(NdR): La redazione avverte che l’intervista, dato il personaggio decisamente scurrile, riporta notevoli parolacce e offese, si raccomanda gli animi suscettibili di non leggere. Grazie.
Beh, dopo aver incontrato Michelangelo a Roma che cercava la sua casa, nostalgico, sono andato a trovarlo nella casa di Firenze, ma mentre mi aggiravo nei dintorni delle Cappelle medicee…
Riccardo: Daje, nantro strano, mo’ che è un’ altro film?
Stavolta il tipo cammina appoggiato a una sorta di bastone. Sembra non avesse le mani e fosse un po’ troppo, come dire, consunto dal tempo.
Riccardo: E mo’ te chi sei? N’amico de Michelangelo?
Giovannino: Sono Giovannino de’ Medici, non mi si riconosce, vacca boia!
È un po’ difficile parlare con Giovannino de’ Medici, ancora piuttosto arrabbiato per quanto occorsagli. Non tanto per la sua dipartita, quanto per le ragioni della sua morte, ma soprattutto, perché resta convinto che non abbiamo saputo sfruttare il suo sacrificio.
Insomma, presa confidenza mi chiede dove siano stanziate le sue truppe e dove arriveranno i lanzichenecchi. In breve cerco di spiegargli la situazione attuale, un piccolo ripasso della storia, per noi certo passata, ma un po’ meno per lui.
Giovanni: Sacco di Roma?! E nessuno si è opposto a quegli straccioni impertinenti?!
Riccardo: Nun t’agita’ Giova’, te cascheno l’altre ossa.
Giovanni: Insomma, ma com’è possibile? Ho fatto di tutto per fermare la calata dei lanzichenecchi e voi che fate? Dopo quello che è successo a Roma e all’Italia, avete addirittura fatto un alleanza con i loro discendenti crucchi?! Non ho idea di che cosa sia la prima o la seconda guerra mondiale, ma di certo le cose sono andate diversamente dal mio periodo! Siete una massa di cacasotto oggi, neanche un temperino sapete impugnare.
Diciamo che discutere di un argomento di questo genere con Giovannino è alquanto difficile. Come si diceva “fa più danno lui da solo ai nemici che tutto il suo esercito”, ed io lo trovo ancora intemperante e attaccabrighe proprio come racconta la storia.
Riccardo: Scusa Giova’ bevete sta biretta e rilassete. Ma te chiami Ludovico o Giovanni?
Giovanni: Che fai Cambi discorso? Va bene, poi ne riparliamo di queste alleanze! Sì, sono stato chiamato Ludovico in onore di mio zio Ludovico il Moro, Duca di Milano, poi quando è morto mio padre, mia madre mi cambiò il nome in Giovanni.
Riccardo: Sai Giova’, Niccolò Machiavelli dice de te che eri l’unico capace de pote’ difenne l’Italia dalla discesa de Carlo V.
Giovanni: Vero, infatti non ci siete più riusciti!! Anche oggi vi fanno il culo con la loro economia!! Molluschi.
Riccardo: emh…vabbe’,andiamo avanti.
Giovanni: Se non fosse stato per i tradimenti dei miei connazionali, ma soprattutto per l’uso delle armi da fuoco, armi che poco avevano a che fare con l’onore. Vuoi mettere il rispetto dell’uso della spada, arma che costringeva a guardare in faccia il proprio inimico quando lo si affrontava, invece di abbatterlo da lontano, vigliaccamente. Oggi siete ancora più vigliacchi, manco le armi usate, vi ammazzate con la burocrazia e le regole!
Riccardo: Sì, a proposito di onore, secondo la storia sei stato l’ultimo dei cavalieri medievali, l’ultimo vero capitano di ventura, l’ultimo coraggioso che seppur capitano, lottava con i suoi nella mischia, infatti già da ragazzo….
Giovanni: Gia’ da ragazzo cosa? Che vorresti rinfacciare? Non fare il grullo, stai bonino!
Riccardo: No, niente, nun te strani’, ma se sa che eri particolarmente attaccabrighe, rognosetto via.
Giovanni: Perché tu non eri un attaccabrighe? Non ti andava di divertirti? Non ti piacevano le ragazze? Non facevi risse?
Riccardo: E ce mancherebbe! Me di’ fatto certe scazzottate! Ma nun ho mai accoppato nessuno! Anche perché mo’ se va’ in galera, poi io nun c’avevo mica l’aiuti e le raccomandazioni tue da parte delli Papi!!
Giovanni: Beh sì tu parli del 1511 quando ho accoppato un rompiballe di un’altra banda, poi fui mandato a Roma per far calmare le acque, a far parte delle milizie pontificie grazie a Papa Leone X, ma anche lì… ahahah
Riccardo: Perché che artro è successo anche a Roma? Che hai combinato?
Giovanni: Beh, diciamo che anche lì qualche bravata non è mancata, ero con i miei nuovi amici e sul ponte di Castel Sant’Angelo incontrammo i nostri rivali della famiglia Orsini, c’era un certo Brancaccio, manco a dirtelo quanto mi stava antipatico e l’ho accoppato.
Riccardo: Anche quello, eehhh beh.
Giovanni: Considerando che era un grande e rinomato combattente e io avevo solo 17 anni, non ci fece una gran figura l’imbecille. Accoppato da un ragazzetto, il grande soldato. ahahah Pur non volendo ciò mi rese famoso, ma ovviamente fui cacciato anche da Roma e mandato a Napoli. Non è che li non ho spaccato la faccia e le chiappe a qualcun altro. hahaha Allora mi hanno rimandato a Firenze. Che colpa avevo io se incontravo solo dei cacasotto che si spacciavano per combattenti.
Riccardo: E poi?
Giovanni: Beh, se proprio dovevo prendere a calci in culo la gente, nel 1516 mi fu data una banda di gentaglia indisciplinata, pensavano mi avrebbero abbassato la cresta, li feci diventare un esercito e in 22 giorni nella guerra di Urbino sconfiggemmo Francesco Maria I della Rovere. Credo che ancora gli rode al chiccherone, ancora lo sento sbattere le ossa nella tomba quando ci passo vicino. ahahah
Riccardo: La guerra medievale stava diventando obsoleta.
Giovanni: Si! Purtroppo per quanto io fossi affezionato alla cavalleria pesante mi resi conto che questo metodo stava diventando anacronistico, era bello abbassare la visiera e caricare l’esercito avversario con le lance in resta, al galoppo e far volare per aria, come birilli, gli avversari nello scontro, che facce facevano. ahahah
Ormai, come Francesco I Re di Francia aveva già sperimentato sulla sua pelle, le armi da fuoco falciavano i cavalieri prima che arrivassero ad impattare con la schiera nemica.
Decisi allora di usare piccoli cavalli leggeri, sul tipo di quelli turchi e berberi, con uomini armati semplicemente e senza armature. Adattarmi ad imboscate e a colpi di mano, questo fece incazzare non poco i miei nemici. I miei Neri arrivavano come zanzare, rubavano i rifornimenti, attaccavano alle spalle, accoppavano, protestavano, scompigliavano, apparivano e sparivano come fantasmi.
Riccardo: Nantra cosa Giova’, ma perché le ‘bande nere’?
Giovanni: Perché alla morte di Leone X, in segno di lutto, ho reso nere le mie insegne che fino a quel momento erano bianche e viola.
Riccardo: E poi?
Giovanni: Poi il nero mi favoriva la notte e l’ho lasciato. Mi sono divertito a molestare, nel 1523, i francesi e gli svizzeri, ancora stanno correndo.
Riccardo: E dopo Leone X ch’è successo co’ Clemente VII?
Giovanni: Lui mi ha salvato le chiappe pagando tutti i miei debiti, poi dovetti passare con i francesi, nel 1525 venni ferito da queste maledette armi da fuoco, alla gamba, da un archibugio.
Poi francesi presero una bella batosta a Pavia, Francesco I cadde in mano agli imperiali tedeschi, fu visto in lacrime per la sconfitta, hahahah, sto piagnone. Appena libero si schierò di nuovo contro Carlo V insieme a Clemente VII. Intanto Georg von Frundsberg, a capo dei Lanzichenecchi, marciava verso Roma grazie alla complicità del Marchese di Mantova Federico II Gonzaga; permise a questi animali di scendere per l’Italia attraverso i suoi domini, sto cornuto!
Riccardo: … poi me pare che t’hanno ferito?
Giovanni: Si, a Governolo, fui ferito nuovamente, stavolta dal colpo di un falconetto, ironia della sorte prestato da Alfonso I d’Este agli Imperiali, altro cornuto!
Mi amputarono la gamba perché intanto aveva fatto infezione, poi la cancrena camminò e mi portò via all’altro mondo, insieme a tutti quelli che ho scannato, li ho incontrati tutti, abbiamo fatto una cena proprio tutti assieme, le risate! Sempre dei cornuti rimangono però!
Riccardo: Grazie a Pietro l’Aretino, n’amico tuo, che so’ rimaste immortalate le tue gesta.
Giovanni: Si, in realtà un carissimo amico, che descrisse le mie gesta, ma anche la mia agonia, mi fu vicino e mi pianse una volta morto. Come tutta l’Italia fece più tardi. Sapevano tutti che solo io avrei potuto fermarli, ma voi poi vi ci siete pure alleati!
Riccardo: A Giova’ ereno artri tempi… Vabbe’ poi?
Giovanni: … Poi, ve prendesse un corpo a voi e ai tedeschi, fui riportato nella mia città, nelle cappelle medicee a Firenze accanto a quella poveraccia di mia moglie Maria Salviati, che più volte ho cornificato, ma si sa, mi piacevano le donne e lei era di un moscio, oddio brava donna eh, però…
Se ne va cosi… claudicante, senza salutare, è arrabbiato perché i suoi compatrioti lo tradirono, non lo supportavano, anzi continuarono a tradirlo anche dopo morto per poi pentirsene.
Nel 1857 fu aperta la sua tomba. Fu trovato come oggi si è presentato a me, non aveva più le ossa delle mani, ancora la capoccia stava dentro l’elmo un po’ arrugginito. Lo stinco destro ovviamente non c’era più, quello colpito, tagliato dal cerusico e forse gettato al cane. La sua armatura ormai non più lucente né tanto meno brunita per mimetizzare i suoi movimenti notturni, ormai solo arrugginita.