La colonna della Giustizia si trova in piazza Santa Trinita ed è la più alta e la più bella delle colonne cittadine.
Fu donata da papa Pio IV a Cosimo I e proviene dalla natatio (la piscina monumentale) dalle terme di Caracalla di Roma, scolpita in un pregiato granito orientale: è l’unica colonna integra pervenutaci da tale monumento. Si tratta di una grande colonna monolitica alta 11,17 metri e pesante circa 50 tonnellate, arrivata a Firenze dopo un lungo viaggio.
Il trasporto da Roma fino al mare fu fatto nell’estate del 1562, con gli uomini e i mezzi del cantiere di San Pietro, e presentò numerose difficoltà soprattutto nel tragitto durato oltre due mesi, dalle terme al porto sul Tevere fatto alla velocità di 120 metri al giorno. A sovrintendere al trasporto fu Giorgio Vasari che verificò la possibilità di caricarla sull’imbarcazione mandata da Cosimo I e probabilmente costruita per l’occasione.
Dopo le operazioni, probabilmente molto complesse, per caricare la colonna, nell’inverno il barcone mosse verso Ostia e Civitavecchia, non senza molte difficoltà e poi prese il mare, rimorchiata da una galera che dovette sostenere anche uno scontro con due imbarcazioni turche, arrivando a Livorno nel mese di marzo 1563. Il tragitto sull’Arno, nella seconda metà di aprile, dovette avvenire con l’aiuto di un’imbarcazione più piccola probabilmente allestita per l’occasione e si dovette interrompere a Ponte a Signa “per non potere andare più innanzi Fiorenza colla scafa” a causa della ridotta portata del fiume.
Dopo lunghe preparazioni con la supervisione di Bartolomeo Ammannati, verso la fine di luglio la colonna imbragata in una incastellatura di legno detta “nizza”, viene trainata lungo la via Pisana verso Firenze, con canapi fabbricati appositamente, da cavalli e buoi con l’opera di circa venti operai. La colonna arriva in piazza Santa Trinita il 26 settembre 1563, dopo oltre un anno di viaggio.
Dopo essere stata rimaneggiata dall’Ammannati, fu eretta nella collocazione finale nel 1565. Alla colonna convergono visivamente via de’ Tornabuoni, via delle Terme e Borgo Santi Apostoli ed essa domina lo spazio della piazza con un senso del gigantismo del tutto nuovo per Firenze.
Nelle intenzioni di Cosimo c’era la celebrazione della vittoria su Siena nella battaglia di Marciano (2 agosto 1554). Il punto dove è collocata infatti era quello dove il duca si trovava nel momento in cui ricevette la notizia della vittoria riportata dalle sue truppe sul ribelle Pietro Strozzi ed i suoi alleati senesi. Quando poi Cosimo venne nominato
Granduca fu aggiunta, alla base, l’iscrizione dedicatoria come Colonna della Giustizia e la sommità fu coronata nel 1581 dalla statua della Giustizia, in porfido rosso antico, di Francesco del Tadda e del figlio Romolo. Francesco del Tadda era diventato uno specialista nel lavorare il difficile e durissimo materiale, tanto che Vasari e Cellini gli attribuiscono la riscoperta delle antiche tecniche di lavorazione usate nel periodo classico. La statua è alta circa 6 braccia e realizzata assemblando insieme con perni metallici sei pezzi di porfido probabilmente proveniente anch’esso da Roma. Per scolpire La Giustizia nel durissimo materiale furono necessari ben undici anni, durante i quali la grande statua rimase in una loggia dei Bardi presso la chiesa di Santa Maria Sopr’Arno. Il modello della statua era dell’Ammannati, in quanto i Ferrucci erano scalpellini senza istruzione artistica (senza “disegno” come si diceva allora). Il bronzeo panneggio del mantello che copre le spalle della Giustizia, originariamente non era previsto. Fu applicato dall’artista soltanto a statua ultimata per rimediare ad un difetto alle spalle, che apparivano assai piccole rispetto al corpo, anche a causa del particolare punto di vista prospettico.
Negli anni immediatamente successivi alla messa in opera della statua della Giustizia si verificò un curioso episodio: alcuni ragazzi che erano soliti giocare sul Ponte Vecchio, furono accusati di aver rubato alcune pietre preziose da alcuni banchi dei gioiellieri. I ragazzi si dichiararono innocenti; tuttavia furono diffidati dal rimettere piede sul ponte. Nonostante questo provvedimento, i furti continuarono.
Alcuni anni dopo la verità sarebbe venuta a galla: in una operazione di periodica pulitura della statua della Giustizia, fu scoperto un nido di gazza ladra all’interno di uno dei piattini della bilancia, con all’interno tutta la refurtiva.