Konrad Kyeser è stato un ingegnere militare tedesco e autore, nel 1405, del “Bellifortis”, un trattato sulle macchine d’assedio dedicato, come era d’uso all’epoca, al re Roberto Wittelsbach di Germania e dei Romani.
Il nostro autore operò alla corte di Padova come medico, poi partì per la crociata contro i turchi, quella della disastrosa battaglia di Nicopoli del 1396, che portò alla disfatta dell’ esercito cristiano. Probabilmente a causa di questa cattiva esperienza, Konrad si ritirò in una sorta di esilio volontario sulle montagne della Boemia, qui cominciò a scrivere questo trattato di ingegneria militare. Esistono altri manoscritti che si rifanno a quello di questo autore, tra cui il più conosciuto (almeno per gli addetti), è il manoscritto di Hans Talhoffer, autore di uno tra i migliori trattati di scherma del XV secolo. Il Thaloffer oltre ad un accurato studio delle tecniche marziali duellistiche, raccoglie anche una serie di illustrazioni di armi e invenzioni dell’epoca, che compaiono già nel trattato di Konrad Kyeser.
Il manoscritto tratta vari temi, dalle macchine d’assedio alle armi da fuoco, dai fuochi d’artificio agli attrezzi di lavoro, ma soprattutto, per quello ne parlo, della famosa “cintura di castità fiorentina”.
Si tratta di un mezzo di contenzione fisica atto ad impedire un eventuale rapporto sessuale consensuale o meno, sia agli uomini che soprattutto alle donne. Utilizzata, secondo le tesi ottocentesche nel periodo medievale. Si è scoperto però trattarsi di un falso storico.
Non le “cinture” arrivate ai nostri giorni risalgono al XIX secolo, si tratta dunque di “copie” che servivano a dimostrare la tesi del tempo, ovvero quanto il medioevo fosse un’ epoca buia. Il mito nasce associato al periodo delle crociate, quando gli uomini che partivano per la guerra, per essere sicuri della fedeltà delle proprie mogli, le obbligavano a indossare questa sorta di prigione per le parti intime.
Anche se compare nel Bellifortis come “cintura contenitiva per le donne fiorentine”, è lo stesso autore a commentare il disegno di questo orpello in maniera assai ironica. In realtà infatti il “congegno fiorentino” non compare in nessuna fonte storica ne a Firenze ne in altri luoghi.
In questo testo vengono rappresentati molti strumenti particolari, originali ed eccentrici per non dire fantasiosi, da sembrare più che altro progetti bizzarri. Si ha l’impressione di trovarsi semplicemente davanti ad una collezione di sorprendenti e bislacche invenzioni, di fantasticherie dell’autore, o più probabilmente un raggruppamento di pazzi esperimenti, che l’autore ha trovato chissà dove e voluto raccogliere tutte insieme per stupire i fruitori dell’opera.
Nonostante la cintura di castità sia nominata anche da Boccaccio, viene considerata dagli stessi studiosi e storici una sua invenzione letterale, o simbolica. Se si riflette sulla scomodità nell’indossare quotidianamente un tale oggetto, a quanto sembri più concepito come un supplizio corporale, se si riflette alle proibitive condizioni igieniche a cui sarebbe andato incontro il portatore, nonché alla seria probabilità di contrarre infezioni o malattie. Pensare che un marito obbligasse la propria consorte a un tale rischio e ad una tale tortura, sembra piuttosto improbabile.
Un’incisione risalente al XVI secolo, di incerta provenienza, mostra una donna con una sorta di cintura di castità posta tra due uomini, i due stanno per scambiarsi del denaro. Si tratta di un’ allegoria, la donna è una prostituta, gli uomini stanno contrattando il prezzo della prestazione sessuale. Il protettore della donna è raffigurato con delle chiavi in mano, ed è colui che ha il potere di aprire sotto compenso, le porte del piacere carnale.
Nel museo di arte medievale di Cluny era conservata una di queste cinture, che, secondo le informazioni, sarebbe appartenuta a Caterina de Medici. In realtà un falso risalente al 1800. Anche il British Museum espose per lungo tempo nelle sue teche una di queste cinture, rivelatasi poi un falso e tolta dalla mostra.
Di certo se l’autore parla di “cintura di castità fiorentina”, forse le donne di Firenze all’epoca non godevano di una buona reputazione.
” Cintura di castità” ,leggo: ” si è scoperto però di trattarsi di un falso storico”. E’ un sollievo pensare che non ci sono state delle poverette alle quali veniva inflitto un tale trattamento. Comunque i soprusi e le violenze inflitte alle donne si sono perpetrate da parte dell’uomo , fin da tempi primordiali, quando questo si è reso conto di aver facilità di prevaricazione per la sua più forte struttura fisica e muscolare.
Interessante lettura …anche perché sono una lettrice fiorentina !!!!