L’usura è una pratica creditizia illecita che consiste nell’erogazione di prestiti a tassi di interesse molto elevato. Il creditore, che applica i tassi di interesse,  è detto usuraio.

Aristotele nell’Etica Nicomachea considerava l’usura come una categoria morale negativa, affermando che  solo dal lavoro umano, o dal suo intelletto, potesse nascere la ricchezza; mentre quella prodotta dal denaro recava solo danni. Il pensiero di Aristotele contribuisce a fondare uno dei primi approcci teorici all’economia politica.

Il Codice Giustinianeo (529-534 d.C.), nonostante il giudizio negativo nei confronti di tale fenomeno, la contemplò espressamente cercando di regolamentarla  trovando i primi “massimali” relativi all’usura su base annua.

In questo periodo all’usuraio, che specula sul denaro, si tende sempre più a opporre il mercante, che guadagna legittimamente coi commerci:  anche gli imperatori bizantini, realisti, non tentarono mai seriamente di proibirlo, ma piuttosto scelsero di autorizzarlo per meglio controllarlo.

Lo sviluppo dei rapporti mercantili-monetari, chiaramente di tipo borghese, in cui il denaro diventava equivalente universale, fu conseguenza indiretta di un mutamento di mentalità e quindi di posizione politica che avvenne all’interno della chiesa di Roma.

Le condanne dell’usura cominciano a inasprirsi tra la metà del XII secolo e la metà del XIII,  in questo periodo si accetta il fatto che il lavoro (quello ovviamente mercantile) sia a fondamento della ricchezza e si rifiuta l’usura in quanto guadagno senza lavoro.

Nel ‘200 la filosofia scolastica,  uno dei suoi principali esponenti è Tommaso d’Aquino, con le sue idee  influenzerà il pensiero economico sino al 1700. Tommaso d’Aquino, uno dei padri del pensiero filosofico cristiano,  insegnò nei maggiori centri culturali europei  tra il 1265 e il 1273 e  nella sua opera più celebre, la Summa Theologiae,  riprende il pensiero aristotelico e lo assimila al cristianesimo ma con una posizione più moderata rispetto al maestro greco.

Condanna l’usura basandosi sul concetto di fraternità universale e sul dovere di soccorso al prossimo in stato di bisogno;  la moneta, in questa visione, non è altro   che la misura del valore delle cose e non possiede un’utilità sua propria; perché  alla base di tutto vi è l’idea che le fonti della ricchezza sono il lavoro e l’operosità dell’uomo. La fonte del guadagno non sta  nel denaro in sé stesso, ma nell’utilità che  deriva.

Alla concezione medievale e aristotelica si ispira Dante Alighieri, il tema dell’usura è stato spesso trattata dalla letteratura in senso negativo, che  condanna il prestito di denaro a interesse (Inferno – Canto undicesimo e  Canto diciassettesimo, dove compaiono alcuni usurai) citando sia l’Etica che la Fisica di Aristotele.

Nel canto XI dell’Inferno Virgilio spiega infatti a Dante che l’usura non solo rientra tra i peccati di malizia – più gravi di quelli di incontinenza – ma  che rappresenta la forma peggiore di violenza in quanto l’usura si identifica in un reato contro natura.

Boccaccio nella prima giornata del Decameron, scrive che l’usuraio non merita sepoltura in terra consacrata: «Niuna chiesa vorrà il suo corpo ricevere, anzi sarà gittato a fossi a guisa d’un cane».

A Firenze l’antica famiglia Rucellai praticava l’usura, risiedeva nel quartiere di Santa Maria Novella. vicino alla chiesa san Pancrazio e aveva possedimenti a Campi, Quaracchi, Osmannoro. Il capostipite della famiglia era Alamanno  chiamato l’oricellario, perché  trovandosi nelle isole Baleari per ragione di affari intorno al ‘200, urinando sopra un lichene si accorse che le piante prendevano una spiccata colorazione rossa. Dalla  pianta, attraverso l’ammoniaca presente nell’urina, estraggono il colore.

La famiglia Rucellai applicò con successo questa scoperta e grazie al commercio dei prodotti lanieri  riuscì ad accumulare notevoli ricchezze che permisero alla casata di inserirsi a partire dal secolo successivo (il Trecento) fra i magnati del Comune, al quale diedero 85 priori e 14 gonfalonieri di giustizia.

La Cappella di famiglia si trova nella Basilica di Santa Maria Novella dove era collocata la maestà con bambino Duccio di Boninsegna, oggi  agli Uffizi.  Nel 1470  l’Alberti, per commissione di Giovanni Rucellai, finisce la facciata della chiesa dove è possibile notare anche la vela gonfiata dal vento simbolo di fortuna che celebra l’impresa di Giovanni.

In via Orti Oricellari , vi erano i giardini i di proprietà dove Bernardo, che sposò nel 1460  Nannina sorella di Lorenzo il Magnifico, organizzava le riunioni dell’Accademia platonica. Oggi in via della Vigna Nuova si possono ancora ammirare sia la Loggia che  il Palazzo dei Ruccellai, quest’ultimo  uno dei più importanti salotti mondani di Firenze a fine ‘800 , grazie al matrimonio tra la nobildonna russa Lysina e Giulio Rucellai. Una volta alla settimana erano celebri le riunioni nel palazzo, alle quali partecipava tutta la nobiltà cittadina e altri personaggi di spicco come Gabriele D’Annunzio, che vi veniva apposta dal suo ritiro a Settignano.

Gabriele Biondi

 

L’usura nel tempo
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