A quest’Arte era iscritto Niccolò Grosso detto “il Caparra” fabbro famoso per i sui accurati lavori, grande artista e noto per non iniziare il lavoro se non aveva ricevuto una caparra, con la testardaggine nel richiedere l’anticipo prima di iniziare un lavoro, a chiunque si presentasse presso la sua bottega rischiò di inimicarsi il Magnifico e i Capitani di Parte Guelfa.
A tal proposito si racconta di un alterco avuto con il Medici. Questi aveva bisogno di due alari per reggere i ceppi di un camino, fece chiamare il famoso fabbro e lo incaricò di tale lavoro. Il Caparra tenendo fede al suo soprannome chiese al Magnifico l’anticipo per iniziare il lavoro, ma non avendo ricevuto nessuna somma, se ne andò meditando vendetta. Quando Lorenzo ritenne giunto il momento di ritirare quanto richiesto, mandò un Donzello a ritirare gli alari con la somma pattuita. Il Caparra non fece una piega e consegnò al Donzello, solamente uno degli alari, pregandolo di dire al Magnifico che, se voleva l’altro doveva mandargli altro denaro, considerando la somma anticipata bastava per un solo attrezzo. Lorenzo capì, l’antifona, diede altri soldi al fabbro ed entrò in possesso del ferro mancante.
L’Arte dei Fabbri, aveva per patrono Sant’Eligio Vescovo, chiamato per corruzione del suo nome San Loe o Sant’Alò, la cui statua fu scolpita da Nanni di Banco e posta in un edicola presso la chiesa di Orsanmichele. Il 25 giugno di ogni anno, i consoli lo festeggiavano solennemente, con un corteo che si muoveva dalla sede dell’Arte in Chiasso di Messer da Bivigliano fino alla chiesa per l’offerta dei ceri e per distribuire tramite di due festaioli i doni ricevuti.
Nell’edicola dove si trova la statua del patrono, c’è raffigurata il simbolo dell’Arte una tenaglia traversa in campo bianco.