La città di Firenze è giunta alla metà del XIX secolo mantenendo pressoché inalterata la sua struttura urbanistica e la sua forma urbana. Dopo di che, come noto, in poco meno di un secolo, ovvero fra l’unità d’Italia (1861) e la tragica estate del 1944, la città fu soggetta ad una serie di devastanti trasformazioni che ne hanno largamente modificato l’aspetto medievale e rinascimentale che aveva mantenuto nei secoli: l’abbattimento delle mura, la costruzione dei viali e dei quartieri periferici, il cosiddetto “risanamento” del centro storico e così via fino ad arrivare ai tragici eventi della seconda guerra mondiale, le distruzioni perpetrate dall’esercito tedesco e dalle bombe alleate.
Queste trasformazioni, progettate scientemente o derivate da tragici eventi, hanno quasi sempre avuto effetti negativi contribuendo alla perdita di vaste testimonianze storiche ed artistiche della città. Ci sono inoltre, ed è ciò di cui mi occuperò in questa serie di brevi articoli, alcuni progetti che avrebbero ulteriormente modificato l’aspetto di Firenze modificandone ancor più la forma e intaccando ulteriormente le memorie storiche ed il patrimonio artistico, ma che non sono mai stati realizzati. Col senno di poi, verrebbe da dire fortunatamente.
Il primo progetto di cui ci occupiamo si deve alla fervida mente di Giuseppe Martelli, allievo di Luigi Cambray Digny ed architetto dello Scrittoio Granducale, che nel 1861 firma un monumentale progetto per un “asilo per gli invalidi militari”, da realizzarsi sulla collina del Poggio imperiale inglobando la Villa omonima. Il progetto, che risponde appieno ai canoni estetici e funzionali dell’epoca, si ispirava al famoso Hotel Des Invalides di Parigi e avrebbe dovuto servire a contenere quasi 4.000 invalidi. Fu presentato al Re Vittorio Emanuele II accompagnato da una dettagliata relazione. Disponiamo di una veduta prospettica a volo d’uccello dell’intero complesso che ce ne mostra le mastodontiche dimensioni, tali da far quasi scomparire la bella villa del Poggio Imperiale che tuttora domina la collina omonima. La veduta, proveniente da Palazzo Pitti, si trova presso la Scuola Sottufficiali Carabinieri
Prima che il lettore si lanci in improperi contro il Martelli, dichiarandolo “nemico pubblico di Firenze” numero due dopo l’odiato (non sempre a ragione) Giuseppe Poggi, per onor di giustizia annotiamo che il Martelli mostra di avere in qualche modo a cuore le sorti della preziosa villa che, a quanto scrive, sarebbe stata destinata comunque ad essere trasformata e riutilizzata. Scrive infatti nella memoria allegata al progetto: “ in questo fabbricato avendovi molto speso in comodità signorili, ed in magnifici edificazioni (sic) per formare in più secoli e sotto più governi un vastissimo edifizio con amene attendenze, il deturparlo come proponevasi e per farvi un manicomio o per altri consimili destinazioni, quantunque di pubblica beneficenza, sarebbe una deturpazione assai di dispiacente per i toscani e verrebbero giudicato dagli esteri un vandalismo; perciòcche vi esistono delle opere di valenti architetti, ed egregi dipintori, le quali meritano di essere conservate.”
Questo progetto, che non fu mai realizzato e che oggi ci appare sovradimensionato ed oltremodo impattante, interessando una delle aree collinari più belle di Firenze, va inserito nel contesto delle idee illuministiche e postrivoluzionarie del tempo, alle cui concezioni utopistiche il Martelli aveva aderito come conseguenza della sua formazione di stampo francese ed Europeo.