Il grande Leonardo, genio assoluto in tanti campi, dall’artistico allo scientifico, fu un uomo dotato di grandissima inventiva, e ce lo dimostrano tutti i disegni che ci ha lasciato e che, a distanza di secoli, risultano ancora attuali e spesso utilizzati.
Ma Leonardo non era solo questo: Leonardo amava la buona cucina ed amava fare sfoggio delle sue abilità culinarie, anche se sovente non incontrava il consenso dei suoi commensali!
È piuttosto conosciuto il fatto che, per un certo periodo, abbia lavorato come cameriere in una taverna vicino al Ponte Vecchio, la Taverna delle Tre Lumache. Un giorno gli venne proposto un avanzamento di carriera e di questa stessa taverna divenne cuoco. C’è da dire che la sua carriera fu piuttosto breve: era un precursore dei tempi, anche in cucina. Le sue porzioni risultavano essere veramente minuscole e la nouvelle cuisine era ben lungi dall’essere apprezzata, inoltre anche nel preparare le sue ricette dava sfogo alla sua inventiva, con accostamenti di sapori che non erano molto graditi ai suoi ospiti.
Questo insuccesso tuttavia non smorzò i suoi ardori per la cucina, tanto che dopo qualche tempo decise di aprire una sua propria osteria, assieme all’amico Sandro Botticelli, l’Osteria delle Tre Rane. Anche in questo caso, la sua avventura fu di breve durata.
Ma l’amore per la cucina era tanto, e profondamente radicato, in Leonardo. Non riusciva a sfondare come chef, ma un modo per rendersi utile in cucina lo aveva, ed era una delle sue doti migliori: l’inventiva. Fu così che cominciò a progettare numerosi accessori ed attrezzi che potevano rendere il mestiere di cuoco decisamente più semplice da svolgere. Nacquero da questi suoi pensieri utensili quali il girarrosto, il cavatappi, il trita aglio, l’affettatrice, il frullatore, il macinapepe e l’affetta uovo.
Studiò il sistema per tenere sempre calde le pietanze e mandare via i cattivi odori e il fumo dalle cucine, che equivalevano all’attuale scaldavivande e alla cappa per aspirazione.
Gli ingredienti indispensabili in cucina non coincidevano solo con erbe e spezie (che raccomandava di avere sempre sottomano per condire), quali curcuma, zafferano, fiori di papavero, aloe, fiordalisi, ginestre, olio di semi di senape, olio di lino, ma anche con attrezzi adeguati. «Ogni volta che si mette una pentola sul fuoco, è necessario coprirla con alcuni teli umidi di lino, che devono essere cambiati spesso per evitare che il fumo sia assorbito dal contenuto della pentola e ne alteri il sapore. È così da centinaia di anni. Ora io mi chiedo, non si potrebbe inventare un coperchio permanente, indistruttibile come la pentola stessa, sempre reperibile, che non abbia bisogno di essere sostituito in continuazione? Farò un progetto». Ed ecco introdotto il coperchio.
All’epoca, quando ci si sedeva a tavola, nella migliore delle ipotesi ci si puliva la bocca con gli angoli della tovaglia, ma spesso era più comodo utilizzare la manica del vestito, ed il risultato non era proprio elegante… Leonardo, per evitare queste cadute di stile, cominciò a distribuire ai commensali dei pezzetti di tela con cui pulirsi… il primo tovagliolo della storia!
Ma Leonardo pensava a 360° gradi… dopo una grande abbuffata, il problema era la digestione. Il nostro Leo non mancò di creare un digestivo, chiamato Acquarosa, di cui ha trascritto la ricetta nel Codice Atlantico, al foglio 482. “Acqua, zucchero, limone e poco alcol colati in tela bianca, da servire fresca, toccasana per gli stomachi provati dal troppo mangiare”!
Nel 1499, subito dopo aver dipinto il Cenacolo, Ludovico il Moro gli regalò una vigna, e forse per questo studiò anche come migliorare la produzione vitivinicola. È celebre la sua lettera dove dispensa preziosi consigli al suo contadino per migliorare la produzione.
In un appunto elenca i suoi “cibi semplici” preferiti, come i broccoletti lessi con uova di storione e crema, una cipolla lessa adagiata su di una fettina di formaggio di bufala e con un’oliva nera in cima, una susina su una fettina di carne cruda e con un ramoscello di boccioli di melo, fegato di vitello con salvia e pepe sulla polenta, carote scolpite a forma di cavalluccio marino con un cappero e pasta d’acciuga e il suo piatto preferito la carabaccia.
Ci ha inoltre descritto le proprietà di alcune verdure come la rapa, il consumo della quale, assieme ai cavoli, può rendere buona una digestione lenta «dacché ho visto una capra ammalata ridestarsi, e una mucca morente tornare a vivere allegramente» e i benefici di una zuppa con questi ortaggi, preparata avvolgendo in un telo le cime di rapa e le foglie di cavolo e legando il fagotto con alcuni crini di cavallo, mettendoli poi in acqua salata a bollire per circa mezz’ora.
Ma i consigli non finivano qui. Leonardo suggerì le perfette caratteristiche di un buon pasticcere: «Prima di tutto essere un uomo, poiché la delicatezza femminile non è adatta a sollevare grandi forme di marzapane». Avrebbe dovuto essere pulito e lindo, «poiché per coloro che si accingono a gustare i suoi dolci, nulla è più repellente di un pasticcere sporco o con i capelli lunghi, per il fatto che potrebbero essergli caduti nell’impasto».
Dagli studi di Leonardo sono state tirate fuori ricette come gamberi rossi con burrata, albicocche e menta, risotto con lattuga e crudo di pesce e petto di piccione con le more. Piatti che strizzano l’occhio alla tipica mescolanza tra dolce e salato propria del Rinascimento.
C’è chi asserisce che fosse anche vegetariano, altro segno di modernità, ma la questione è controversa. Giorgio Vasari, suo contemporaneo, nelle Vite a proposito di Leonardo scrive: “spesso passando da i luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezo che n’era richiesto, li lasciava in aria al volo, restituendoli la perduta libertà”. Da questo si può dedurre che Leonardo fosse un convinto animalista, ma probabilmente non era vegetariano. A Firenze, a Milano e ad Amboise, Leonardo fu maestro di feste, cerimonie e banchetti e, nelle sue liste della spesa, si trovano in abbondanza sia carne che pesce.
Non è invece riconducibile a Leonardo la famosa frase che spesso viene a lui attribuita: “Fin dalla tenera età ho rifiutato di mangiar carne e verrà il giorno in cui gli uomini come me guarderanno all’uccisione degli animali nello stesso modo in cui oggi si guarda all’uccisione degli uomini”. Questa citazione in realtà è tratta da un romanzo di Dimitri Merejkowski intitolato The Romance of Leonardo da Vinci.
A Leonardo sono state attribuite una serie di regole da adottare a tavola, un vero e proprio codice di comportamento per evitare abitudini sconvenienti. Le regole di Leonardo possono tranquillamente essere considerate valide ancora oggi, anche se molte di queste ci appaiono scontate e quasi assurde, ma bisogna pensare all’epoca e al fatto che tutti i comportamenti che Leonardo cita come “da non adottare” erano una vera e propria consuetudine durante i banchetti.
Ecco quindi l’elenco delle regole di Leonardo, il precursore del galateo:
1) Nessun ospite dovrebbe sedersi sul tavolo, e neppure con la schiena appoggiata al tavolo, tanto meno in braccio a qualche altro ospite.
2) Né dovrebbe mettere i piedi sul tavolo.
3) Nessuno dovrebbe rimanere a tavola troppo a lungo.
4) Nessun ospite dovrebbe posare la testa sul piatto.
5) Nessun ospite dovrebbe prendere il cibo dal piatto del vicino senza prima chiedergli il permesso.
6) Nessun ospite dovrebbe mettere spiacevoli bocconi mezzo masticati nel piatto del vicino senza prima chiedergli il permesso.
7) Nessun ospite dovrebbe pulirsi il coltello sulla tovaglia del vicino.
8 Né usare il coltello per incidere il tavolo.
9) Nessun ospite dovrebbe pulirsi l’armatura a tavola.
10) Nessun ospite dovrebbe prendere il cibo dal tavolo per nasconderselo in borsa o negli stivali, e mangiarselo poi.
11) Nessun ospite dovrebbe dare morsi alla frutta e poi rimetterla mangiucchiata nella fruttiera.
12) Nessun ospite dovrebbe sputare davanti a sé e nemmeno accanto a sé.
13) Nessun ospite dovrebbe pizzicare o leccare il vicino.
14) Nessun ospite dovrebbe tirare su col naso né dare gomitate.
15) Nessun ospite dovrebbe far roteare gli occhi né fare smorfie paurose.
16) Nessun ospite dovrebbe mettersi le dita nel naso durante la conversazione.
17) Nessun ospite dovrebbe fare modellini, né accendere fuochi, né stringere nodi a tavola.
18) Nessun ospite dovrebbe lasciar liberi i suoi uccelli a tavola.
19) E nemmeno serpenti o scarafaggi.
20) Nessun ospite dovrebbe suonare il liuto, o qualsiasi altro strumento che possa infastidire il suo vicino.
21) Nessun ospite dovrebbe cantare, né parlare, né gridare, né fare indovinelli come un ribaldo se c’è una signora accanto a lui.
22) Nessun ospite dovrebbe tramare a tavola.
23) Nessun ospite dovrebbe colpire gli inservienti (sempre che non sia per legittima difesa).
24) E se deve vomitare, che lasci la tavola, parimenti se deve orinare.
Dopo ben trent’anni alla corte degli Sforza, Leonardo si trasferisce in Francia, a Cloux, alla corte di Re Francesco, anch’egli appassionato di cucina, anche se in gran segreto, per motivi di etichetta; è questa passione condivisa che li spinge a sperimentare assieme varie ricette e a dedicarsi anche alla cura di un proprio orto dove raccogliere le primizie. Si narra che un giorno re Francesco chiese a Leonardo di mostragli il contenuto della scatola nera che l’inventore portava sempre con sé; Leonardo a tale richiesta si rifiutò e nessuno seppe mai cosa contenesse veramente. Si dice che al suo interno vi fosse custodita una macchina destinata al mondo intero: la macchina per fare gli spaghetti.
Per finire, Leonardo non mancò di dispensare anche consigli medici, rispetto alle abitudini alimentari, e sorprende non poco la modernità ed il sostanziale riscontro con i consigli che qualsiasi dietologo o nutrizionista potrebbe darci ancora oggi: ”Se voi star sano, osserva questa norma: non mangiar senza voglia, e cena leve; mastica bene, e quel che in te riceve sia ben cotto e di semplice forma. Chi medicina piglia, mal s’informa; guar[da]ti dall’ira e fuggi l’aria greve: su ritto sta, quando da mensa leve (ti alzi); di mezzogiorno fa che tu non dorma. El vin sia temprato, poco e spesso, non for di pasto, né a stomaco voto; non aspectar, né indugiare il cesso: se fai esercizio, sia di picciol moto. Col ventre resupino e col capo depresso non star, e sta coperto ben di notte; el capo ti posa, e tien la mente lieta; fuggi lussuria, e attienti alla dieta”.
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