Per restare nel mondo dell’arte, dopo l’articolo sulla Primavera del Botticelli, analizziamo un altro quadro rappresentato in una fotografia. Se vogliamo analizzare la rappresentazione fotografica secondo un ottica legata alle vicende del mostro di Firenze, quello mostrato in foto ha numericamente e simbolicamente un’attinenza interessante. Il quadro in oggetto è di Gustav Klimt.
Abbiamo il mostro in evidenza, rappresentativo, non reale, quasi ridicolo, un’immagine legante attraverso il suo abbraccio. Chi abbraccia il simbolico mostro? Tutti i suoi adepti e le sue vittime sacrificali.
Contiamo le donne. Si tratta di 6 donne, esattamente come le donne uccise dal MdF. Nel 1974, giugno 1981, ottobre 1981, 1982, 1984, 1985. Le donne sono rappresentate nude, a simboleggiare il sesso.
C’è un uomo femmineo, se ne distingue l’aspetto maschile ma è dotato di seno, con una faccia chiara come una geisha, una rappresentazione di un uomo che si sente donna, rappresentazione dell’omosessualità, la vittima del 1983.
Vi è poi un sacerdote, grassoccio, bolso, evidentemente un uomo non d’azione. L’uomo che collega la divinità, che è alle sue spalle, e il gruppo che si occupa del sacrificio vero e proprio. Il sacerdote guarda esattamente questo gruppo, uno sguardo di controllo e comando. La divinità è dietro di lui, lui la rappresenta.
La divinità è un essere dorato e munito di ali, quasi paternale, sia in termini di aggettivo che di sostantivo; con le braccia che simboleggiano l’abbraccio e l’accoglienza. Infatti una delle donne è li al suo cospetto, a lui offerta. Una donna che a differenza delle altre che mostrano nudità e lussuria assume un atteggiamento remissivo, intimorito, quasi impaurito. Essa sa di essere al cospetto di una divinità.
Il gruppo conta quattro persone con i capelli di Medusa, coloro che osservano e pietrificano l’azione, coloro che pedinano la sacrificanda e la offrono pronta all’ultimo uomo, colui che è il più alto nel gruppo e che ha come ornamento una criniera di leone, il cacciatore, colui che attacca e uccide.
L’allegoria è completa, la rappresentazione della divinità che si manifesta con il suo sacerdote, il controllo di quest’ultimo sugli adepti che si occupano della ricerca e del sacrificio, e le sacrificate che da sottomesse agli adepti passano poi nelle mani della divinità stessa.
Una lettura, come quella della Primavera del Botticelli, allegorica ma evocante.
La fotografica di Inge Prader e i delitti del Mostro di Firenze
Francamente le analogie con le vicende orribili del cosiddetto mostro di Firenze mi sembrano tirate per i capelli. Oltretutto i delitti a lui imputati sono generalmente 16 e le donne uccise sono state 7.
Ma a parte anche questo si tratta di una storia talmente dolorosa, di un dolore che ancora tormenta persone fisicamente vicine a noi, che mi sembra veramente di cattivo gusto rievocarla per costruire chiavi di lettura, assolutamente opinabili, di un’opera artistica contemporanea.
Per chi è uno studioso del caso appare meno fantasiosa di chi ne percepisce solo il ricordo triste. Per uno studioso del caso il 1968 è un delitto che potrebbe non essere da includere nella serie. Grazie per l’accusa di cattivo gusto, ne sentivamo il bisogno.
JaK