’interno della cappella per vedere cosa si nasconde nel suo intimo che i nostri occhi non possono vedere… ma forse, è meglio non sapere ciò che purtroppo si immagina…
L’unica cosa che posso concretamente fare è questa: portare a conoscenza di tutti la storia di questo piccolo oratorio abbandonato al suo triste destino.