Alberto Chiarugi: Oggi ho fissato un incontro con un noto legnaiolo dal nome di Neri di Ciaffo e mi reco presso la sua bottega per intervistarlo, sono curioso di sapere come si svolse il suo incontro con il Magnifico. Questo è ciò che mi ha raccontato!
Neri di Ciaffo: Sono un legnaiolo della città di Firenze. Quella mattina, appena aperta la mia bottega, mentre iniziavo il lavoro insieme ai miei apprendisti, ho ricevuto una visita che ha cambiato in meglio la mia vita. Un paggio si è presentato con una richiesta inaspettata. Dovevo recarmi prima possibile in Palazzo della Signoria, per ricevere un incarico dal Magnifico. Questo annuncio mi ha messo in agitazione: cosa vorrà da me il Medici? La mia bravura di legnaiolo è giunta fino a lui e vorrà commissionarmi un lavoro per la sua famiglia o per il palazzo della Signoria? Finalmente la mia vita svolterà!
Vedo quella giornata ancora oggi. Ho messo il grembiale pulito e il berretto migliore sulla testa, e dopo aver salutato mia moglie i miei figli e i lavoranti, mi sono avviato a passo svelto verso il Palazzo. Il Mercato Vecchio pullula di gente, accorse a comprare il cibo. Beccai intenti a macellare, i pesciaioli vendono pesci d’Arno pescati la notte. Gli ortolani hanno imbandito i loro banchi, i cambiatori lavorano ai loro deschi trattando monete di ogni paese. In lontananza alla colonna dell’abbondanza i Birri hanno legato un disgraziato alla campanella, dileggiato dalle persone e fatto segno dai monelli che gli tirano addosso verdure marce.
Percorro a passo svelto via Calimala, facendomi largo fra i clienti dei mercanti, intenti a trattare la vendita della lana. Ecco, sono arrivato all’ingresso principale del Palazzo. Salgo sull’Arengario, e mentre sto per varcare il portone un Fante di Palazzo, mi ferma puntandomi contro la sua picca. Mi chiede il motivo per il quale mi trovo li. Gli rispondo di aver ricevuto la visita di un paggio inviato dal Magnifico, con l’invito a presentarmi da lui al più presto. Il Fante mi fa entrare nel cortile, e mi invita a seguirlo fino alla sala delle udienze.
Sulla porta, veniamo fermati da due fanti di guardia. Il mio accompagnatore, li informa che sono stato invitato dal Magnifico, mi aprono la porta ed entro nella sala. E’ un ambiente grande e ricco di arredi, arazzi e statue. Oggi è il giorno in cui il Signore di Firenze riceve omaggi da parte di inviati di altri Stati, e di rappresentanti del popolo fiorentino e del contado, che vengono a chiedere di intervenire per problemi riguardanti liti con vicini e altro. La ressa è enorme, tutti parlottano fra di loro in attesa di essere ricevuti. Ci sono anche inviati del Sultano Maometto II°. Recano degli animali in dono, per il Signore di Firenze, per suggellare l’amicizia fra i due popoli. I loro sfarzosi e strani abiti, attirano gli sguardi dei presenti, che ammiccano verso loro.
Un contadino di Rovezzano, porta con sé due capponi, li vuole consegnare a Lorenzo dopo che gli avrà parlato dei suoi guai con le monache del convento di Rosano, restie a pagargli le sue forniture di pollami e ortaggi. Siamo vicini l’uno all’altro, si avvicina all’orecchio e mi chiede notizie sullo strano animale, al guinzaglio di uno dei due arabi. Vuole sapere se conosco il nome, e se ho mai visto una creatura con un collo così lungo. Gli rispondo di non conoscere il nome della bestia e di non averla mai vista prima di oggi (una giraffa).
Il Medici è seduto su di una specie di trono. I suoi occhi acquosi guardano senza espressione la persona davanti a lui, le mani sono congiunte in grembo, l’artrite lo tormenta, come la gotta presente ad una gamba, tenuta distesa su di un panchetto imbottito. Vicino c’è un Notaio addetto a trascrivere tutto quello che viene detto. Ci sono i suoi figli, circondati dai loro istitutori: Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Agnolo Poliziano, addetti alla loro educazione. Tutti in silenzio, per ascoltare quello che viene detto.
Adesso è il turno del fabbro Niccolò Grosso detto il Caparra. Viene a protestare per il mancato pagamento di uno degli alari da camino da lui fatti. Lorenzo, ascolta le sue ragioni e con un leggero sorriso ordina al Notaio di far saldare le spettanze del fabbro. Quando arriva il momento del contadino, questo timidamente si avvicina al Magnifico, si toglie di testa il suo cappello di paglia fa un cerimonioso inchino e porge verso di lui i suoi capponi. Lorenzo ascolta le rimostranze del villano, e promette di intervenire nella diatriba, e fa cenno ad un paggio lì vicino di prendere i volatili e di portarli alle cucine.
Alberto Chiarugi: Chi sa quando tocca a te!
Neri di Ciaffo: E’ il mio momento, avanzo cautamente, togliendomi di testa il berretto, e chiedo il motivo per il quale ha voluto vedermi. Lorenzo mi guarda con attenzione, e con semplici parole mi informa sul lavoro che vuole dalla mia bottega. La fama ottenuta con i lavori miei e degli apprendisti, è giunta ai suoi orecchi. Pertanto, ha deciso di farsi fare un cassone per contenere il corredo di nozze di sua figlia Lucrezia, promessa sposa con Jacopo Salviati. Per abbellirlo lo farà dipingere da Donatello, con la rappresentazione delle Nozze di Cana. L’incarico mi riempie di gioia, fissiamo il prezzo del lavoro da pagare alla consegna. Venti giorni lavorativi, consegna del cassone a palazzo Medici, controllo per vedere se è stato fatto a regola d’arte, e pagamento di 20 fiorini d’oro.
Il Notaio ha redatto il contratto, me lo consegna ricordando i termini dell’accordo. Lo prendo, mi inchino al Magnifico e lascio il palazzo incamminandomi verso la bottega. Il suono del campanone del Duomo, mi ricorda che è mezzogiorno, debbo comprare il desinare per la mia famiglia e gli apprendisti. Oggi festeggiamo l’incarico ricevuto, comprerò pane, pecorino, fave, uova e per finire un buon fiasco di rosso. Farò apparecchiare il desco e tutti insieme, e al tocco mangeremo e berremo alla salute del Magnifico.