La Francigena fu una strada fondamentale per gli spostamenti in tutto il periodo medievale. Ebbe origine nell’epoca longobarda nell’VIII secolo (probabilmente seguiva anche vecchi tracciati di epoca romana), e serviva per congiungere i vari possedimenti in mano a questo popolo. Una strada che passava per Milano, Pavia, per Piacenza e Sarzana, proseguendo verso la Toscana passava per Lucca, nella val d’Elsa e nella val d’Arbia. Una strada tutto sommato sicura, perché lontana dal mare; dunque senza il pericolo di attacchi dei bizantini o dei pirati saraceni prima e poi dei turchi. Fu nell’ XI secolo che divenne famosa come strada dei Pellegrini.
La via era percorsa per recarsi a Roma, oppure per arrivare in Terra Santa. I pellegrini partivano da tutta Europa, spesso con in mano il bordone, un lungo bastone non solo per aiutarsi nel cammino, ma per difendersi da malintenzionati o animali selvatici. Appesa al collo spesso e volentieri portavano una conchiglia, simbolo riconoscibile del pellegrino.
La via Francigena veniva mantenuta in buono stato dai feudatari, dai monasteri e da tutti i comuni liberi attraversati, visto che ognuno di questi traeva vantaggi economici dalle persone di passaggio. Percorsa a piedi dai pellegrini (ma anche in carro o a cavallo da altri viaggiatori), ogni 7 o 8 km offriva dei punti per il ricovero e per il ristoro dei pellegrini. Gli “spedali”, da cui poi si originò il nome odierno di “ospedale”, parole che derivano dalla parola “ospitare”. In seguito diventati anche luoghi di cura per gli stessi pellegrini ammalati.
La Toscana era piena di questi luoghi, non a caso alcune località conservano ancora nomi che ne ricordano l’origine, come Spedaletto o Spedaluzzo. Si tratta chiaramente di nomi deformati nel tempo, ma che chiaramente derivano da queste strutture li presenti.
Era prevista anche l’ospitalità per chi non era in grado di pagare, ovviamente si trattava di ripari di fortuna, con giacigli in paglia, che mettevano anche a disposizione pasti frugali. Mercanti, ricchi e pellegrini abbienti, potevano invece usufruire di locande, osterie e monasteri molto più confortevoli, che invece mettevano a disposizione pasti molto più ricchi.
Il pellegrinaggio era un atto di devozione, che a volte veniva intrapreso anche per volere di terze persone. Infatti chi non poteva impegnarsi in questo lungo, impegnativo, faticoso e pericoloso viaggio, poteva pagare qualcun altro che lo facesse al posto suo, raccogliendone comunque i benefici!
Spesso il viaggio veniva affrontato in compagnia di estranei incontrati per strada, tra cui però spesso si nascondevano truffatori, ladri e malfattori, ma anche soldati, mercanti e semplici viaggiatori.
Il pellegrino nel momento della partenza faceva testamento, ricevendo la benedizione del proprio parroco. Per essere riconoscibile oltre al bastone già citato e alla conchiglia, aveva un mantello a mezza gamba detto “sanrocchino”, sotto indossava spesso è volentieri una veste corta che arrivava sopra al ginocchio, così che non gli impedisse di camminare liberamente, mentre in testa portava un cappello molto largo detto “romeo”, altro appellativo usato poi per indicare il pellegrino. Una bisaccia era portata a tracollo e conteneva cibo e i pochi averi, mentre una zucca vuota fungeva da borraccia, e una sacchetta appesa alla cintola conteneva i suoi denari (ecco perché i ladri erano anche chiamati “tagliaborse”, tagliavano questa sacchetta con un coltello e fuggivano con il maltolto). Ai piedi calzavano dei semplici calzari, o degli stivali comodi. Un pellegrinaggio poteva durare anche un anno o due, viste le lunghe distanze percorse a piedi, ma anche per gli imprevisti. Il pellegrino era ritenuta una figura inviolabile, protetta dalla chiesa, spesso infatti portava con se lettere di riconoscimento.
Per viaggiare più sicure queste figure si accodavano a drappelli di soldati e si servivano del passaparola con gli altri viandanti incontrati, per segnalarsi reciprocamente la presenza di eventuali pericoli, o loschi personaggi avvistati.
In Toscana lungo questa e altre vie di pellegrinaggio, sorsero mercati, laboratori di artigiani, soprattutto specializzati nell’arte tessile, ma anche nella lavorazione della carta e del vetro ancora oggi esistenti. Attività comunque utili per un viaggiatore che poteva averne bisogno.
Anche da Firenze partivano molti pellegrini. All’epoca la città si presentava con la sua forte eredità di epoca romana, era ancora un prospero municipio, in cui erano presenti ancora i vecchi templi, le statue, il foro, le terme, l’acquedotto e le varie domus signorili trasformate ormai in piccole roccaforti. Nella città c’era una torre di avvistamento molto alta chiamata il “Guardingo”, posta all’altezza dell’attuale Piazza della Signoria e via del Proconsolo. Le mura difensive circondavano tutta la città, venivano rafforzate e restaurate frequentemente. Nei sotterranei dell’anfiteatro posto sull’attuale via delle Burella, i locali rimasti venivano riutilizzati come prigioni. Le strade erano ancora fatte in terra battuta, o ciò che rimaneva del basolato romano, l’acqua si traeva dai pozzi, mentre l’immondizia, ma soprattutto gli escrementi personali erano buttati dalla finestra in special modo la notte. Anche Firenze aveva i suoi posti di ricovero per i pellegrini che attraverso vari itinerari potevano raggiungere la città.
Oggi ci sono sei itinerari che si snodano da Firenze e che vanno ad intercettare la Via Francigena: il percorso urbano fiorentino, via Sanese, via Pisana, via Bolognese, via Vecchia Aretina, la Strada dei Sette Ponti. Ci sono poi altre vie romee al di fuori della Toscana, nel resto dell’ Italia: la via Romea Nonantolana, la via Romea della Sambuca (o via Francesca della Sambuca), via Romea dell’Alpe di Serra o via Teutonica, o via di Alemagna o Via Romea di Stade o Via Ungaresca, via Flaminia (Rimini-Roma), via Romana (Milano-Lodi-Piacenza e Bologna-Firenze-Poggibonsi).
Ancora oggi alcuni viaggiatori, ma anche dei pellegrini, amano percorrere queste strade a piedi verso la capitale, o altri luoghi di interesse religioso.