Alla fine dell’800 a Firenze accadde una drammatica storia, narrata dai giornali dell’epoca: un giovane tappezziere, Egisto Cipriani, rimase fortemente basito da un prestigiatore cinese, il quale si infilava una sciabola in gola durante un suo spettacolo all’Arena Nazionale di Firenze.
Il Cipriani, con l’incosciente euforia che un ragazzo di 23 anni deve avere, con poca prudenza e molta spavalderia, scommise con i suoi altrettanto gaudenti amici che si sarebbe introdotto interamente una forchetta nell’esofago.
Scelse una comune forchetta da tavola ed iniziò ad inserire nella gola l’attrezzo dalla parte del manico, tenendo la forchetta dalle punte: come spesso accade quando non si vorrebbe succedesse, capitò che la forchetta gli sfuggì di mano e se ne scese giù per la gola.
Inutili i tentativi, da parte del giovane e dei suoi amici, di recuperarla.
Anzi, tutti gli armeggiamenti tentati spinsero la forchetta sempre più giù, fin nell’esofago. Egisto, terrorizzato, fu accompagnato all’ospedale di San Giovanni di Dio. Nessun medico, nonostante varie prove riuscì nell’operazione di recupero della forchetta e nessuno tentò una gastrotomia al fine di togliere il corpo estraneo, data la pericolosità dell’intervento, all’epoca. A niente serviranno neppure i 60 grammi d’olio di ricino che gli fecero ingoiare per favorire la naturale espulsione dei 22 centimetri di metallo.
Una simile curiosa vicenda non poteva che interessare prontamente la stampa fiorentina,e per circa due mesi La Nazione descrisse in ogni particolare l’evolversi della faccenda.
Non avendo ancora scoperto i Raggi Roentgen (raggi x), i medici, per localizzare il corpo estraneo si affidavano solo alla palpazione ed il povero tappezziere fu visitato e controllato in modo incessante dai più noti luminari dell’epoca, sia italiani che stranieri.
Vennero esaminate anche le teorie più strampalate, tra le quali fu ventilata l’ipotesi di tenere il ragazzo a testa in giù, per tentare di far “tornare indietro” la malefica forchetta, magari dandogli anche qualche scrollatina; ci fu la proposta di sperimentare una apposita sonda realizzata dalla ditta Gabbrielli, nota fabbrica di strumenti chirurgici, da introdurre nell’esofago alla ricerca di un suono, al contatto con la forchetta, che ne individuasse la posizione.
Questi esperimenti, ripetuti più volte, dettero il solo risultato di procurare al ragazzo senso di soffocamento. Dopo mesi di queste torture tutti si rassegnarono, in primis Egisto che, dato che poteva tranquillamente mangiare, bere e pure fumare, se ne tornò a casa e al suo mestiere di tappezziere, con l’appellativo ormai famoso di “uomo della forchetta”.
Per quanto impossibile possa sembrare, Egisto Cipriani, in compagnia della “sua” forchetta trascorse 15 anni di vita normale e si sposò anche.
Quando ormai, trascorso tanto tempo, nessuno più pensava all’uomo della forchetta, il Cipriani venne operato d’urgenza in San Giovanni di Dio dallo stesso medico che per primo si era imbattuto in lui. Il 30 aprile 1887, il tappezziere subì infatti un intervento chirurgico di laparatomia: la forchetta lunga 22 centimetri dall’esofago passò nello stomaco e percorse tutto il tenue, raggiungendo il cieco ed il colon ascendente.
Dalla cartella clinica risulta che il colon ascendente era saldato al peritoneo parietale e questa situazione favorì in qualche modo l’intervento, a cui seguì una fistola intestinale che guarì dopo 20 giorni. L’intervento ebbe comunque esito positivo e Cipriani guarì perfettamente.
La forchetta recuperata è ancora oggi visibile nel museo dell’Ospedale di San Giovanni di Dio, insieme alla foto di Egisto Cipriani.
Il fatto fu ricordato anche dal poeta dialettale Renato Fucini in una sua poesia intitolata: «L’omo della forchetta», in vernacolo pisano.