Questo articolo sul lampredotto è in gestazione da molto, devo confessare che parlare del RE del cibo da strada fiorentino non è semplice, quasi mi intimorisce. Troppe storie, troppe varianti, troppe ricette anche se poi alla fine è un cibo semplice, a basso costo e di non difficile preparazione; ma fra farlo buono e farlo e basta, c’è come fra mangiare e stare a guardare. Ci proviamo anche se con trepidazione.
Il nome lampredotto, sembra incredibile, ma deriva da un pesce, la lampreda. La lampreda è un pesce di cui l’Arno era estremamente ricco e che veniva pescato e acquistato dai ricchi fiorentini. Era un pesce prelibato e costoso e il popolo non poteva permetterselo. Il popolo si poteva permettere solo il quinto quarto ed infatti abbiamo già parlato di piatti poveri nati dagli scarti proteici dei ricchi, come la trippa o le interiora di pollo da cui nascono i crostini toscani e altri piatti come il cibreo. La lampreda ha una bocca particolare e se ci pensate bene può assomigliare alle crespature dell’abomaso cioè lo stomaco della vacca (i primi tre sono pre-stomaci e si usano per la trippa). Forse il popolo fiorentino ha associato i due nomi per burla chiedendo una lampreda al trippaio, come se potesse permettersi di mangiarla, e nel tempo il nome è diventato lampredotto.
Il lampredotto è un cibo da strada ed infatti sono molti i trippai o i lampredottai che si trovano a giro per Firenze. C’è chi ne preferisce uno chi un’altro, ma mediamente sono tutti più che qualificati per questo piatto veramente speciale. Questo non toglie che non si possa prepararlo a casa.
Ingredienti per il lampredotto:
Preparazione:
La prima cosa da fare è lavare il lampredotto, anche se acquistato già lavato conviene sempre lavarlo ancora e ancora e poi ancora sino a che l’acqua non resterà pulita. Prepariamo quindi le verdure lavandole e sbucciandole. Tagliamo a metà i gambi di sedano, le carote, i pomodori e le cipolle. Incastriamo il chiodo di garofano nella polpa della cipolla in maniera che non vada a giro per il brodo.
Mettiamo il tutto in una pentola con circa 3 litri di acqua assieme al prezzemolo e alle foglie di salvia in maniera da preparare un ricco brodo vegetale (io me ne frego e ci metto un osso). Si porta ad ebollizione e abbassato il fuoco si lascia formare il brodo. Ci vorrà del tempo, il brodo deve essere ben formato.
A brodo fatto si sala e si immerge nel brodo il lampredotto intero o a grossi tranci. Abbassiamo il fuoco e chiudiamo con il coperchio lasciando cuocere. Molte ricette riportano circa 1 ora, per me è una battuta di spirito, il lampredotto più cuoce e meglio è. I lampredottari accendono il fuoco la mattina e lo spengono la sera aggiungendo lampredotto di continuo, e non dico altro se non che quel brodo è probabilmente lo stesso che bolliva il giorno prima.
Quando la cottura sarà terminata, cioè mai, diciamo quando la fame la fa da padrone, estraiamo il lampredotto dal suo brodo e con il coltello tagliamolo in piccoli pezzi. Con un forchettone si infila la metà superiore della semella tagliata e la si zuppa nel brodo caldo, nella metà inferiore (tolta l’eccesso di mollica), si mette il lampredotto, si sala e si pepa.
Il lampredotto è già pronto per essere gustato, ma volendo può essere arricchito con salsa verde oppure salsa piccante o la combinazione delle due.
Se, e dico se, vi avanza del lampredotto (fatelo avanzare mettendone in cottura di più) il giorno dopo potete usare il lampredotto avanzato e il meraviglioso brodo che si è creato per fare il riso sul lampredotto. La ricetta non è difficile. Fate tostare il riso per poi portarlo a cottura con il brodo del lampredotto. Il lampredotto avanzato lo tagliate a pezzetti da unire a metà cottura, mantecate con un poco di parmigiano e servite con una spolverata di pepe. Personalmente recupero le verdure stracotte nel brodo e le frullo per fare un mega dado da mettere nel riso insieme al brodo.
Insomma il lampredotto vi fa godere due volte, prima nel panino e poi sul riso, ma cosa pretendete di più dal quinto quarto?
Pingback:FlorenceCity-Rivista Fiorentina - Da dove nascono i nomi delle strade?