Il suo è un nome che di fiorentino ha poco, eppure la ricetta più famosa e diffusa di questo liquore, che ha conosciuto vari tentativi di imitazione, ha Firenze come città natale.
L’origine di questo nome esotico è araba ed è legata al suo bel colore rosso ricavato dalla “Cocciniglia”, dall’arabo al qirmiz, che indica e l’insetto e il colore. Le femmine della Cocciniglia secernono acido carminico per difendersi dai predatori ed è dalle femmine essiccate che si ricava una polvere colorante da cui si ottiene il colore rosso carminio che contraddistingue il liquore. Oggi, nella produzione industriale, la Cocciniglia è sostituita da coloranti alimentari.
Nel “Vocabolario dell’uso toscano compilato da Pietro Fanfani” si legge:
“ALCHERMES.T.farm. Liquore composto di alcool e giulebbe; tinto con cocciniglia, e datogli odore aromatico per mezzo di droghe tenute in fusione nel detto alcool.”
Già nel lontano 1233 veniva prodotto dalle suore dell’ordine dei Servi di Maria ed è documentato che nel XV secolo fosse prodotto nella farmacia di Santa Maria Novella. Si tramanda sia stato un “rosolio”,nominativo attribuito ai liquori con bassa gradazione alcolica e dolci o giulebbe*, inventato dalla famiglia dei Medici, o più probabilmente molto consumato da molti dei suoi membri, che lo chiamarono anche “Elisir di lunga vita”, anche se da altre parti si sostiene che questo appellativo si debba alle Serve di Maria. Esportato in Francia dalla futura regina di casa Medici, Caterina (ma cosa non si attribuisce ormai alla grande Caterina!), era conosciuto oltralpe con il nome di “Liquore de’ Medici”.
Oggi lo possiamo trovare con la ricetta originale nella ormai storica Farmacia di Santa Maria Novella famosa per la preparazione nella sua officina di molti liquori e profumi. Fu il frate Cosimo Bucelli a perfezionarne la ricetta nel XVIII secolo. Dal 2003 all‘Alchermes delle Officine è stato riconosciuto il marchio di “prodotto agroalimentare tradizionale”.
Oggi l’Alchermes non viene usato come liquore ma in pasticceria per “inzuppare” biscotti, come per la Zuppa inglese o il Pan di Spagna per la confezione dello Zuccotto o per le Pesche di Prato capoluogo dove ha anche un utilizzo insospettato nella produzione della mortadella locale: si tratta di un insaccato simile ad un salame cotto in cui, in origine, venivano usate le carni di scarto per confezionare la finocchiona, macinate e cotte con aglio e alcune delle droghe utilizzate per la produzione del liquore che aggiunto conferiva alle carni un invitante colore rosso che si manteneva nel tempo.
Per chi volesse cimentarsi nella preparazione casalinga di questo antico rosolio, ecco di seguito la ricetta che Paolo Petroni indica nel suo ricettario “Il libro della vera cucina fiorentina”:
Per circa 2 litri
Alcool puro a 95° 600 gr
Zucchero 600 gr
Acqua di rose 100 gr
Cocciniglia 10 gr
Cannella 10 gr
Coriandolo 10 gr
Macis 3 gr
Cardamomo 10 granelli
Chiodi di garofano n°4
Scorza d’arancio dolce 5 gr
Anice stellato (fiori) 3 gr
Vaniglia ½ stecca
Procedimento
Pestare nel mortaio tutte le droghe, meno la vaniglia da tagliare a pezzettini, e metterle in un bottiglione con l’alcool e 300 gr di acqua pura.
Tappare il recipiente e lasciare in infusione per un paio di settimane, ricordandosi di agitarlo almeno una volta al giorno.
Trascorso questo tempo sciogliere a freddo lo zucchero in mezzo litro di acqua pura ed unirlo all’infuso.
Agitare bene e lasciar riposare un’ altra giornata
Alla fine filtrare il liquore con un cono di carta da filtro e aromatizzare con l’acqua di rose.
E buon Alchermes a tutti!
*giulèbbe s. m. [dal pers. gulāb «acqua rosa», comp. di gul «rosa» e āb «acqua», attrav. l’arabo giulāb], tosc. e letter. – Bevanda fatta con succo di frutti bolliti con zucchero, diluito e chiarificato; anche, più genericam., sciroppo fatto con acqua zuccherata e aromatizzata.( Treccani)
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