Con l’articolo sono pronto a subire qualche critica. Ma ho pensato di dedicarlo a tutti quei fiorentini che hanno scelto, scelgono o sceglieranno la nostra terra per le loro vacanze o per gite alla scoperta di borghi e paesi della Toscana. Una carrellata di alimenti o piatti “locali” con nomi da definire “curiosi”. Ne ho indicati solo alcuni basandomi, soprattutto, sul loro nome anche se per diversi non sono riuscito a trovarne le origini generalmente antiche e dialettali.
Questo articolo come altri, rappresenta la continuazione del percorso che ho ipotizzato di fare utilizzando il titolo Metti una sera a cena, preso in prestito da un film degli anni 60, come premessa agli articoli che di volta in volta mi porteranno a raccontare sia il passato che il presente, perché credo che la convivialità possa rappresentare aspetti di amichevoli disquisizioni tranquillamente seduti ad una tavola con amici reali o virtuali, disquisizioni che oltre al cibo, potranno spaziare in altri settori di “varia umanità” come teatro, pittura, fotografia, ecc.
Metti una sera a cena parlando di cibi toscani dai nomi curiosi
La cena casalinga con gli amici, si anima parlando di cucina. Alcuni si definiscono bravi anche a cucinare (??) mentre io, a malapena, potrei prepararmi uno spaghetto da condire, rigorosamente, a olio!! Vista la continua insistenza che si protraeva da tempo, ho cercato di vendicarmi impostando la chiacchierata su alimenti e piatti della cucina toscana povera e tradizionale, servendomi di nomi sicuramente curiosi e/o sconosciuti ai più. Vittoria completa, una volta tanto! Ma che fatica!!! “La cucina toscana sobria e semplice è legata alla storia soprattutto contadina, ma non solo, fatta di miseria e povertà. Le difficili condizioni del passato costrinsero la gente comune a cercare e preferire l’utilizzo di alimenti poveri e, dove possibile, come si dice oggi, a chilometro zero. L’olio da preferire allo strutto, le minestre con le verdure dell’orto alle pastasciutte. Ma, l’elemento principale di un’alta percentuale di piatti è senza dubbio il pane, presente sotto mille forme, sia fresco che raffermo. Generalmente senza sale forse per compensare i gusti forti della cucina oppure perché nel passato risultò troppo costoso come ci ricorda la storia. Secondo una ipotesi l’uso del pane senza sale viene fatta risalire al XII secolo, quando i Pisani iniziarono a far pagare caro ai rivali Fiorentini la gran quantità di sale che sbarcava nel porto toscano. E, i fiorentini, risposero a questa mossa cominciando a produrre pane senza sale. Esiste, però, anche la teoria che colpevolizza i governanti fiorentini, sempre pronti a mettere gabelle ed il popolo che risponde, facendo di necessità virtù, costringendo i fornai a sfornare pane senza sale.” Di seguito alcuni dei tanti nomi curiosi con i quali a seconda dei luoghi, si definiscono alimenti e piatti anche simili tra di loro. Oggi forse in disuso nei menù dei locali del territorio sono comunque presenti e riproposti sia a livello casalingo che, in molti casi, in fiere e sagre a loro dedicati. L’elenco che segue è in ordine alfabetico ed il riferimento in grassetto rosso rimanda ad altra voce.
PRIMA PARTE
BALDINO E’ uno dei tanti nomi del Castagnaccio, dolce a base di castagne, le cui origini sono tipiche della cultura alimentare appenninica basate sul castagno e sul suo frutto. Con questo nome è conosciuto in tutta la provincia di Arezzo. Sul nome, inusuale e curioso, non sono riuscito a trovare niente ma mi è piaciuto pensare a Baldino come lo gnomo di una filastrocca: “Quando l’autunno viene, lo gnomo giudizioso dice che gli conviene raccogliere il delizioso frutto del suo castagno. A volte lo fa bollire oppure lo mette a bagno… un dì gli potrà servire”.
BERTOLI Dolcetti che nel passato venivano realizzati utilizzando degli spicchi di mele dolci sbucciate e lasciate a seccare sui cannicci. Tipici prodotti della campagna pistoiese, oggi sembrano far parte solo dei ricordi mentre in altre regioni (Trentino) vengono offerte e commercializzate come uno snack sano, gustoso e croccante da sgranocchiare assieme ad una fresca bevanda!
BIADINA Un liquore di erbe aromatiche e china dalla storia sicuramente curiosa. A Lucca, alla fine dell’Ottocento, il signor Nardini acquista un fondo da adibire da una parte a mescita di vini e liquori, dall’altra filati e arredi. Riutilizzava i fondi di bottiglia scolandoli in una ciotolina fino all’ultimo goccio ottenendo una gran mistura (anice, grappa, whisky, vermut, china e altro) che altro non era che la Biadina delle origini. Offerta ai clienti nei giorni del mercato di bestiame che si teneva nella piazza di San Michele con la frase un po’ di biada per i cavalli, e un po’ di biadina per il cavaliere, aveva ottenuto un grande successo., E’ un amaro che va bevuto insieme ad una piccola quantità di pinoli.
BISCHERI (Torta con i) E’ un dolce tipico di Pontasserchio nel comune di San Giuliano Terme e Vecchiano. Ha la forma di una torta di pasta frolla con impasto di riso e cioccolata. La pasta frolla che esce dalla teglia viene ripiegata sul bordo con la forma di beccucci detti bischeri, definizione che sembra tragga origini dalla somiglianza di questi beccucci con le chiavi lignee che, nel violino, tendono le corde. Niente a che vedere con il significato fiorentino di “bischero”.
BORBOTTA o BARBOTTA E’ una torta tipica della tradizione contadina della Lunigiana. Un piatto con farina gialla di mais insieme ad una varietà locale di cipolle, quelle di Treschietto, cipolle particolari, dolci, dal sapore molto delicato, coltivate in questo piccolo paesino nel Comune di Bagnone, oppure, come variante, con i fiori di zucca. Fatta senza lievito, non è un guscio che racchiude un ripieno, ma è un compromesso fra una torta ripiena e una focaccia. Gli ingredienti sono pochissimi: farina gialla (mais), latte, cipolla, olio, parmigiano grattugiato.), acqua, olio, sale e pepe. Borbotta, ha un significato onomatopeico che in questo caso si può assimilare al rumore di pietanze semiliquide che cucinate a fuoco lento e basso, gorgogliando, sembrano borbottare!
BRIACHINA Detta anche Pesciatina o toscana è’ una varietà di lattuga molto saporita dal cespo aperto, con foglie bollose e croccanti dal colore verde intenso e sfumature rossastre color vino da cui deriva, appunto, questo suo nome curioso. E’ una varietà antica coltivata solo da alcuni orticultori di Pescia.
BRINGOLI Tipici di Anghiari e di altre zone della Valtiberina aretina, sono spaghettoni tirati a mano fatti semplicemente con farina, sale ed acqua non “troppo calda”. Generalmente sono conditi con il sugo “finto” un sugo povero perché privo di carne, composto solo da pomodoro, carota, sedano e cipolla, con lunga cottura. Consigliato da gustare con poco formaggio per meglio assaporare la sua genuinità. Sono simili ai pici senesi
CARABACCIA E’ una zuppa di cipolle tipica della cucina fiorentina preparata con cipolle stufate, servite con pane abbrustolito e formaggio grattugiato. Un piatto semplice, fatto di ingredienti poveri, ma ricco di sapore. Questa zuppa viene ritenuta l’antesignana della famosa soupe à l’oignon esportata in Francia da Caterina dei Medici. Il nome sembra sia derivata dal greco antico karabòs che significa guscio concavo simile ad una zuppiera e, di conseguenza, al tegame di coccio con cui viene servita.
CARCERATO E’ una minestra di rigaglie (frattaglie), tipica di Pistoia, nata nel carcere di Santa Caterina in Brana. In sostanza, una pappa ottenuta facendo cuocere del pane raffermo unito al brodo di cottura delle interiora del vitello con gli aromi tipici del brodo. Il nome sembra derivare dal fatto che nella città, nel passato, i macelli comunali fossero vicini alle carceri ed i carcerati vedendo gettare via le interiora degli animali macellati, dopo aver chiesto il permesso alle autorità, fossero riusciti ad ottenere di utilizzare quelli scarti della lavorazione per integrare i loro pasti basati solo su pane ed acqua. Le rigaglie e/o frattaglie sono da intendersi le interiora degli animali macellati, cucinate a scopo alimentare nella cucina popolare e si riferiscono agli organi interni escludendo muscoli ed ossa: animelle, cervello, cuore, fegato, lingua, milza, polmone, rognone, trippa.
CASTAGNACCIO E’ il dolce tipico della toscana fatto con la farina di castagne. A seconda della farina utilizzata, ha spessore, contenuto e consistenza compatta, ma morbida ed un colore marrone scuro. Vanta numerosi sinonimi in base al territorio non solo regionale. Nel periodo della guerra, in assenza della farina di frumento o del mais, era considerato una pietanza “sfamafamiglie”, perché con “poca spesa, tanta era la resa”. Il castagnaccio ha origini antiche e toscane. Sembra che sia stato “inventato” da un certo Pilade da Lucca nel 1533. Fu però a partire dall’800 che i toscani esportarono il castagnaccio nel resto d’Italia arricchendolo con uvetta, pinoli e rosmarino.
CIAFFAGNONE E’ considerato l’antenato delle crepes ma il ciaffagnone è in realtà una frittatina di farina, uova e acqua tipica di Manciano, borgo della Maremma. Sottilissima va condito con cacio e ripiegata in quattro e subito mangiata. Di nascita antica si racconta che le massaie del luogo, cuocevano i ciaffagnoni all’interno di padelle di ferro unte con un po’ di strutto, servendoli con pecorino grattugiato o lardo. Da Manciano si diffusero in altre località arrivando, poi, a Firenze dove presero prima il nome di “pezzòle della nonna” e successivamente di “crespelle” che arrotolate e farcite con ricotta ed erbe di campo, venivano cotte con la ‘salsa colla’. Quando Caterina de’ Medici nel 1533, si trasferì in Francia, portò con sé una sua cuoca di fiducia. Non si conosce se sia storia o leggenda ma le crespelle furono subito adottate dai cuochi francesi e ribattezzate crêpes. Circa un secolo più tardi il maître d’hotel di Luigi XIV, Louis de Béchameil perfezionò la ricetta fiorentina e la “salsa colla” divenne la internazionale salsa béchameil, la nostrana besciamella. Per chi non lo ricordasse la “salsa colla” era una salsa bianca, composta da farina, burro, latte e noce moscata.
CIANCIFRICOLA E’ un piatto che tutti, almeno una volta abbiamo gustato! Un’intingolo di uova strapazzate al pomodoro, un piatto tipico della campagna senese, della zona di Monte Stigliano e delle zone della Val d’Orcia e della Valdichiana. Il piatto a base di uova con cipolle, aglio, basilico e pomodori freschi e ben maturi oppure i “bombolini”, quelli che si mettevano appesi alle cappe dei camini di campagna, leggermente appassiti e quindi più concentrati. Ha un’origine antica, sicuramente dell’Ottocento. Il piatto veniva consumato a metà mattina e serviva a dare forza ai contadini, durante i faticosi lavori estivi. Nei paesi della campagna senese cambia nome e diventa pomodorata o Picchio Pacchio ma anche con qualche variante, la ricetta è sempre la stessa. Il nome di questo piatto deriva dall’unione di due termini del dialetto popolare senese dove cianciare indica lo stare insieme a parlare tranquillamente riposandosi e perdendo tempo (perdersi in ciance inutili), mentre fricolare è indicativo di un darsi da fare, spesso inconcludente, del preparare all’ultimo minuto. Piatto dal nome di fantasia che serve ad indicare il movimento (tramestio) continuo ed energico per amalgamare uova e pomodoro e le “ciance” dei contadini, in attesa, mentre facevano la pausa di metà mattina.
CIARAMIGLIA E’ un dolce tradizionale della Val di Chiana aretina che viene preparato generalmente per la Pasqua, si tramanda di madre in figlia ed ha carattere locale. e Difficilmente sarà possibile trovarlo nei menù dei locali del territorio ed in altre parti della Toscana. La ricetta prevede la lavorazione della pasta del pane, con ingredienti semplici per un dolce gustoso, simile ad una colomba pasquale. Decorata con zuccherini colorati, alchermes e glassa si accompagna perfettamente con un buon bicchiere di vin santo.
COMPANATICO E’ pensabile che tutti, oggi, continuino a considerare companatico tutto ciò che si mangia accompagnandolo con il pane. Se siete in Garfagnana, però, il companatico è un piatto tipico che si ottiene bollendo, con aglio, sale e pepe, cipolle, patate, pomodori e porri, intingendo il pane nel denso composto ottenuto. Storicamente sembra che questo particolare piatto venisse offerto gratuitamente, insieme al rifugio per la notte, ai pellegrini che percorrevano la via Francigena per recarsi a Roma a visitare la tomba dell’apostolo Pietro.
Fine prima parte
Bravo come sempre e interessante.