Tanto inchiostro è stato consumato sulla vicenda storica che tutti noi conosciamo come “congiura dei Pazzi”, ma che in realtà fu un vero e proprio tentativo di colpo di stato contro i Medici, complottato da nemici interni (come esponenti della casa Salviati e Pazzi), da esterni (Riario), ma anche da Stati limitrofi (come il Regno di Napoli, La Repubblica di Siena, il ducato di Urbino e lo stesso pontefice).
Tanto è stato detto, specialmente di come si sono svolti i fatti quella fatidica domenica del 26 aprile del 1478, dell’uccisione di Giuliano de’ Medici e del contemporaneo ferimento di Lorenzo de’ Medici, pugnalati a tradimento mentre si trovavano in ginocchio chini durante la messa, proprio nel momento dell’eucarestia. Di come Giuliano fu facilmente sopraffatto perché malato e disarmato, e di come, invece, si difese il fratello Lorenzo che si rifugiò in sacrestia.
Eppure, fra i tanti racconti ci sono errori, dubbi e particolari poco noti ai più.
Iniziamo con un errore che per l’efferatezza del delitto perpetrato non è di poco conto. È assodato che il luogo prescelto fu l’interno di Santa Maria del Fiore, durante la funzione della messa, e fin qui niente da eccepire, ma alcuni sostengono che quello era il giorno di Pasqua.
Guardando il calendario astronomico sappiamo invece con certezza che quell’anno la Santa Pasqua cadde il 22 marzo, e mai vi è stata una Pasqua il 26 di aprile, e mai lo sarà perché, calcoli alla mano, il giorno di Pasqua può cadere massimo il 25 aprile (e lo fu nel 1451, in tempi recenti lo è stato nel 1943 e il prossimo sarà nel 2038).
Pochi storici invece hanno tralasciato un fatto, a mio giudizio importante: i Medici già da mesi erano già stati messi al corrente, da varie voci, specialmente da quelli dei milanesi loro alleati, che i loro nemici, non ben noti, stavano ordendo contro un complotto.
Alcuni studiosi sostengono che il temerario colpo di mano doveva essere messo in atto già una settimana prima; in occasione di un banchetto i due fratelli dovevano essere avvelenati, ma Giuliano disertò l’incontro conviviale perché caduto in malattia.
Il sabato successivo, il 25 aprile 1478, si presentò un’identica occasione (o forse solo la prima, studiata nelle riunioni che i cospiratori avevano tenuto in una località che poi diremo).
La famiglia Medici concesse e organizzò (stimolata forse da qualcuno che credevano “amico”), un sontuoso banchetto nella loro Villa di Fiesole, in onore del giovanissimo Raffaele Riario (parente del Papa Sisto IV, nemico dei Medici), appena nominato cardinale. La strategia era quella studiata: i due fratelli di stirpe medicea dovevano essere soppressi avvelenando alcune pietanze che a loro sarebbero state servite. Anche stavolta però mancò Giuliano ancora malato.
I cospiratori non potevano rinviare oltre (le armate inviate dal papa per sostenere la rivolta conseguente stanno già marciando verso Firenze), e così studiano un nuovo piano delittuoso da attuare il giorno seguente.
Sempre Raffaello Riario è di scena. Per la domenica 26 aprile, aveva organizzato la celebrazione di una messa di ringraziamento in Duomo che lui stesso avrebbe officiato. Lorenzo erano sicuri che partecipasse; ma per fugare ogni dubbio quelli che furono incaricati di uccidere Giuliano (Francesco de’ Pazzi e Bandini Baroncelli), che si fingevano amici e consorti, addirittura andarono a prelevarlo a casa quando ancora era febbricitante. Durante il breve tragitto da palazzo Medici di Via Larga al Duomo, con finti abbracci si assicurarono che non avesse protezioni personali e che fosse disarmato.
Il piano era ben organizzato, ma, come sappiamo riuscì solo a metà. Piano ordito con cura, fatto da menti colte nella più oscura ombra, in tutto segreto. E dove poteva essere un luogo sicuro lontano da occhi e orecchi indiscreti?
E qui c’è l’ultimo dubbio. C’è la teoria che, almeno l’improvviso cambiamento dei piani fu ordito la stessa mattina della domenica delittuosa, tra le sale della Villa “La Loggia”, in via Bolognese (ora sede della Casa Editrice Giunti), all’epoca lussuosa residenza extraurbana dei Pazzi (forse troppo vicina alla città per non passare inosservati gli andirivieni di illustri personaggi).
Una leggenda vuole invece che tutto fu organizzato nel più lontano Castello del Trebbio nei pressi di Santa Brigida, possedimento sempre della famiglia Pazzi. Fortilizio più isolato e facilmente difendibile; per di più da vario tempo divenuta sede di riunioni di dotti umanisti.
Il dubbio rimane: quale luogo più adatto per le loro riunioni, i cospiratori di così alto lignaggio e di altri stati della penisola avranno scelto?