Quel fiore gentile e delicato che spunta fra foglie simili a spade e che illumina con i suoi colori le grigio-azzurre colline toscane appartiene ad una pianta rizomatosa, modesta e rustica ma di peculiari proprietà. E’ chiamata “Iris fiorentina“ dai botanici i quali tuttavia elencano una “Iris germanica“ (ed anzi a questa appartiene il maggior numero delle sue varietà che si trovano nel Medio Oriente, in particolare in Persia, Palestina, Egitto) ed una “Iris palustre“ che sembra originaria della Siberia Orientale e del Giappone.
E’ quindi una pianta molto diffusa in tutto il globo ma bisogna aggiungere che questa pianta era altrettanto diffusa anche nei periodi più remoti dell’antichità. Senza risalire ai lontani millenni della preistoria ove la sua presenza può essere solo ipotizzata, possiamo rintracciare nei reperti archeologici delle civiltà medio-orientali ed orientali la rappresentazione schematica e simbolica del fiore dell’iris la cui tripartizione tra petalo centrale e petali laterali può significare la Trinità come viene, ad esempio, venerata presso le tribù del Tibet, trinità che consiste in Circolo-Peso-volume.
Gli Egizi, i Greci, gli Arabi ricorrono spesso alla rappresentazione simmetrica di questo fiore perfetto nelle sue linee eleganti. Ma per restringere l’indagine all’Italia e in particolare alla Toscana basterà tenere presente che anche gli Etruschi riproposero il motivo ornamentale e simbolico dell’Iris come possono documentare urne funerarie e altro vasellame del Museo Archeologico di Firenze. Non c’è da stupirsi se quindi proprio Firenze nel Medio Evo si impadronirà di tale raffigurazione per farne lo stemma del proprio libero Comune unificando in quell’immagine la terminologia di “ Iris “ con quella di “ Giglio “ o “ Giaggiolo “ come lo chiamava e lo chiama il volgo. Circa il colore di tale iris esso doveva essere bianco essendo appunto la specie “Iris Alba Fiorentina“ e raffigurato in campo rosso. In un secondo tempo esso – come dice Dante – fu “per division fatto vermiglio“ in seguito alle lotte intestine fra Guelfi e Ghibellini, ma al giorno d’oggi le varietà di colori ottenute dagli ibridatori sono svariate e su tutta la gamma dell’iride.
Ed oggi, come un tempo, di questa pianta sono sfruttate in campo farmaceutico e industriale le proprietà che si imperniano su un glicolide, l’iridina, il quale può servire di base come espettorante, come diuretico, come dentifricio, come cipria e come polvere detersoria (lo shampoo secco usato e introdotto dalla famiglia dei Medici).
L’ambiente ecologico in cui questa pianta prospera è a prima vista un ambiente arido e quasi sterile.
I migliori giaggioli del mondo si raccolgono su terreni come galestri e alberese rossi e ricchi di ferro e con sabbie calcaree. Tali terreni sono tipici della zona del Chianti Classico: Per questo le bordure e i cespugli dei giaggioli che sembrano accompagnare dolcemente i lunghi filari dei vigneti costituiscono parte integrante del paesaggio.