Il 14 ottobre 1529, le truppe imperiali di Carlo V, posero l’assedio a Firenze dopo la promessa al papa Clemente VII, il cardinale Giulio dei Medici, di riconquistare la città fiorentina, che si era costituita in Repubblica dopo la cacciata dei Medici . La città resistette eroicamente per quasi un anno prima che fosse riconquistata soltanto a seguito del tradimento del condottiero perugino Malatesta Baglioni.
Nel periodo dell’assedio le torri delle mura cittadine furono capitozzate per evitare che sotto il tiro dei cannoni si formassero cumuli di macerie e che fosse minacciata l’incolumità degli abitanti. Furono demoliti borghi, ville e chiese sorti al di fuori della città. Fu addirittura interpellato Michelangelo Buonarroti per la difesa della città, che venne nominato Commissario generale delle fortificazioni.
In Firenze però il ritmo della vita non sembrava cambiato: le botteghe erano aperte, i mercati erano frequentati con normalità. I fiorentini non sembravano aver perso il buonumore ed ogni occasione era buona per divertirsi e scherzare. Se gli assedianti pensavano di prendere la città per fame, quelli di dentro li sbeffeggiavano.
Si dice che un giorno, preso un povero gatto e messolo su una picca, lo mostrarono a quelli di fuori cantando la cantilena del povero Maramao che non si capiva perché fosse morto, in quanto da mangiare in città non gli mancava di certo… Le battute dei fiorentini erano e sono sempre a doppio taglio e con “Maramao” si alludeva non solo al gatto , ma anche a quel Fabrizio Maramaldo che guidava le truppe assesianti, soldato di ventura, originario del Regno di Napoli, che si era schierato con i Medici contro l’esercito della Repubblica fiorentina durante l’ assedio di Firenze e che rimase famoso per aver portato all’uccisione il capitano fiorentino Francesco Ferrucci nella battaglia di Gavinana.
Questa storia ci permette di riportare alla memoria una canzonetta, che per il contenuto di per sé non ha niente a che vedere con l’ evento di cui si è parlato, ma che, senza dubbio, ha preso spunto da quella tradizione fiorentina, trasmessa di generazione in generazione, giunta a noi con le dovute modifiche e che recita così:
Maramao perchè sei morto – Rita Pavone.
Maramao perché sei morto?
Pane e vin non ti mancava,
l’insalata era nell’orto,
e una casa avevi tu.
Le micine innamorate
fanno ancor per te le fusa,
ma la porta è sempre chiusa
e tu non rispondi più.
Maramao… Maramao…
fanno i mici in coro:
Maramao… Maramao…
mao, mao, mao, mao, mao…
Maramao perché sei morto?
Pane e vin non ti mancava,
l’insalata era nell’orto,
e una casa avevi tu.