Quando ero bambina, la merenda era un momento rituale… Tutti in cucina, attorno al tavolo, con gli occhi che arrivavano appena al di sopra del piano, ad osservare la nonna che prendeva un tagliere, il coltello a seghetto ed un filone di pane, ed iniziava con calma ad affettare… Quelle fette profumate, croccanti, di pane “sciocco” attendevano un condimento, che poteva essere il più disparato ma, rigorosamente, di stagione.
In estate c’era la mia merenda preferita: il pane strusciato col pomodoro, succoso e saporito: una pioggia d’olio ed una nevicata di sale lo rendevano delizioso!
In alternativa, si poteva avere una fetta di pan con l’olio e basta, quando il pomodoro in casa non c’era. Già, perchè allora, e non parlo di un secolo fa, gli ingredienti si usavano solo nel momento della naturale maturazione, e non si trovavano nelle altre stagioni.
Sarebbe stata un’eresia il solo pensarlo!
Un’altra merenda gettonata era pane, burro e acciughe, saporitissima… Oppure pane burro e sale, per finire con i più classici pane e mortadella, o pane e prosciutto.
Il prosciutto… in casa mia non usava andare da i’pizzicagnolo a comprarne un etto: in casa mia si comprava “IL” prosciutto.
Il babbo aveva un cugino macellaio, di quelli vecchio stile, che i salumi li preparava da solo.
Ricordo ancora la cantina di casa mia: c’era un enorme orcio di terracotta col coperchio, che conteneva un mare di olio, quello buono, del contadino, ovvio… si scendeva in cantina armati di bottiglia, romaiolo e imbuto e si attingeva dall’orcio quel liquido verde, che diventava dorato col passare dei mesi.
Il rumore che faceva il romaiolo affondando nell’olio ed il profumo che si sprigionava quando si sollevava il coperchio dell’orcio,
sono ricordi indelebili, stampati nella mente.
Alzando gli occhi verso il soffitto, si trovavano salame, prosciutto, file di salsicce… tutta roba buona, del cugino macellaio… Il paradiso di ogni goloso!
Per tornare alla merenda, c’era anche la versione dolce, e qui la scelta si faceva più vasta: dal classico pane, burro e zucchero, al pane burro e marmellata; se al mercato c’era il pastore si mangiava la ricotta con lo zucchero, con le varianti dell’aggiunta di caffè, un goccio di vinsanto, o qualche pezzetto di cioccolata.
Anche una fetta di pane con la cioccolata era un’ottima merenda, specie dopo Pasqua, quando c’era da smaltire la cioccolata dell’uovo.
A settembre, la nonna faceva la schiacciata con l’uva, e che divertimento infinito sputare tutti i semini!
In occasione della vendemmia, quando cominciava il “vino novo”, la merenda istituzionale era pane, vino e zucchero: in barba a tutti i nutrizionisti, educatori alimentari, dietisti e salutisti, i bambini dei miei tempi mangiavano pane vino e zucchero, sissignori! E quanto era buono!
E, perlomeno per quanto riguarda me, mio fratello e i miei cugini, direi che non sia stata una dieta così sconveniente: godiamo tutti di ottima salute, non ci sono stati casi di alcolismo in famiglia e neppure di dipendenze di altro genere.
Le merendine confezionate (che anche allora esistevano, beninteso), quelle che fanno cadere meteoriti in testa a malcapitati genitori, non sortivano alcun interesse in noi bambini; e non abbiamo subito traumi nel non averne mangiate.
Altre merendine sfiziose e casalinghe erano, in inverno, la pattona, una specie di polenta fatta con la farina di castagne che, quando faceva molto freddo, la nonna ci serviva calda e che ci rimetteva al mondo; oppure una specie di piadina fatta di farina di castagne (nel pistoiese li chiamano necci) servita con ricotta dolce, buonissima.
Infine, per divertimento, in inverno, quando era accesa la stufa economica, era un bellissimo gioco prendere dei ditali per cucire, riempirli di farina di castagne pressata e metterli a tostare sulla cucina: oltre che dei divertenti dolcetti, erano anche molto buoni!
Le nonne di una volta, con la loro cultura ancora contadina, non lesinavano nei condimenti e nei sapori… Non sapevano che “ai bambini il vino non si deve dare”, non credevano che l’olio dovesse essere usato con parsimonia, non pensavano che ai bambini certi alimenti troppo saporiti non è il caso di farli mangiare.

Alla fine del pranzo, quando gli adulti bevevano il caffè, ci veniva consentito di sorseggiare una tazzina di caffè annacquato, per atteggiarci a “grandi”, senza comprendere che la caffeina fa male….
Non sapevano niente di tutto questo, eppure siamo cresciuti belli, sani e robusti, forse molto più dei bambini di adesso.
E allora, che ognuno tragga le proprie conclusioni….
Per quanto mi riguarda, grazie, nonnina mia cara!

Gabriella Bazzani

Le merende dei piccoli fiorentini di un tempo.
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2 pensieri su “Le merende dei piccoli fiorentini di un tempo.

  • 11 Settembre 2018 alle 0:53
    Permalink

    Concordo con la Sig.ra Antonietta. E’ anche scritto bene, devo proprio dirglielo Sig.ra Gabriella Bazzani: è molto brava!
    Lucia

    Rispondi
  • 29 Agosto 2018 alle 23:45
    Permalink

    Mi ci sono ritrovata anch’io in questo racconto di merende. Grazie sono ritornata alla mia infanzia!☺

    Rispondi

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