Ricordi di pietra di avvenimenti o personaggi famosi

Passeggiando per Firenze, sui muri di palazzi, case e alberghi, si vedono murate delle lapidi a ricordo di un passaggio o soggiorno di un personaggio, di un avvenimento storico o altro. Molte sono state messe dai proprietari dei palazzi, case private, da società o dall’Ufficio Toponomastica del Comune.

A Carlo Lorenzini “Collodi”, l’autore del libro per ragazzi Pinocchio (questo libro compie 140 anni), è dedicata una lapide. Si trova nel rione di San Lorenzo, precisamente in via Taddea, nella casa dove nacque nel 1826.

Un ricordo del soggiorno fiorentino del Manzoni, l’autore del romanzo “i Promessi sposi”, si trova all’albergo Quattro Nazioni nel palazzo Gianfigliazzi sui lungarni, dove si trattenne in città come disse per “sciacquare i panni in Arno”.

Sul muro della facciata dell’albergo Bonciani, in via Panzani, c’è murata una lapide a ricordo del soggiorno di Giuseppe Garibaldi.

Ad un animale, precisamente a una mula morta di fatica nel 1550, durante i lavori di ingrandimento di Palazzo Pitti, voluto dalla Granduchessa Eleonora di Toledo moglie di Cosimo primo dei Medici, è dedicata una lapide a ricordo del lavoro svolto e della sua morte. Questa si trova in fondo al porticato di sinistra nel cortile sotto la nicchia che contiene la statua di Ercole a riposo. Nel bassorilievo è raffigurata la bestia, sotto ci sono queste parole: a ricordo della mula morta di fatica lavorando per anni nel cantiere diretto da Bartolomeo Ammannati.

Nella Piazza dei Giudici, sulla spalletta dell’Arno, si trova una lapide dedicata ad un cavallo ucciso durante l’assedio di Firenze del 1530. Carlo Cappello all’epoca ambasciatore della Repubblica di Venezia alleata della Repubblica Fiorentina, si trovava in città per combattere gli Imperiali. Stava passando nell’allora Piazza d’Arno sul suo cavallo, per recarsi a Palazzo Vecchio a parlare con i “Dieci di Guerra”. In quell’istante un colpo di bombarda sparato dalla postazione degli Imperiali, alla Torre del Gallo, colpì l’animale uccidendolo salvando la vita del suo padrone. L’ambasciatore, in onore del cavallo morto, lo fece seppellire in quel luogo con tutti i suoi finimenti, facendo murare una lapide a ricordo del sacrificio dell’animale.

Nel 2007, a ricordo del salvataggio del Ponte Vecchio, minato come tutti gli altri ponti cittadini dai tedeschi in ritirata. Il Comune di Firenze vi fece murare una lapide. La distruzione di tutti i ponti e delle aree circostanti, dovevano servire a rallentare l’avanzata degli alleati anglo-americani. Nei primi giorni del mese di agosto del millenovecento quarantaquattro, con l’avvicinarsi dell’ottava armata, venne direttamente da Adolf Hitler, l’ordine di far saltare tutti i ponti per fermare l’avanzata degli alleati, e dar modo alle truppe tedesche di ritirarsi in ordine verso la linea Gotica. Fu in quel frangente che il Console Tedesco Gerhard Wolf e il Cardinale Elia Dalla Costa, iniziarono a trattare il salvataggio di Firenze dichiarandola città aperta e del Ponte Vecchio. Tanto fu il loro impegno che riuscirono nel loro intento.

Wolfgang Amadeus Mozart, era un giovinetto di quattordici anni, quando nella primavera del 1770, con in padre Leopold, venne a Firenze per esibirsi davanti al Granduca Leopoldo primo di Lorena. La permanenza di padre e figlio in città, ebbe la durata di quindici giorni. Presero alloggio presso l’albergo Aquila Nera nella odierna via Cerretani. In quel luogo il Comune e gli amici del Teatro Comunale, per ricordare il soggiorno del grande musicista hanno fatto apporre una lapide nel luogo dove era situato all’epoca l’albergo.

Nella via Cerretani, vicino all’albergo dove alloggiarono il giovane Mozart e suo padre, c’era la casa dove abitava la poetessa Maria Maddalena Morelli, conosciuta con lo pseudonimo di “Camilla Olimpica” nella Accademia della Arcadia, tale presenza è ricordata con una lapide.

Nel borgo di Pian dei Giullari, sulle colline circondanti Firenze, nella villa il “Gioiello” ad Arcetri, visse gli ultimi anni della sua vita, assistito dalla figlia suor Maria Celeste, lo scienziato Galileo Galilei. Era un sostenitore della teoria “copernicana”. Questa teoria poneva al centro dell’Universo il sole, con i pianeti che gli giravano intorno terra compresa, contraria alla teoria “tolemaica”, che metteva al centro dell’Universo la terra, con tutti i pianeti e il sole che gli giravano in torno. La chiesa era contraria alla teoria di Copernico. Accusato di eresia fu costretto all’abiura, e confinato dal Sant’Uffizio nella sua villa. Nel 1942, l’Università di Firenze, appose una lapide a ricordo delle scoperte fatte dallo scienziato.

All’interno del Duomo di Firenze, si trovano murate quattro lapidi a ricordo di chi ha contribuito alla sua costruzione: Giotto di Bondone, innovatore della pittura. Fu inoltre un valente architetto e scultore. È ricordato per essere il costruttore del campanile di Santa Maria del Fiore; Filippo di Ser Brunellesco Lapi ovvero Filippo Brunelleschi. Nominato capomastro dall’Opera del Duomo alla costruzione della Cattedrale, subentrando a Lorenzo Ghiberti e Arnolfo di Cambio. È l’autore della cupola della chiesa, e l’ideatore e costruttore delle macchine usate per la sua erezione.

In Piazza dei Ciompi, si trova la casa del Ghiberti valente architetto e costruttore delle porte del Battistero. Vincitore insieme a Filippo Brunelleschi del concorso indetto per la costruzione della cupola della chiesa di Santa Maria del Fiore (anche se questa coabitazione si protrasse per poco tempo). Sopra al portone di ingresso della casa vi è apposta una lapide, ricordante l’architetto e le sue porte.

Dietro all’abside del Duomo, si trovano le famose “Botteghe di Donatello” dove nacquero il crocifisso del “Cristo Contadino” della disputa con il Brunelleschi, il suo Davide, il San Giorgio per l’Arte dei Linaioli e Rigattieri, e tante altre opere famose. Sul muro sopra le arcate delle “Botteghe” si trova un busto dello scultore con una lapide commemorativa.

Sulla porta di ingresso di Palazzo Vecchio, si trova il monogramma di Cristo. La dedica al Redentore Re di Firenze fu scritta sul marmo e murata nel 1527, quando cacciati da Firenze il Cardinale Passerini e i due bastardi di casa Medici, ebbe inizio l’epopea della Repubblica Fiorentina. Queste furono (forse) le parole allora incise: “Iesus Christus rex florentini populi S.P. decreto electus”. Con il ritorno dei Medici la scritta fu cambiata con le seguenti parole che si possono vedere ancora oggi: “Rex Regum e Dominus Dominantium”.

Sempre sulla facciata di Palazzo Vecchio, sulla parte sinistra verso la fontana del “Nettuno” dell’Ammannati (chiamato famigliarmente dai fiorentini per il candore del suo marmo “Biancone”), si trova una lapide fatta murare dagli Otto di Guardia e Balia addì 30 luglio 1720. L’iscrizione riporta una deliberazione dei Signori Otto, che ricorda ai cittadini l’uso appropriato della fontana: “Di non lavare calamai, panni o altro, di non gettarvi legni, sporcizie e altre brutture, fino alla distanza di venti braccia, sotto pena di quattro ducati e libero arbitrio dei Signori Otto”. Decreto del Magistrato del 21 agosto 1641.

Nel cortile della dogana si trova murata una lapide a ricordo della abolizione della pena di morte dal Granduca Pietro Leopoldo.

Di fronte alla del biancone sulle pietre della piazza c’è una lapide a ricordo del martirio di fra Girolamo Savonarola e dei suoi due confratelli.

Allo stadio comunale Artemio Franchi, sotto la torre di Maratona, si trova il sacrario dedicato ai cinque ragazzi renitenti alla chiamata alla leva dalla R.S.I. Furono catturati a Vicchio del Mugello, sospettati di essere appartenenti a bande di partigiani. Erano stati presi per rappresaglia, dopo che i partigiani entrati in paese, e ucciso simpatizzanti dei fascisti. I giovani vennero processati e condannati a morte per fucilazione. Questi i loro nomi: Antonio Raddi 21 anni; Leandro Corona 21 anni; Ottorino Quiti 21 anni; Adriano Santoni 21 anni; Guido Targetti 21 anni. Questi giovani furono portati all’allora stadio Giovanni Berta e passati per le armi.

In piazza Santa Croce dove il 17 febbraio 1530, durante l’assedio delle truppe imperiali di Carlo V, venne giocata una partita di Calcio in Livrea, per non interrompere la tradizione di giocare al calcio in tempo di Carnevale. A ricordo di quello storico evento, è murata su una parete del palazzo degli Antellesi una targa marmorea, nel punto esatto al centro del campo dove veniva battuta la palla all’inizio della partita chiamata batti palla (dall’altra parte del campo di gioco vi è murato un cerchio di marmo proprio di fronte all’altro, porta al suo interno quattro triangoli due rossi e due bianchi), con la scritta; alli 17 di febbraio 1530, con al suo interno rappresentati tre cerchi di colore rosso, bianco e verde.

Alberto Chiarugi
Le lapidi di Firenze: prima parte
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2 pensieri su “Le lapidi di Firenze: prima parte

  • 22 Luglio 2023 alle 21:34
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    In Piazza de’ Ciompi, proprio nei pressi dalla lapide del Ghiberti, si trova, non agevolmente in quanto quasi ricoperta da orribili cavi elettrici, anche una piccola lapide che ricorda lo studio del Cimabue “ di Cenni di Pepe detto Cimabue questa fu la bottega”. Rimanendo in zona, in via de’ Macci, stupisce che nessuna lapide ricordi la bottega più importante di Firenze, quella del Verrocchio, scuola di Leonardo, Botticelli, Perugino, Ghirlandaio e tanti altri.

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