Fin dai tempi antichi il sale è sempre stato carico di simbologie. I Greci lo usavano nei riti sacrificali mentre i Romani lo consideravano come simbolo di sterilità e lo spargevano sulle rovine delle città sconfitte affinché in quei luoghi non crescesse più neanche un filo d’erba.
Ma i Romani impiegavano il sale anche come mezzo di pagamento per i soldati delle legioni e da questo particolare metodo è nato il termine “salario”. Cristo definì i propri Discepoli “sale della terra” poiché votati a dare sapore agli uomini diffondendo la parola divina.
Nell’antica realtà contadina, il sale veniva comunemente tenuto e conservato nelle zucche svuotate e ben essiccate. Da qui nasce il detto “avere poco o tanto sale in zucca” a seconda della quantità di sale posseduta.
Mentre il termine “zucca” corrisponde nella versione popolare alla “testa”, il sale ha avuto da sempre il significato di raziocinio, saggezza e buon senso, quindi per analogia dire a qualcuno di “non avere sale in zucca” equivale a dire essere sciocchi, poco intelligenti o fare cose stupide.
(da “Adagi con brio” di Franco Ciarleglio, Sarnus Editore)
(n.d.r.) Ottima disamina di Franco, aggiungiamo, da questa espressione derivano anche il detto “sei una zucca vuota” oppure “dar sapore al sale”. Nel primo caso ad indicare mancanza di gnegnero e la seconda il voler dimostrare di essere troppo saccente.